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23:07 venerdì 19 dicembre 2025
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

Governare non è il nostro forte

Siamo molto più bravi a creare, progettare, cantare. Provocazione: facciamoci commissariare a vita

13 Novembre 2011

Il Financial Times scrive: «La nomina di un tecnocrate non eletto dal popolo è tutto tranne che l’ideale». Siamo commissariati, e insomma, il tema della sovranità limitata torna improvvisamente d’attualità in Italia, una parola d’ordine che come “questione meridionale” sembrava un residuato degli anni Settanta (la parola, non la questione, che rimane). Eppure forse varrebbe forse la pena ripassare David Ricardo, l’economista autore della prima teoria sul commercio internazionale, quella sul “vantaggio comparato”.

In un celebre esempio basato su Gran Bretagna e Portogallo, produttrici entrambe di stoffe e di vino, Ricardo sosteneva che il lavoro necessario alla produzione di un’unità di merce è diverso per ciascuna merce nei due Paesi e, per la stessa merce nei due Paesi, è in relazione alle diverse condizioni “naturali e artificiali” che rendono un Paese più adatto ad una produzione piuttosto che ad un’altra. In soldoni, conviene che un paese produca ed esporti ciò che gli riesce meglio e più conveniente, importando invece il resto (l’esempio proseguiva consigliando ai portoghesi di continuare a produrre il loro porto e agli inglesi il loro tweed).

In questi sessantacinque anni di Repubblica (e 150 anni di Stato unitario) l’Italia ha dimostrato chiaramente quali siano i prodotti su cui abbiamo vantaggio comparato: arte, cultura, design, cibo, bel canto. Beni che hanno invaso il mondo, in cui siamo considerati inarrivabili, che hanno contribuito a creare un mito dell’Italia (fino all’Ottocento quello del Grand Tour, poi quello del made in Italy), quasi creando un’Italia parallela, quella di cui parlava Giuseppe Prezzolini nelle sue lezioni americane alla Columbia negli anni Quaranta, una grande patria immaginaria della bellezza – “la seconda patria, cioè la super-patria delle nazioni educate nella tradizione greco-latina”.

Lo Stato, inteso nelle sue funzioni amministrative, istituzionali, politiche, di governo, non è mai stato, invece, il nostro forte. Le ragioni potrebbero essere le più disparate, ma forse non vale (più) la pena di indagarle. La disfida Borboni-Savoia, no grazie. Semplicemente, non è cosa nostra.

Quindi, invece, approfittare della situazione e di questa nuova sovranità limitata, pretendere che rimanga tale, e rimpiangere che si sia dovuto arrivare fino al 2011 producendo politica di bassa qualità qui da noi in proprio, un business che non ci riesce bene, un po’ come i petrolchimici e le vetture al Sud.

E concentrarsi su quello che sappiamo fare, magari facendolo anche meglio e in maniera più razionale (fa tristezza che uno dopo l’altro tutti i marchi della moda passino in mani straniere, soprattutto ai francesi che ci sfottono. Il prossimo sarà Giorgio Armani? Possibile che nessuno riesca a creare un grande polo del lusso sul modello di quelli Arnault-Pinault? La solita litigiosità italiana, anche qui?). Che bello in fondo se a governarci fosse Francoforte, o Bruxelles. Loro fanno le leggi e i bilanci, noi i vestiti e lo slow food. Quante energie liberate per la creatività italiana. Con conseguenze immediate anche sul turismo: che bella una Roma svuotata dai palazzi del potere, trasformati in musei, un centro storico pedonalizzato, niente sirene di sottosegretari e peones che non sanno neanche cos’è lo spread (e quanti danni evitabili se Berlusconi si fosse limitato a cantare canzoni napoletane, invece di governare).

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