Stili di vita | Cibo

L’ipnotica banalità di Emily Mariko

La youtuber e tiktoker nippo-californiana porta con sé un modo nuovo di trattare il cibo sui social: estremamente semplice, e proprio per questo speciale.

di Carlo Gibertini

In un breve lasso di tempo Emily Mariko, youtuber e tiktoker nippo-californiana di 29 anni conosciuta anche come @emilymariko, è schizzata da 50 mila a circa 7.5 milioni di follower su TikTok. In pratica, l’equivalente della popolazione di Hong Kong. La sua ascesa alla fama è il risultato di uno stile di vita minimalista e organizzato, ma non c’è il rischio di confonderla con Marie Kondo: la neo-star è molto più umana.

Il video responsabile della sua ascesa al firmamento delle influencer anni ’20 è semplice, quasi banale. Il contenuto, diventato virale, ha più di 76 milioni di visualizzazioni nel momento in cui questo articolo viene scritto. Ecco ingredienti e plot: Emily apre un contenitore ermetico di vetro per mostrarci del salmone alla griglia avanzato, lo trita con la forchetta e lo mette su un piatto, ci adagia sopra una palettata di riso bianco e poi apre un cassetto del suo frigorifero per estrarne un cubetto di ghiaccio (al cubetto di ghiaccio tornerò tra un po’); la vediamo poi estrarre un foglio di carta da forno, premerlo sul piatto con il cibo e cuocere il tutto al microonde, infine tirare fuori il piatto. Con la naturalezza di chi sa cosa sta facendo, Emily toglie il ghiaccio, versa sul piatto un filo di salsa di soia, un filo di Sriracha, un filo di maionese Kewpie, mescola il tutto come fosse una pozione magica e di seguito pela e affetta un avocado, estrae un po’ di kimchi da un vasetto quasi vuoto, apre una busta di alghe secche e ne usa una come incarto per avvolgere il cibo, con l’aiuto di due bacchette se lo porta alla bocca, infine sorride sorniona. Tutto sommato, alla fine la ricetta è praticamente un onigiri smontato.

Il cubetto di ghiaccio, si diceva poco fa. Mentre il piatto non ha niente di speciale – soprattutto per il pubblico asiatico – è il dettaglio del cubetto di ghiaccio ad aver incuriosito le persone. Christopher Arturo, chef-istruttore presso l’Institute of Culinary Education, ha rivelato in un’intervista che quello che fa Mariko imita un metodo comunemente usato per riscaldare il riso: mettendoci un po’ d’acqua sopra, coprendolo e poi cuocendolo nel microonde. Nel tempo, il riso si asciuga e l’esterno può risultare duro. Mettere il cubetto di ghiaccio e il coperchio sopra prima che il microonde crei vapore riscalderà completamente il riso. In pratica, il cubetto di ghiaccio dà qualcosa da riscaldare al microonde e il vapore si diffonde attraverso il cibo. Il “coperchio” di carta da forno aiuta a trattenere il calore: il vapore sale, colpisce la carta forno e il liquido caldo scende per riscaldare il cibo. Mistero risolto.

Emily Mariko piace per quello che fa, per come vive e per il suo aspetto acqua e sapone, e ha tutta l’aria di non essere l’ennesima meteora. Non incarna un trend, ma piuttosto rappresenta lo zeitgeist del momento: se la segui, vorresti essere lei, ma è anche un modello raggiungibile. La semplicità di ciò che ci mostra non ha bisogno di ulteriori descrizioni, eppure è ragione del suo successo. Tutto ciò che Emily fa è ipnotizzante, ma anche molto banale: lei che fa la spesa, lei che si prepara un toast, lei che taglia le verdure per la settimana, lei che pulisce, lei che fa commissioni estremamente relatable. Quando si guardano i suoi video su TikTok non si pensa «vorrei la sua vita», ma si esclama «lo potevo fare anch’io!», per poi sentire la disapprovazione di Francesco Bonami. Com’è possibile che delle ricette e dei video che avrebbe potuto fare qualunque persona dotata di un minimo di abilità in cucina abbiano portato alla fama una persona così… qualunque?

Certo, i video di Emily sono esteticamente soddisfacenti, a partire dalla cucina immacolata all’ASMR di ogni rumore che produce. E c’è chi sostiene che l’esperienza di guardare i video di Mariko sia il contrario del germanico Schadenfreude, in quanto consiste nel piacere di guardare qualcuno fare la cosa che vorresti avere l’energia di fare tu. Ma c’è un altro aspetto del fenomeno Emily Mariko che vale la pena sottolineare. Chi è stato ventenne negli anni ’10 di questo secolo, dotato di un telefono o di un laptop, ha costruito le proprie aspirazioni attorno a modelli di vita perfetti e irraggiungibili, che si sono col tempo rivelati finti e filtrati ad hoc. Le blogger (prima) e le instagrammer (poi) del decennio scorso erano tutte magre, eccezionali nella loro yoga routine, buddhiste per hobby e spesso vegetariane o vegane. E poi c’era un 1% che era davvero tutte queste cose. Tutto ciò che esulava da questo paradigma era bollato come guilty pleasure, come a voler dire: sentitevi in colpa ogni qualvolta vi farete concessioni di questo tipo. Ecco allora un esercito di follower alle prese con basi di cavolfiore per pizza, spaghetti di zucchine, bicchieri di acqua calda e limone di prima mattina e porridge messi in ammollo una notte intera. Sono stati gli anni dei #superfood, divinità a durata annuale – a volte mensile – caricate di simboli e investite di ruoli spesso esagerati.

Emily Mariko di certo usa semi di chia e avocado, ma lo fa sempre con una spontaneità leggera, gradevole, in cui il cibo non assurge mai a idolo, ma rimane un umile strumento, ingrediente perfettamente integrato nelle abitudini alimentari di molti. Per questo, molti utenti di TikTok sono rimasti colpiti dal suo video virale più che altro per l’uso di riso bianco, semplice cream cheese e maionese (se non avete mai provato a strizzare la confezione di maionese giapponese Kewpie, rimediate), che Emily usa e mangia senza timore di fare la cosa sbagliata. Insieme al pane bianco: quand’è l’ultima volta che avete visto del pane bianco su un qualsiasi canale social con un certo séguito, onestamente.

La regina degli avanzi reinterpretati ad arte è una Millennial, tuttavia il suo seguito è probabilmente costituito più che altro da appartenenti alla Gen Z, proprio quelli che hanno “ucciso” gli influencer del decennio scorso. E risponde a un nuovo bisogno di autenticità – se di autenticità è lecito parlare in un discorso sui social media – fatto di scelte di vita personali e sartoriali e molto meno di ideologie vuote e forse dannose. Chissà che questo fenomeno non sproni più persone a fare coming out alimentari e rivelare il lato terreno di tutti coloro che scelgono il proprio telefono come finestra sulla propria vita.