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La gentrification dei barbieri

09 Agosto 2016

Succede nelle città americane ed europee e anche in Italia da un po’ di tempo a questa parte: i vecchi negozi di barbiere chiudono, mentre aprono nuovi saloni di bellezza per uomini, più eleganti e ricercati. Sul tema, New Republic ha pubblicato l’interessante intervento della sociologa Kristen Barber che si occupa da tempo della questione.

Dal 1992 al 2012 negli Stati Uniti si è assistito a un decremento del 23% dei barbieri. Per tradizione i barber shop sono luoghi esclusivamente maschili, dove non solo ci si taglia i capelli, ma si chiacchiera, ci si incontra, si forma una comunità all’interno di un quartiere. Dunque, si chiede la sociologa, «dobbiamo interpretare il declino di questi esercizi come un segno che le nostre comunità tradizionali di stanno sfaldando?».

In realtà, mentre i vecchi negozi chiudono, si assiste al notevolissimo successo di nuovi saloni di bellezza maschili: sono di un livello più alto, offrono servizi più raffinati (che comprendono per esempio la cura delle mani), sono più costosi e, in quanto a possibilità di socializzazione, non sono paragonabili ai loro corrispettivi più antichi. Kirsten Barber che ha intervistato alcuni barbieri, nel suo libro Styling Masculinity, riferisce che i clienti cercano in questi negozi un’esperienza più accurata, un’esperienza che i vecchi barbieri – «con i loro pavimenti di linoleum, le tv poleverose, le riviste di auto» –  non sono in grado di offrire. I clienti di questi negozi dicono che «i vecchi barbieri  sono per gli uomini anziani o per i bambini. I nuovi saloni con i tagli ricercati e i servizi aggiuntivi sono il posto giusto per chi vuole ottenere un aspetto “professionale”».

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Nella questione entra in gioco per la cultura americana anche un aspetto “razziale”, perché i nuovi saloni maschili vengono aperti soprattutto da proprietari bianchi, mentre i vecchi barbieri di quartiere continuano a rivestire un’importanza fondamentale nella comunità nera. Un dato che viene evidenziato nel libro di Melissa Harris-Perry Barbershops, Bibles, and BET, che indaga appunto come nella comunità afroamericana il barbiere sia un importante luogo per la diffusione delle idee politiche.

Invece di chiederci se i barber shop stanno scomparendo, sostiene Kirsten Barber, dovremmo chiederci da cosa vengono rimpiazzati e perché. In alcuni quartieri gentrificati in prevalenza bianchi, come sostiene Thomas Page McBee nell’articolo “What the Barbershop Renaissance Says about Men”,  questi luoghi stanno vivento un momento d’oro perché gli uomini vi cercano una forma di mascolinità da “bei vecchi tempi”, una virilità che si immagina essere appartenuta al passato. Il piacere dei sensi è centrale in questo tipo di esperienza: l’odore della polvere di talco, il pizzicore del dopobarba, gli strumenti riportano a un’epoca di mascolinità tradizionale proprio mentre la definizione del genere maschile è diventata assolutamente fluida. Non si costruiscono rapporti comunitari, ma più spesso una relazione uno-a-uno con il barbiere. Tutto questo sembra dirci che i nuovi saloni maschili rispondono al bisogno di una classe medio-alta di recuperare un senso di appartenenza, anche se modellato a gusti cosmopoliti, che a causa di un certo stile di vita è stato probabilmente smarrito.

Nelle immagini: l’Antica Barbieria Colla di Milano (Giuseppe Cacace/AFP/Getty Images).
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