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In Giappone è stato condannato a morte il famigerato “killer di Twitter”
Takahiro Shiraishi è stato riconosciuto colpevole degli omicidi di nove ragazze. Erano tre anni che nel Paese non veniva eseguita nessuna pena capitale.

La cronaca nera giapponese l’ha soprannominato il “killer di Twitter” durante il processo che ha portato alla sua condanna per nove omicidi nel 2020. Dopo tre anni in cui in Giappone la pena di morte non era stata applicata, il 34enne Takahiro Shiraishi è stato giustiziato poche ore fa: l’esecuzione è avvenuta per impiccagione. La difesa dell’assassino ha tentato di evitargli la pena capitale, chiedendo di condannarlo all’ergastolo.
Shiraishi approcciava online giovani donne d’età compresa tra i 16 e i 25 anni con tendenze suicidarie. Su Twitter l’uomo stringeva amicizia con queste ragazze, promettendo che si sarebbe suicidato con loro, salvo poi ucciderle in maniere incredibilmente violente. La tesi della difesa – le vittime avrebbero dato il loro consenso a essere uccise – è stata però rigettata, anche alla luce della grande angoscia suscitata nell’opinione pubblica dal caso giudiziario.
Forse è anche il clamore mediatico relativo dal “killer di Twitter” ad aver fatto crescere ulteriormente l’apprezzamento per la pena capitale in Giappone: oltre l’80 per cento della popolazione infatti è favorevole a giustiziare i condannati per omicidi particolarmente efferati, come rilevato da un sondaggio recente dell”Asahi Shinbun. Nel Paese l’unico metodo previsto per uccidere i condannati a morte è l’impiccagione: dal 2000 ad oggi sono stati giustiziati novantotto condannati a morte.