Cultura | Dal numero
Incel, palestrati e troll: chi sono gli idoli dei giovani maschi su internet
Personaggi magari sconosciuti agli adulti ma onnipresenti nei feed dei ragazzi: formano ormai un vero e proprio universo, caotico, contraddittorio e in certi casi inquietante.
L’espansione di una nuova galassia maschile è un evento ciclico che si ripete con l’avvicinarsi all’adolescenza di ogni generazione. Non sempre però queste galassie hanno la stessa estensione né sono illuminate dallo stesso numero di stelle. Negli ultimi anni in particolare, la galassia maschile era parsa attraversata da una luce fiochissima, soprattutto se paragonata all’abbagliante fulgore emesso dall’universo della girlhood. Mentre scoprivamo che ci sono tante maniere di essere ragazze quante sono le ragazze sulla Terra, per descrivere i ragazzi a un certo punto – e per un lungo periodo – è sembrato fosse sufficiente l’adagio anglofono boys will be boys, i maschi so’ maschi, niente di nuovo, nulla di più. Ora che la galassia maschile comincia finalmente a brillare di luce propria e a essere visibile anche da grandi distanze, in tanti stanno provando a indagarne le origini e tentare di ricavare una cronologia.
Secondo una maggioritaria corrente di pensiero, i nuovi maschi, i primi nati della Generazione Alfa (2010) e gli ultimi esponenti della Generazione Z, si sono definitivamente imposti all’attenzione collettiva quando hanno aiutato MrBeast – pseudonimo di Stephen “Jimmy” Donaldson, 250 milioni di follower solo su YouTube – a spodestare PewDiePie dal trono della piattaforma. MrBeast è effettivamente il primo esemplare di una nuova specie di creator e quindi di maschio, in cui si mischiano la vena avventurosa di Bear Grylls, il faccione sorridente di Jimmy Fallon e il nonsense comico di Enrico Papi negli anni della deriva trashissima di Sarabanda. Ma il successo di MrBeast si spiega sì con la sua servile devozione all’algoritmo di YouTube – tanto che si è giunti a parlare di “Legge di MrBeast” – ma anche, se non soprattutto, con il fatto che i suoi contenuti sono tra i pochissimi presenti sui social che passano attraverso le maglie del parental control impostato dai genitori. È abbastanza adulto, MrBeast, da soddisfare le esigenze in fatto di content di ragazzini ormai troppo grandi per i prodotti per l’infanzia. E il suo viso – non a caso piazzato grande e al centro di tutti i thumbnail dei suoi video – è abbastanza rassicurante da non attirare lo sguardo dei genitori che sbirciano i dispositivi dei figli. La legge di MrBeast è la stessa che, attraverso un lungo e complesso articolato, ha portato al successo anche fenomeni italiani come Simone Berlini, la cui fama è tale da essergli valsa un invito al D’Amelio Show di Charli e Dixie; PandaBoi/Federico Hu, il creator italiano più seguito al mondo, una potenza multimediale capace di raggiungere il milione di follower dopo appena una settimana dall’apertura del suo canale YouTube; il “letterato” 19enne Edoardo Prati, che ha superato il battesimo del fuoco al quale Fabio Fazio lo ha sottoposto a Che tempo che fa; il divulgatore scientifico Andrea Moccia, protagonista dei contenuti del canale Geopop (2 milioni di abbonati su YouTube); il comico Mattia Stanga, che ha girovagato nei pressi del Teatro Ariston durante l’ultima edizione di Sanremo; il body builder/life coach Danny Lazzarin, che non a caso sprona l’assistito allo squat al grido di «VAI UOMO!». Tutti loro, anche considerando la distanza geografica, linguistica e culturale che li separa da MrBeast, seguono la sua Legge: sii innocuo ma efficace, il contenuto che i genitori voglio vedere scorrere nei feed dei loro figli maschi, sii perfettamente integrato e per nulla apocalittico, il creator il cui esempio potrai usare per dimostrare che anche questa è una carriera.
