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10:45 venerdì 24 ottobre 2025
Nelle recensioni di Pitchfork verranno aggiunti il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.
Sono passati 26 anni dai Soprano e finalmente David Chase si è deciso a fare una nuova serie tv Racconterà la storia del famigerato programma MKUltra della Cia, una serie di angoscianti esperimenti sugli esseri umani per ottenere il "controllo della mente".
A Los Angeles hanno organizzato una proiezione di Bugonia solo per persone pelate o disposte a farsi rasare a zero prima di entrare È anche una maniera per sentirsi vicini a Emma Stone, che per la sua interpretazione nel film ha deciso anche lei di rasarsi a zero.
ATM ha messo online l’archivio delle sue vecchie campagne e sono bellissime I manifesti, i depliant e le locandine di Azienda Trasporti Milanesi riflettono l’evoluzione del costume e della società milanese.
Anche quest’anno, il solito Tommaso Debenedetti ha diffuso la solita fake news sull’improvvisa morte del vincitore del Nobel per la Letteratura L'autodefinitosi «campione italiano della menzogna» prosegue così la sua lunga striscia di bufale a tema letterario, stavolta la vittima è László Krasznahorkai.
ChatGPT ha lanciato il suo browser con il quale vuole fare concorrenza a Google Chrome Si chiama Atlas, integra l’AI sin dalla barra di ricerca e aspira a insidiare il primato del web browser più utilizzato al mondo di Chrome.

Il talento “mostruoso” di Virginia Raffaele

Piccolo elogio d'autore e personale dell'imitatrice che ha dominato il palco dell'Ariston durante il Festival di Sanremo.

14 Febbraio 2016

Virginia-RaffaeleL’imitatore testimonia, nel paradosso, l’essenza relazionale dell’esistenza umana: solo un altro può davvero interpretarci. Solo un altro, di noi, può saperne più di noi stessi. Come interprete estremo allora, l’imitatore è quell’attore che davvero non può riposare in nessuna terra consacrata, perché, nel giorno della Resurrezione della Carne, rischierebbe di farci saltare una volta per tutte la teologia del principium individuationis che vuole si dia un’anima per un corpo. Una e una sola.

E invece Virginia Raffaele è andata incarnandosi in questi anni in decine di altre donne. Lo ha fatto con assoluta maestria, con spietata precisione nello svelare, di volta in volta, quel che dell’altra era già da sempre sotto l’occhio di tutti, ma che nessuno aveva mai compreso appieno. Il suo è stato il lavoro attento di una semiologa il cui frutto sono stati veri saggi di bravura scritti con il corpo e con la voce. E mentre tutti la ricordano nei panni della Minetti o in quelli della Boschi, è chiaro come la sua arte abbia dato il meglio di sé quando ha fatto a meno di quell’aiuto sicuro che viene dal prendere di mira chi sia esposto alla ribalta mediatica in virtù della relazione con il potere: nell’epoca in cui alla politica è demandata soprattutto la funzione di capro espiatorio, il pubblico è già troppo ben disposto ad accettarne la satira perché si possa comprendere davvero la qualità dell’interpretazione.

Per questo l’arte della Raffaele si impone una volta per tutte nel confronto con icone dell’immaginario collettivo cui è riservato un ruolo tutto sommato defilato. Lo si era già visto con quella splendida Vanoni che, nel mangiarsi le parole, fra un incontrollato falsetto e un altro, appariva come reduce svampita della libertà sessuale degli anni Settanta e della Milano da bere degli Ottanta: “ma l’abbiamo già fatto l’amore io e te?”.

Virginia-Raffaele-1Così Sanremo 2016 è stata un’occasione d’oro per due saggi di bravura assoluta. Giusto il solito paradosso, se la Ferilli è così presente ai nostri occhi (seduta sul divano in veste di artiggiana della qualità), da permetterci di godere soprattutto della verosimiglianza dell’imitazione, se la Belen pieghevole e reclinabile, trampoliera e fotomaniaca è tanto fedele all’originale da suggerire un dubbio di omozigosi, la cifra specifica della Raffaele emerge in tutta la sua genialità con Carla Fracci e Donatella Versace. Per la Fracci, la compitezza compressa di tutta una vita spesa nell’aplomb delle movenze e dell’eloquio, spinta al limite del sussiego, che alla fine si libera in quei cazzi per mazzi, o in quei passi di danza dai raffinati nomi francesi trasformati in mosse di karate micidiali per chiunque le si metta di traverso. La chirurgia estetica della Frankenstein-Versace di gomma e silicone, che perde pezzi e si deforma. Un corpo fuori controllo, con la testa rovesciata di novanta gradi e la palpebra caduta. La sua strafottente ed esilarante sprezzatura, che è quella di chi può fregarsene del cerimoniale e delle regole, e vuole accendersi una sigaretta sul palco dell’Ariston in prima serata. In tutti i casi, le imitazioni della Raffaele colgono sempre il tratto mostruoso dell’altra, e lo restituiscono senza pietà. E, se di tutte, la voce più mostruosa che si possa immaginare è quella sintetica e inumana, non è un caso che l’imitazione in cui la Raffaele raggiunge la perfezione assoluta sia proprio quella dei risponditori automatici.

E allora sbagliano le celebrità quando se la prendono per essersi guardate in questo specchio deformante. Sbagliano, e non solo perché, come sappiamo, non c’è imitazione che non testimoni anche ammirazione, per quanto perversa. Sbagliano perché le imitazioni di Virginia Raffaele sono anche un esorcismo: costringono i demoni allo scoperto e ce ne liberano con una risata. Sbagliano perché non tengono conto della verità elementare di quello splendido modo di dire americano: it takes one to know one. Sbagliano perché, se è vero che l’imitazione può ferire, dovrebbero infine chiedersi quale sia il prezzo che costa tutto questo talento a chi lo porta addosso:

Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?»

Egli rispose: «Il mio nome è Legione perché siamo molti».

(Mc, 5, 9)

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