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09:08 giovedì 4 dicembre 2025
L’ansia da Spotify Wrapped è talmente grave che migliaia di persone hanno creduto a una bufala su una versione modificabile disponibile a pagamento Evidentemente, quella di scoprire di avere dei brutti gusti musicali scorrendo il proprio Wrapped è una paura più diffusa di quanto ci si immagini.
Jafar Panahi ha detto che dopo gli Oscar tornerà in Iran e andrà di nuovo in carcere Mentre era a New York per una premiazione, ha scoperto di essere stato condannato a un anno di carcere per «attività di propaganda».
Secondo Cahiers du Cinéma il film dell’anno è un documentario su un torero peruviano Un film che, per la redazione di Cahiers, è meglio anche di Una battaglia dopo l'altra di Paul Thomas Anderson, secondo in classifica.
La pagina Wikipedia più letta nel 2025 è stata quella di Charlie Kirk Con 45 milioni di visualizzazioni, la pagina dedicata a Kirk ha superato quelle di Trump, del Papa, di Musk, di Mamdani e pure di Superman.
Il nuovo trend di TikTok sono i video anti immigrazione generati con l’AI Milioni di visualizzazioni per video apertamente razzisti e chiaramente falsi che incolpano i migranti di crimini che non sono mai avvenuti.
In Cina le persone stanno andando a vedere Zootropolis 2 insieme ai loro cani e gatti Alcuni cinema cinesi hanno organizzato proiezioni pet friendly per vedere il film Disney con i propri animali domestici.
Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.

Un funerale in fase 2

Celebrato fuori dalla chiesa, con le mascherine e rispettando la distanza di sicurezza, è forse l'inizio di una nuova normalità.

13 Maggio 2020

Qualche giorno fa è mancata mia nonna, Albertina. 95 anni vissuti tutto sommato bene, da una donna che rappresentava l’archetipo della sua generazione: cucinava magnificamente senza aver mai seguito un cooking show, conduceva una vita mite, molto strutturata negli orari e apparentemente semplice ma con un passato travagliato. Era emigrata pure lei in Argentina nel 1949 in cerca di fortuna per poi tornare in Italia e vivere quel boom economico che non le aveva portato ricchezze ma, soltanto, una moderata agiatezza, un appartamento di proprietà a Savona e cibo in tavola per lei e i per i suoi due figli.

Quella di mia nonna è una storia terminata per cause pressoché naturali – il suo quadro clinico era compromesso da mesi – ma è degna di cronaca in quanto protagonista della storia recente per diversi motivi: Albertina è mancata all’inizio della fase 2 delle misure del governo per fronteggiare il Covid-19; era un’anziana che alloggiava in una RSA e aveva il Coronavirus. Che avesse il virus lo abbiamo scoperto solo dopo, visto che non aveva sintomi e le cause della morte erano chiaramente altre. Nell’RSA stava abbastanza bene – chi non sogna la propria casa a quell’età? – e vi alloggiava da soli tre mesi per ricevere attenzioni e cure continue. La struttura l’aveva scelta lei, in un bosco di acacia e pini marittimi, ed era in stanza con un’amica. La sentivamo costantemente al telefono. Negli ultimi giorni, lamentava la noia della quarantena, la mancanza di visite ma non ha subito nessun altro disservizio. Il Covid si era annidato anche lì, come in tutte le RSA del paese ma non ha avuto il tempo di farle del male: un paradosso amaro, tanto quanto il pensiero velato che, se fosse mancata solo qualche giorno prima, sarebbe stato molto peggio perché eravamo ancora nella delirante fase 1.

La fase 1: negli occhi abbiamo, e avremo per sempre, i camion militari di Bergamo e altre immagini anche troppo pulp nella narrazione della distopia di questi tempi. Ma questa era la fase 1 e, se è vero che la fase 2 la stiamo vivendo perché lo richiede l’economia, un cambiamento ingente ora c’è anche sulla vita sociale, sugli affetti, sulle liturgie. Molti non lo percepiscono ancora, forse neppure noi famigliari di Albertina quando, come neofiti della vita intera, ci siamo chiesti come avremmo fatto ad organizzare un funerale. Nessuno era più capace di organizzare alcunché qualsiasi cosa pensi di fare, prima devi guardare il Dpcm, telefonare in Comune, addirittura leggere le ultime news a riguardo su La Stampa e Il Secolo XIX, le uniche autorità giornalistiche riconosciute in Liguria.

Fatto sta che il funerale c’è stato, probabilmente uno dei primi da più di 50 giorni a questa parte. Il decreto dice che è consentita la partecipazione di solo 15 famigliari: noi eravamo in 9, più il prete. Tutto si è svolto davanti alla Chiesa, poco distante dal centro di Savona. Proprio davanti, non dentro. Il prete si è scusato subito, non ha termo-scanner o ammennicoli vari e la Chiesa è quindi inagibile. Utilizziamo così il sagrato, quel luogo in cui solitamente ho visto i più svogliati sostare a chiacchierare durante la messa di Natale. La strada diventa la navata principale, un ritrovo spirituale quasi tribale, con 10 persone in cerchio, ben distanziate, intorno a un feretro. Faceva caldo e qualcuno cercava vagamente l’ombra di un albero. A pochi metri c’è una strada trafficata a quattro corsie quindi la voce del prete si sentiva male, alcune parole erano incomprensibili per il passaggio di un camion o per il vociare di una coppia che usciva dal supermercato accorgendosi troppo tardi di ritrovarsi, con le buste della spesa in mano, nel bel mezzo di un funerale.

Siamo stati in piedi per non più di 10 minuti, avvolti nei rumori tuttavia confortanti della città che non permettono lo stesso raccoglimento della visione di un crocifisso davanti a un’abside ma hanno reso la funzione meno austera e comunque coinvolgente e c’è stato persino un minuto di raccoglimento sentito a causa delle condizioni emergenziali del momento. La forza viene  spesso dalla sottrazione, dalla ricerca filosofica dell’essenziale. Papa Francesco, il 27 marzo ha celebrato la Passione, da solo, in mezzo a una Piazza San Pietro deserta e plumbea. Noi, più semplicemente, eravamo in piedi, in mezzo ad una via trafficata, al caldo e al rumore e non ci sembrava una funzione che avesse qualcosa in meno di prima, né peggiore di prima. Eravamo appena entrati in una nuova normalità e ce ne siamo resi conto solo in quel momento. 

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