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L’Unione Europea ha stabilito che sapere quanto guadagnano i propri colleghi è un diritto Lo ha fatto con una direttiva che l’Italia deve recepire entro il 2026. L'obiettivo è una maggiore trasparenza e, soprattutto, contribuire alla diminuzione del gap salariale tra uomini e donne.
Grazie all’accordo tra Netflix e la Nasa ora si potrà fare binge watching anche dell’esplorazione spaziale Il servizio di streaming trasmetterà in diretta tutta la stagione dei lanci spaziali, comprese le passeggiate nello spazio degli astronauti.
Gli asini non sono affatto stupidi e se hanno questa reputazione è per colpa del classismo Diverse ricerche hanno ormai stabilito che sono intelligenti quanto i cavalli, la loro cattiva fama ha a che vedere con l'associazione alle classi sociali più umili.
In Turchia ci sono proteste e arresti per una vignetta su Maometto pubblicata da un giornale satirico Almeno, secondo le autorità e i manifestanti la vignetta ritrarrebbe il profeta, ma il direttore del giornale ha spiegato che non è affatto così.
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.

Il talento “mostruoso” di Virginia Raffaele

Piccolo elogio d'autore e personale dell'imitatrice che ha dominato il palco dell'Ariston durante il Festival di Sanremo.

14 Febbraio 2016

Virginia-RaffaeleL’imitatore testimonia, nel paradosso, l’essenza relazionale dell’esistenza umana: solo un altro può davvero interpretarci. Solo un altro, di noi, può saperne più di noi stessi. Come interprete estremo allora, l’imitatore è quell’attore che davvero non può riposare in nessuna terra consacrata, perché, nel giorno della Resurrezione della Carne, rischierebbe di farci saltare una volta per tutte la teologia del principium individuationis che vuole si dia un’anima per un corpo. Una e una sola.

E invece Virginia Raffaele è andata incarnandosi in questi anni in decine di altre donne. Lo ha fatto con assoluta maestria, con spietata precisione nello svelare, di volta in volta, quel che dell’altra era già da sempre sotto l’occhio di tutti, ma che nessuno aveva mai compreso appieno. Il suo è stato il lavoro attento di una semiologa il cui frutto sono stati veri saggi di bravura scritti con il corpo e con la voce. E mentre tutti la ricordano nei panni della Minetti o in quelli della Boschi, è chiaro come la sua arte abbia dato il meglio di sé quando ha fatto a meno di quell’aiuto sicuro che viene dal prendere di mira chi sia esposto alla ribalta mediatica in virtù della relazione con il potere: nell’epoca in cui alla politica è demandata soprattutto la funzione di capro espiatorio, il pubblico è già troppo ben disposto ad accettarne la satira perché si possa comprendere davvero la qualità dell’interpretazione.

Per questo l’arte della Raffaele si impone una volta per tutte nel confronto con icone dell’immaginario collettivo cui è riservato un ruolo tutto sommato defilato. Lo si era già visto con quella splendida Vanoni che, nel mangiarsi le parole, fra un incontrollato falsetto e un altro, appariva come reduce svampita della libertà sessuale degli anni Settanta e della Milano da bere degli Ottanta: “ma l’abbiamo già fatto l’amore io e te?”.

Virginia-Raffaele-1Così Sanremo 2016 è stata un’occasione d’oro per due saggi di bravura assoluta. Giusto il solito paradosso, se la Ferilli è così presente ai nostri occhi (seduta sul divano in veste di artiggiana della qualità), da permetterci di godere soprattutto della verosimiglianza dell’imitazione, se la Belen pieghevole e reclinabile, trampoliera e fotomaniaca è tanto fedele all’originale da suggerire un dubbio di omozigosi, la cifra specifica della Raffaele emerge in tutta la sua genialità con Carla Fracci e Donatella Versace. Per la Fracci, la compitezza compressa di tutta una vita spesa nell’aplomb delle movenze e dell’eloquio, spinta al limite del sussiego, che alla fine si libera in quei cazzi per mazzi, o in quei passi di danza dai raffinati nomi francesi trasformati in mosse di karate micidiali per chiunque le si metta di traverso. La chirurgia estetica della Frankenstein-Versace di gomma e silicone, che perde pezzi e si deforma. Un corpo fuori controllo, con la testa rovesciata di novanta gradi e la palpebra caduta. La sua strafottente ed esilarante sprezzatura, che è quella di chi può fregarsene del cerimoniale e delle regole, e vuole accendersi una sigaretta sul palco dell’Ariston in prima serata. In tutti i casi, le imitazioni della Raffaele colgono sempre il tratto mostruoso dell’altra, e lo restituiscono senza pietà. E, se di tutte, la voce più mostruosa che si possa immaginare è quella sintetica e inumana, non è un caso che l’imitazione in cui la Raffaele raggiunge la perfezione assoluta sia proprio quella dei risponditori automatici.

E allora sbagliano le celebrità quando se la prendono per essersi guardate in questo specchio deformante. Sbagliano, e non solo perché, come sappiamo, non c’è imitazione che non testimoni anche ammirazione, per quanto perversa. Sbagliano perché le imitazioni di Virginia Raffaele sono anche un esorcismo: costringono i demoni allo scoperto e ce ne liberano con una risata. Sbagliano perché non tengono conto della verità elementare di quello splendido modo di dire americano: it takes one to know one. Sbagliano perché, se è vero che l’imitazione può ferire, dovrebbero infine chiedersi quale sia il prezzo che costa tutto questo talento a chi lo porta addosso:

Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?»

Egli rispose: «Il mio nome è Legione perché siamo molti».

(Mc, 5, 9)

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