Ma come per l’origine di tutte le galassie, anche quella dei nuovi maschi si svolge per la maggior parte nell’oscurità. Chi segue questi fatti sa che MrBeast gode del favore conscio o inconscio dell’algoritmo anche per un altro motivo: perché imporre e far rispettare la sua Legge è l’unica maniera di convincere i genitori che i social possono essere un luogo sicuro per i figli, conditio sine qua non per la sopravvivenza dei social stessi nel momento in cui i figli di tutti sono online sempre e da sempre (un nomignolo dispregiativo che i Gen Z hanno attaccato addosso ai Gen Alfa è iPad kids, figli allevati dallo schermo). Quella in cui vige la Legge di MrBeast e in cui prosperano i suoi epigoni è una galassia priva dei conflitti che la maschilità invece prevede e impone. Non c’è sesso, né proprio né altro. Non c’è classe, né in lotta con altre né pacificata al suo interno. Non c’è gruppo, se non quello che si crea dalla necessità di ampliare il proprio pubblico sommandolo in appositi crossover a quello di altri creator affini. Ci sono solo i format attraverso i quali questi maschi e la loro maschilità si esprimono, format che diventano membrane che li avvolgono e li separano dalla realtà, tenendoli al sicuro dal pericolo di contaminazione con il reale.
Esiste una teoria semicomplottista secondo la quale la Legge di MrBeast è l’arma che i social hanno impiegato per arrestare l’espansione di quella che in inglese si chiama Manosphere, contenitore di una nuova maschilità, questa sì conflittuale, bellicosa, violenta, apocalittica, che nella cronaca internazionale ha assunto la forma nerboruta di Andrew Tate. In quel precisissimo termometro delle febbri contemporanee che è Reddit, proprio nel 2022 – ricordiamo: canonicamente considerato l’anno in cui la Generazione Alfa fa il suo debutto nella società di internet, ufficialmente l’anno in cui MrBeast diventa re di YouTube – appaiono tutta una serie di thread allarmistici e disfattisti secondo i quali «Generation Alpha is doomed», in particolare i maschi della Generazione Alfa. In tanti hanno fatto presto a ridurre questi thread a preoccupazioni beghine di Zoomer che invecchiano. Me nei due anni successivi si è diffusa la sensazione che qualcosa stesse davvero succedendo tra i maschi della nuova generazione, una sensazione che si è propagata fino a trasformarsi da lagna internettiana a dibattito pubblico: a marzo del 2024 sul Los Angeles Times esce un articolo, che sarà lettissimo, nel cui titolo si chiede, quasi retoricamente: “Are these kids already doomed?”.
Da dove viene questa sensazione? I thread Reddit, gli articoli sui giornali, il dibattito in generale sono tenuti assieme dalla preoccupazione per una generazione di maschi che appare “estremista”. E nel momento in cui nella discussione questa parola comincia a ripetersi è inevitabile che a seguirla siano il nome Andrew Tate e il neologismo incel. Ad aprile del 2024, neanche un mese dopo quel pezzo del Los Angeles Times, su Dazed ci si chiede «che diavolo succede coi ragazzi della Generazioni Alfa?». Dopo anni passati nella convinzione che nella galassia maschile non stesse succedendo nulla di così interessante, la critica culturale ha scoperto con orrore che il vuoto dell’interesse collettivo nei confronti dei nuovi maschi era stato riempito dalle urla di Tate, e che aveva ragione la giornalista di Gq Hannah Owens quando nell’ottobre 2023 scriveva, anche lei nel quasi totale disinteresse, che «l’influenza di Tate sui giovani di tutto il mondo non può essere sottovalutata». Un’influenza tale che è giunta a manifestarsi nella più evidente e preoccupante delle maniere: contagiando il linguaggio dei maschi della Generazione Alfa, che attinge a piene mani dal vernacolo incel, facendo nascere il terrore che i trasferimenti non siano solo linguistici ma anche valoriali.
Qui in Italia si potrebbe derubricare il tutto a problemi d’oltreoceano o al massimo d’Oltremanica. In parte, è così: da noi gli incel non sono (ancora) considerati una minaccia terroristica come nel mondo anglosassone, in Italia i contenuti di Tate non hanno (ancora) raggiunto i feed di 8 su 10 dei ragazzini tra i 13 e i 16 anni come invece è successo nel Regno Unito. Ma chi vede la realtà come un intreccio di fili rossi che tengono assieme tutto ha già fatto il collegamento tra la diffusione di certi contenuti di derivazione “tateiana” e l’aumento del 15,7 per cento di reati sessuali compiuti nel 2023 da ragazzini tra i 13 e i 17 anni (rapporto della Polizia di Stato).
