Tove Ditlevsen, Infanzia (Fazi) Trad. di Alessandro Storti
La cosa più strana dello stranissimo libro di Gerda Blees è che la storia che racconta (ispirata a un vero fatto di cronaca) viene riportata da 25 testimoni-narratori che a turno ricostruiscono i fatti. Parlano tutti in prima persone plurale e sono, ad esempio, i vicini di casa, la difesa della presunta colpevole, la scena del crimine. Nella maggior parte dei casi, però, sono ancora più strani di così: tra le voci narranti ci sono la notte, l’odore di arancia, una fetta di pane integrale, una farfalla, un violoncello, la resistenza emotiva, la luce, il dubbio, il World Wide Web e molti altri. Tutti raccontano lo stesso episodio dal loro specifico punto di vista. Eppure il racconto non è mai ripetitivo, anzi, perché ognuna di queste poetiche voci nota dettagli diversi e riflette su aspetti differenti della stessa storia. Si indaga su una donna di nome Melodie, violoncellista mancata che fonda la delirante comunità Suono e Amore, in cui guida i suoi tre compagni nella pratica della musica, della meditazione e dell’anoressia (durante il «processo dei 9 giorni», i quattro si sottraggono alla «dipendenza» dal cibo per vivere «un’esistenza più naturale e sostenibile, in sintonia tra loro e con il mondo»), tanto da arrivare a far morire di denutrizione sua sorella. È da questo caso, che all’inizio non si sa se considerare o meno un omicidio, che il racconto prende il via, dando forma a un’indagine più ampia che attraversa i disturbi alimentari, l’aspirazione a migliorarsi, il disperato bisogno di credere in qualcosa, il misterioso rapporto tra potere e fragilità mentale. (Clara Mazzoleni)
Nell’ormai lontano 2004, Giacomo Papi pubblicava per Isbn un libro intitolato Accusare. L’idea brillante, ottimamente realizzata, consisteva in una raccolta di foto segnaletiche di personaggi storici, celebrità, ma anche di donne e uomini comuni, che messe insieme raccontavano una storia del Novecento fatta di singole storie da cui però si ricavava un quadro più largo e collettivo. Da un concept simile, quasi come se si trattasse di un seguito, sembra essere nato Italica, ugualmente una storia del Novecento, questa volta solo italiana, in cui però i “documenti” non sono le immagini ma i racconti, veri racconti scritti da veri scrittori. Si parte dalla nascente città industriale di inizio Novecento (del bellissimo racconto futurista di Rosa Rosà) e si arriva a Mani Pulite e alle prime migrazioni tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90 (con un racconto micidiale di Vincenzo Consolo), attraversando eventi storici, svolte sociali e del costume: la guerre mondiali, la condizione femminile, la fabbrica, la mafia, il terrorismo, il tifo negli stadi, l’eroina (in uno struggente Tondelli). Un’antologia che include scrittori di peso massimo (Gadda, Morante, Calvino, Fenoglio, Malaparte) e altri che probabilmente non avrete mai sentito nominare, come la scrittrice di fantascienza Anna Rinonapoli o l’autrice di romance Mura, che incredibilmente, nel bel mezzo del fascismo, mette in scena un amore tra una bionda vedova italiana e un ingegnere africano nero, dando tra l’altro inizio alla censura (da allora gli editori dovettero aspettare un nulla osta prima di pubblicare qualsiasi libro). Un lavoro di ricostruzione affascinante e monumentale (notevolissime sono le introduzioni di Papi ai capitoli tematici, infarcite di dati, contestualizzazioni e anche di un pizzico di autobiografia) che trasforma l’invenzione letteraria in strumento storiografico e che all’ultima pagina fa venire voglia di andare ancora oltre, immaginando o giocando a indovinare quale racconto si potrebbe scegliere per raccontare le tappe fondamentali degli ultimi vent’anni: l’Undici settembre, o il mondo dopo internet, o la presa del potere dei grillini. (Cristiano de Majo)