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14:41 martedì 25 novembre 2025
È morto Jimmy Cliff, l’uomo che ha fatto scoprire il reggae al mondo Aveva 81 anni e senza di lui non sarebbe esistito il reggae per come lo conosciamo oggi. Anche Bob Marley deve a lui il suo successo.
Gli elettori di Ompundja, Namibia, sono così contenti del consigliere regionale Adolf Hitler Uunona che lo rieleggeranno Si vota il 26 novembre e il politico dallo sfortunato nome è praticamente certo di essere rieletto nel consiglio regionale dell'Oshana.
Edoardo e Angelo Zegna: la quarta generazione della famiglia Zegna diventa Co-Ceo del brand Ermenegildo Zegna, nipote del fondatore del marchio, si sofferma sull'importanza come leader del guardare avanti impegnandosi a formare la prossima generazione di leadership
Dopo la vittoria del Booker, le vendite di Nella carne di David Szalay sono aumentate del 1400 per cento  Nel gergo dell'industria letteraria si parla ormai di Booker bounce, una sorta di garanzia di successo commerciale per chi vende il premio.
Un anziano di New York ha pubblicato un annuncio in cui chiedeva di venire a fumare una sigaretta al parco con lui e si sono presentati in 1500 Lo smoke party improvvisato è stato lanciato dall’attore Bob Terry, che aveva anche promesso di offrire una sigaretta a chiunque si fosse presentato.
Sul canale YouTube di Friends sono stati pubblicati otto episodi mai visti prima dello spin off dedicato a Joey A vent’anni dalla cancellazione, la sitcom è stata pubblicata tutta quanta su YouTube, compresi gli episodi mai andati in onda.
È morto Udo Kier, uno dei volti più affascinanti e inquietanti del cinema europeo Attore di culto del cinema horror, Kier ha lavorato con tutti i grandi maestri europei, da Fassbinder a Von Trier, da Herzog ad Argento.
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.

Governare non è il nostro forte

Siamo molto più bravi a creare, progettare, cantare. Provocazione: facciamoci commissariare a vita

13 Novembre 2011

Il Financial Times scrive: «La nomina di un tecnocrate non eletto dal popolo è tutto tranne che l’ideale». Siamo commissariati, e insomma, il tema della sovranità limitata torna improvvisamente d’attualità in Italia, una parola d’ordine che come “questione meridionale” sembrava un residuato degli anni Settanta (la parola, non la questione, che rimane). Eppure forse varrebbe forse la pena ripassare David Ricardo, l’economista autore della prima teoria sul commercio internazionale, quella sul “vantaggio comparato”.

In un celebre esempio basato su Gran Bretagna e Portogallo, produttrici entrambe di stoffe e di vino, Ricardo sosteneva che il lavoro necessario alla produzione di un’unità di merce è diverso per ciascuna merce nei due Paesi e, per la stessa merce nei due Paesi, è in relazione alle diverse condizioni “naturali e artificiali” che rendono un Paese più adatto ad una produzione piuttosto che ad un’altra. In soldoni, conviene che un paese produca ed esporti ciò che gli riesce meglio e più conveniente, importando invece il resto (l’esempio proseguiva consigliando ai portoghesi di continuare a produrre il loro porto e agli inglesi il loro tweed).

In questi sessantacinque anni di Repubblica (e 150 anni di Stato unitario) l’Italia ha dimostrato chiaramente quali siano i prodotti su cui abbiamo vantaggio comparato: arte, cultura, design, cibo, bel canto. Beni che hanno invaso il mondo, in cui siamo considerati inarrivabili, che hanno contribuito a creare un mito dell’Italia (fino all’Ottocento quello del Grand Tour, poi quello del made in Italy), quasi creando un’Italia parallela, quella di cui parlava Giuseppe Prezzolini nelle sue lezioni americane alla Columbia negli anni Quaranta, una grande patria immaginaria della bellezza – “la seconda patria, cioè la super-patria delle nazioni educate nella tradizione greco-latina”.

Lo Stato, inteso nelle sue funzioni amministrative, istituzionali, politiche, di governo, non è mai stato, invece, il nostro forte. Le ragioni potrebbero essere le più disparate, ma forse non vale (più) la pena di indagarle. La disfida Borboni-Savoia, no grazie. Semplicemente, non è cosa nostra.

Quindi, invece, approfittare della situazione e di questa nuova sovranità limitata, pretendere che rimanga tale, e rimpiangere che si sia dovuto arrivare fino al 2011 producendo politica di bassa qualità qui da noi in proprio, un business che non ci riesce bene, un po’ come i petrolchimici e le vetture al Sud.

E concentrarsi su quello che sappiamo fare, magari facendolo anche meglio e in maniera più razionale (fa tristezza che uno dopo l’altro tutti i marchi della moda passino in mani straniere, soprattutto ai francesi che ci sfottono. Il prossimo sarà Giorgio Armani? Possibile che nessuno riesca a creare un grande polo del lusso sul modello di quelli Arnault-Pinault? La solita litigiosità italiana, anche qui?). Che bello in fondo se a governarci fosse Francoforte, o Bruxelles. Loro fanno le leggi e i bilanci, noi i vestiti e lo slow food. Quante energie liberate per la creatività italiana. Con conseguenze immediate anche sul turismo: che bella una Roma svuotata dai palazzi del potere, trasformati in musei, un centro storico pedonalizzato, niente sirene di sottosegretari e peones che non sanno neanche cos’è lo spread (e quanti danni evitabili se Berlusconi si fosse limitato a cantare canzoni napoletane, invece di governare).

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