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17:27 martedì 9 settembre 2025
Il tentativo del governo nepalese di vietare i social è finito con 19 morti e le dimissioni del Presidente del Consiglio In 48 ore il Paese è piombato nel caos, il governo è stato costretto a fare marcia indietro e a chiedere pure scusa.
Una giornalista italiana ha scatenato un putiferio per non aver coinvolto Ayo Edebiri in una domanda su MeToo e Black Lives Matter Argomenti sui quali ha preferito interpellare Julia Roberts e Andrew Garfield, gli altri due protagonisti di questa intervista a tre fatta durante la Mostra del cinema di Venezia.
È morto Stefano Benni, inventore del Bar Sport, amico di Daniel Pennac, “performer” con Nick Cave e tante altre cose Romanziere, giornalista, drammaturgo: in ogni sua veste Benni ha saputo raccontare l’italianità, una battuta alla volta.  
A Varsavia hanno aperto una biblioteca in metropolitana per convincere i pendolari a staccarsi dal telefono e leggere invece un libro Si chiama Metroteka e mette a disposizione dei pendolari 16 mila titoli e un sistema di prelievo e restituzione funzionante 24 ore su 24.
Dopo la beatificazione, su Reddit ci si chiede se la PlayStation di Carlo Acutis possa essere considerata una reliquia Domanda alla quale è difficile rispondere, perché ne esistono di diversi tipi e tutte devono essere autenticate dalla Chiesa.
Dopo anni di tentativi falliti, finalmente Call of Duty diventerà un film Grazie a un accordo tra Paramount e Activision, una delle più importanti saghe videoludiche di sempre arriverà sul grande schermo.
La Germania sta preparando una maxi scorta di ravioli in scatola in previsione di una guerra con la Russia Le vecchie razioni a base di cereali e legumi non soddisfano più, ha detto il ministro dell'Agricoltura e dell'Alimentazione, Alois Rainer.
Il governo egiziano vuole trasformare le pendici del monte Sinai in un resort di lusso L'intenzione è di fare qui quello che è stato fatto a Sharm el-Sheikh, nonostante le proteste degli abitanti e della comunità internazionale.

La censura online in Russia somiglia sempre più a quella cinese

01 Settembre 2016

Quest’estate la Duma russa ha approvato una legge che impone ai fornitori di servizi internet del Paese di memorizzare per sei mesi tutto il traffico web nazionale, comprese le chat, le email e i post sui social network privati. La legislazione inoltre permette di bloccare determinati siti senza previa approvazione di un tribunale, e secondo quanto riporta Bloomberg già centinaia di portali sarebbero stati oscurati; anche le informazioni personali, come i dati delle carte di credito, di conseguenza in Russia saranno molto più vulnerabili. L’ordinamento si affianca a una serie di restrizioni legate all’uso di internet comparse negli ultimi quattro anni, e i suoi sostenitori credono che possa proteggere la nazione da eventuali attacchi terroristici, tra le altre cose.

Nel frattempo è stata pubblicata in una sezione ad hoc del sito web del governo russo una petizione per rimuovere la legge: la raccolta firme è già arrivata a quota 100 mila adesioni, e anche il celebre whistleblower Edward Snowden, che vive in esilio in Russia, ha condannato l’ordinanza. Un’eventuale abrogazione è però improbabile, in quanto solo 2 petizioni su 13 sono state accolte a partire dal 2013, anno da cui esiste la sezione.

A girl watches Russian President Vladimi

Dall’altro lato però sarà molto complicato riuscire a mettere in pratica la legislazione: il costo per archiviare i dati del traffico internet russo, infatti, può superare i 35 miliardi di euro; inoltre il Paese avrebbe bisogno di oltre 50 milioni di terabyte di archivi difficili da reperire. In ogni caso, in aggiunta a tutto questo, il Cremlino non avrebbe né un software per analizzare una tale mole di dati, né sufficiente personale per interpretarli.

Un approccio simile era stato adottato circa sei anni fa in Cina col Golden shield project, un progetto di sorveglianza online che blocca i dati “scomodi” provenienti dall’estero. In molti credevano che questo grande firewall sarebbe durato poco, ma ad oggi i servizi di Google sono ancora bloccati nel Regno di mezzo, e così quelli di Facebook, Twitter, Instagram, YouTube e di alcune delle più grandi testate di tutto il mondo, tra cui il New York Times

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