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Hbo ha fatto un documentario per spiegare Amanda Lear e la tv italiana agli americani Si intitola Enigma, negli Usa uscirà a fine giugno e nel trailer ci sono anche Domenica In, Mara Venier e Gianni Boncompagni.
Le prime foto della serie di Ryan Murphy su JFK Junior e Carolyn Bessette non sono piaciute a nessuno La nuova serie di American Love Story, ennesimo progetto di Ryan Murphy, debutterà su FX il giorno di San Valentino, nel 2026.
Il video del sassofonista che suona a un festa mentre i missili iraniani colpiscono Israele è assurdo ma vero È stato girato durante una festa in un locale di Beirut: si vedono benissimo i missili in cielo, le persone che riprendono tutto, la musica che va.
Dua Lipa e Callum Turner si sono innamorati grazie a Trust di Hernan Diaz Il premio Pulitzer 2023 è stato l'argomento della prima chiacchierata della loro relazione, ha rivelato la pop star.
In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica  A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.
Ai Grammy dal 2026 si premierà anche l’album con la migliore copertina È una delle tante novità annunciate dalla Record Academy per la cerimonia dell'anno prossimo, che si terrà l'1 febbraio.
Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 
Ogni volta che scoppia un conflitto con l’Iran, viene preso come ufficiale un account dell’esercito iraniano che però non è ufficiale Si chiama Iran Military, ha più di 600 mila follower ma non ha nulla a che fare con le forze armate iraniane.

Il metodo Fassina

Le dimissioni dell'ex viceministro dell'economia riportano a galla il vecchio schema già usato da una certa sinistra contro Berlusconi. Ripeterlo contro il segretario è l'errore più grosso che la minoranza del Pd rischia di commettere.

07 Gennaio 2014

Roma – Appurato che sia Renzi sia Fassina hanno fatto una figura un po’ così andandosi a cacciare in questa surreale gara di pernacchie tra chi sbeffeggia l’uno e chi per rispondergli gli mostra – tiè – il gesto dello specchio riflesso, esiste un aspetto curioso e non ancora indagato sulla curiosa storia delle dimissioni di Stefano-Fassina-Chi dal ministero dell’Economia. Un aspetto che da mesi, anzi da anni, costituisce uno dei tratti fondanti dell’opposizione politico-culturale al matteorenzismo e che, considerando che l’ex viceministro dell’economia si candida a essere la tessera numero uno del fronte anti renziano del Pd, rischia di essere uno dei punti centrali dell’opposizione interna che si andrà a costruire nel Partito democratico contro il segretario. E siccome lo schema è sempre lo stesso potremmo chiamarlo proprio così: il metodo Fassina.

Funziona così. Tu vedi che Renzi rappresenta un modo nuovo di fare politica. Vedi che Renzi ha deciso di puntare più sul suo nome che sul simbolo del partito. Vedi che Renzi ha deciso di puntare forte sul modello di leadership carismatica. Vedi che Renzi gioca bene con la comunicazione. Vedi che Renzi ha deciso di rottamare un vecchio modo di intendere la sinistra. Vedi che, in parte, Renzi ha deciso di reinterpretare in chiave democratica una serie di lezioni comunicative offerte in questi anni dal principale esponente dello schieramento avverso. Vedi tutto questo. Ti convinci che l’unico modo per fare politica di sinistra è quella di tornare alle origini, di puntare sulla ditta, sull’usato sicuro, sulla comunità. Capisci che l’unico modo per costruire un’opposizione a Renzi è quella di rappresentarlo come se fosse un frutto avvelenato dell’era berlusconiana, come se fosse un cavallo di troia del nemico improvvisamente entrato nel corpo democratico, e allora cominci a mettere insieme tutte quelle espressioni lì. Dici che Matteo vuole un partito padronale (sottotesto: proprio come se fosse Berlusconi). Dici che Matteo vuole importare a sinistra il modello dell’uomo solo al comando (sottotesto: proprio come se fosse Berlusconi). Dici che Matteo vuole far diventare la sinistra subalterna alla cultura neo liberista sfrenata (sottotesto: proprio come se fosse Berlusconi). Dici che Matteo è ossessionato dalle regole e le vorrebbe sempre costruire ad personam (sottotesto: proprio come se fosse Berlusconi). Fai capire che Matteo vuole sbianchettare il simbolo del Pd per trasformare il partito in una specie di comitato elettorale (sottotesto: proprio come se fosse Berlusconi). E infine, ciliegina, dici che il Pd di Renzi rischia di comportarsi come il Pdl di Berlusconi negli ultimi mesi del governo Monti (sottotesto: proprio come se Matteo fosse Berlusconi).

Il metodo Fassina, a voler dirla tutta, punta a far passare Renzi come se fosse una copia sbiadita del berlusconismo. E punta, cioè, a costruire la resistenza all’invasore fiorentino giocando su uno schema simile, e non di successo, adottato negli ultimi vent’anni dalla sinistra contro Berlusconi: formare cioè un collante politico basando tutto sull’essere non a favore di qualcosa ma contro qualcosa. Nel merito, poi, a voler essere sinceri, è indiscutibile che Renzi sia un erede di un certo berlusconismo. Vuoi per il rapporto con la comunicazione. Vuoi per l’insofferenza verso la burocrazia. Vuoi per il rapporto con lo stato. Vuoi per l’idea che ha del ruolo della leadership. Questo in parte è vero. Ma se la sinistra del Pd intende costruire un’alternativa costruttiva al renzismo, deve rendersi conto che gli strumenti utilizzati negli ultimi anni per combattere il nemico sono strumenti che il più delle volte rafforzano lo stesso nemico. Lo spazio costituito dal partito della resistenza a Renzi, ovviamente, è un boccone prelibato che ingolosisce tutti i non renziani del Pd. Ma trattare il segretario come se fosse ancora una sorta di corpo estraneo della sinistra è un indice di un grave errore politico. L’opposizione a Renzi, nel Pd, dovrà organizzarsi presto, dovrà trovare una sua ragione d’essere e dovrà anche impegnarsi a prendere in mano il partito nel caso in cui la missione di Renzi dovesse fallire. La partita è delicata. Ma ripetere con Renzi gli stessi errori commessi con Berlusconi, e non capire il nuovo perimetro entro il quale si dovrà muovere il centrosinistra, non rappresenta solo una sciocchezza, ma una scelta politica kamikaze che alla lunga potrebbe far esplodere persino il Pd.

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