L’algoritmo addestrato dall’influenza che non può essere sottovalutata di quest’uomo ha portato anche da noi all’emersione e affermazione di personaggi che ne rappresentano il sistema di credenze, che espongono quella marca di maschilità che si definisce per opposizione alla femminilità, alla società, alla morale, all’etica, al mondo, che radicalizza la teenage angst fino all’odio misogino, misantropo, antisociale. Sei maschio se non sei femminile, se non sei grasso, se non sei povero, se non sei trascurabile, se non sei “politicamente corretto”. Sei maschio se aderisci a questa nuova iterazione della hustle culture che tende alla massimizzazione di tutto: dell’appetito sessuale, dell’immagine di sé, del personal branding, del successo economico, della presenza mondana (forse in queste ossessioni autorealizzative c’entra anche una volontà di distanziarsi e differenziarsi dalla Generazione Z, dalle priorità culturali che l’hanno caratterizzata: body positivity, fluidità di genere, inclusività, anticapitalismo).
Ognuno di questi “valori” sta trovando in Italia un suo avatar, tutti questi avatar si stanno trovando tra di loro formando un pantheon, questo pantheon sta occupando sempre più spazio nella galassia maschile. È difficilissimo che nel feed social di un maschio adolescente oggi non sia mai comparso Massimiliano Minnocci aka “Il brasiliano”, ex ultras romanista, ex spacciatore, ora influencer pluripregiudicato e multitasking che di ritorno dal Gran Premio di Montecarlo 2024 ringrazia pubblicamente «i tanti ragazzi che mi fanno fare soldi» e che gli permettono di poter spendere 25 mila euro per seguire la gara dalla postazione dei privilegiati. Ed è altrettanto difficile trovare un maschio adolescente oggi che non abbia nel suo frasario espressioni quali “andare in gaina”, “ballare la fresca” ed “è regolare”, marchi registrati rispettivamente da Filippo Champagne e Nevio lo stirato, dinamico duo dell’etilismo e della ludopatia, uno figlio sciupone dell’imprenditoria brianzola (e fratello di Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato della Lega) e l’altro ex imprenditore, ex corriere, finito sul lastrico a furia di “castelletti” – strumenti di ingegneria finanziaria grazie al quale a prestito ne segue un altro e poi un altro e poi un altro – e debiti, l’uno e l’altro adesso impegnati in una loro personalissima saga ambientata tra il casinò di Lugano e la Gintoneria di Milano. “Poveri!” è il grido di battaglia con il quale si lanciano in ogni nuova impresa, spesso confuso con la catch phrase di un altro giovane maschio che tutti i giovani maschi conoscono: “Umili”, ripete il dottor Bavaro all’inizio e alla fine di ogni suo nuovo contenuto, sia uno in cui assaggia la pizza fritta lamentandosi del «packaging non proprio nobile» nel quale gli è stata consegnata (un normalissimo foglio di carta fritto), o uno in cui ruba la fidanzata a un malcapitato che al contrario suo non può permettersi «assistente e driver», o uno in cui se ne sta seduto sul divano controllando i mercati azionari ed esplorando la sua mappa personalizzata su Fortnite.
E proprio come in Fortnite, la mappa della maschilità fa sì che le traiettorie di tutti questi avatar diversi, distanti e contraddittori si incrocino. E quindi succede che il Brasiliano passi la serata in Gintoneria con Filippo Champagne e Nevio lo stirato. Succede che il Bavaro prenda come personal trainer Giancarlo Zita – nickname GianzCoach – caro amico di Danny Lazzarin, il quale, GianzCoach, prima ancora di finire di compilargli la scheda di allenamento ha già lanciato sui suoi profili social la serie a puntate Progetto Bavaro. Succede che il Brasiliano e il Bavaro si ritrovino a pochissimi profili OnlyFans di separazione l’uno dall’altro, o che comprino entrambi un costosissimo orologio dallo stesso fornitore di Filippo Champagne (e di tutta la scena hip hop milanese) Lorenzo Ruzza. Succede che tutti loro passino – talvolta solo sfiorandosi, certe volte anche incrociandosi – dalla Zanzara di Giuseppe Cruciani, interprete di una rivisitazione romanesca e scapigliata della dottrina Tate, dotato di una propensione alla fama che gli ha permesso di raggiungere anche la generazione che non ha idea di cosa sia la radio Fm, il drive time o il gruppo Sole24ore. Cruciani, Ruzza, Filippo, Nevio, GianzCoach, il dottor Bavaro, il Brasiliano, Tate, Lazzarin, Stanga, Pratesi, Berlini, PandaBoi, MrBeast, sono tutti pezzi di un immaginario che si va componendo, tutti effetti delle forze caotiche e potenti che oggi attraversano la galassia della prossima maschilità. Che continua la sua espansione, fino a quando questi boys will not be boys anymore e scopriremo che maschi sono diventati.