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Si è scoperto che uno degli arrestati per il furto al Louvre è un microinfluencer specializzato in acrobazie sulla moto e consigli per mettere su muscoli Abdoulaye N, nome d'arte Doudou Cross Bitume, aveva un bel po' di follower, diversi precedenti penali e in curriculum anche un lavoro nella sicurezza del Centre Pompidou.
La Presidente del Messico Claudia Sheinbaum è stata molestata da un uomo in piazza, in pieno giorno e durante un evento pubblico Mentre parlava con delle cittadine a Città del Messico, Sheinbaum è stata aggredita da un uomo che ha provato a baciarla e le ha palpato il seno.
Una foto di Hideo Kojima e Zerocalcare al Lucca Comics ha scatenato una polemica internazionale tra Italia, Turchia e Giappone L'immagine, pubblicata e poi cancellata dai social di Kojima, ha fatto arrabbiare prima gli utenti turchi, poi quelli italiani, per motivi abbastanza assurdi.
Nella vittoria di Mamdani un ruolo importante lo hanno avuto anche i font e i colori della sua campagna elettorale Dal giallo taxi alle locandine alla Bollywood, il neo sindaco di New York ha fatto un uso del design diverso da quello che se ne fa di solito in politica.
Il nuovo album di Rosalía non è ancora uscito ma le recensioni dicono che è già un classico Anticipato dal singolo e dal video di "Berghain", Lux uscirà il 7 novembre. Per la critica è il disco che trasforma Rosalia da popstar in artista d’avanguardia.
La nuova serie di Ryan Murphy con Kim Kardashian che fa l’avvocata è stata demolita da tutta la critica All’s Fair centra lo 0 per cento su Rotten Tomatoes, in tutte le recensioni si usano parole come terribile e catastrofe.
Un giornalista italiano è stato licenziato per una domanda su Israele fatta alla Commissione europea Gabriele Nunziati ha chiesto se Israele dovesse pagare la ricostruzione di Gaza come la Russia quella dell'Ucraina. L'agenzia Nova lo ha licenziato.
Lo Studio Ghibli ha intimato a OpenAI di smetterla di usare l’intelligenza artificiale per creare brutte copie dei suoi film Assieme ad altre aziende dell'intrattenimento giapponese, lo Studio ha inviato una lettera a OpenAI in cui accusa quest'ultima di violare il diritto d'autore.

Gli editor di Diderot

La completezza e accuratezza raggiunta da Wikipedia: un risultato incredibile ma (forse) un problema per la community e il futuro del sito.

30 Ottobre 2012

Classificare, raccontare e definire tutto quello che esiste al mondo è una missione impossibile. Perché il mondo – lo sappiamo – cambia di continuo, e ogni giorno qualcosa di nuovo nasce o succede e altro tramonta o scompare. Non è un caso che la prima Enciclopedia – curata dal filosofo francese Denis Diderot – sia stata una lucida follia illuminista, nata in un momento in cui la ragione e l’intelletto sembravano in grado di spiegare l’inspiegabile. Quando nel 1751 vide la luce la prima edizione de L’Encyclopédie (titolo per intero: Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri) il lavoro intellettuale era basato su carta, piedi e voci – un lavoro lento, in cui le notizie dai mondi remoti che si andavano scoprendo arrivavano con lentezza pachidermica e scarsa attendibilità. L’operazione fu quasi una provocazione filosofica, una sfida tutta umana nei confronti dell’impossibile; e l’idea di poter arrivare, un giorno, a un’edizione dell’Enciclopedia completa al 100% era una sfida, un’avventura. Una chimera, forse, ma perché non provarci?

Da allora molte cose sono cambiate. Nel Novecento le Enciclopedie si sono istituzionalizzate e hanno conquistato molti scaffali di librerie in tutto il mondo. Colossi di carta, inchiostro e ingegno che fotografavano la realtà in un dato momento a uso e consumo delle generazioni future. Dal 15 gennaio 2001, però, il sapere enciclopedico è stato declinato in modo completamente differente rispetto a quello di Diderot o della Britannica: quel giorno infatti fu lanciata Wikipedia, archivio di voci, lemmi e definizioni scritte, editate e curate dagli utenti del sito, che da allora collaborano per costruire quel “dizionario ragionato” di gusto illuminista sfruttando le nuove tecnologie (comunicazioni globali istantanee al posto di inchiostro, libroni e carta). Il vero potere del progetto 2.0 è il suo essere digitale: Wikipedia non viene stampata su carta ma pubblicata su Internet, dov’è possibile correggere-aggiungere-togliere in libertà senza il pensiero dei costi di ristampa. Eppure, nonostante questi giganteschi passi in avanti tecnologici, nel sottotitolo dell’Encyclopédie si respira ancora la sfida impossibile di catalogare tutto l’esistente, per sempre. Com’è possibile lavorare a un progetto simile e pensare a una sua possibile conclusione? Una chimera, appunto.

Eppure un articolo pubblicato nell’ultimo numero di The Journal of Military History (pdf) sembra sostenere proprio il contrario, per certi versi. Il suo autore, Richard Jensen, è uno degli editor più attivi negli articoli del sito legati alla Storia e ha tentato di dimostrare come alcune voci storiche siano ormai “complete” e perfette. Il che, paradossalmente, non è un bene per il sito: Wikipedia, infatti, copre ormai un incredibile numero di argomenti e fenomeni e si snoda per tutto il globo con 285 edizioni nazionali o regionali, rendendola di fatto ubiqua, tentacolare, pronta ad acchiappare i cambiamenti nel momento in cui avvengono. «Dopo che un’enciclopedia raggiunge i 100 mila articoli» scrive Jensen «la quantità di materiale valido comincia a scarseggiare. Dopo il milione di articoli compilati, occorre essere ingegnosi per pensare a qualcosa di nuovo. Wikipedia ha superato quota 4 milioni di articoli nell’estate del 2012», scrive Jensen. La mole di voci raccolte giustifica in parte la crisi che il sito soffre da un po’, ovvero la scarsità di nuovi scrittori ed editor, che è stata scambiata per una crisi sistemica della piattaforma, quando invece potrebbe trattarsi di un fenomeno fisiologico: le voci vengono “ritoccate” sempre di meno perché, come spiega anche l’Atlantic, c’è sempre meno da aggiungere, correggere e controllare. (Basta osservare questo grafico, che mostra il numero di articoli scritti dal 2011 a oggi.)

La quantità di lemmi e voci compilate dicono alcune cose sul futuro del sito, e sull’idea stessa d’enciclopedia. Innanzitutto, catalogare tutto l’esistente è ancora una mission impossible, certo, ma non per gli avvenimenti del passato. Prendiamo per esempio la pagina dell’edizione in inglese dell’enciclopedia (la più popolata, completa e controllata) dedicata alla Guerra del 1812 – uno degli articoli a cui Jensen ha contribuito di più – e guardiamo i suoi numeri. Alla stesura dell’articolo, che conta in tutto 14 mila parole, hanno contribuito 3000 penne diverse. Ma negli ultimi anni la “discussione” si è fermata: la pagina viene visitata ancora molto (più che in passato, a dire il vero) ma i ritocchi calano per il semplice motivo che «non c’è più molto da farci», fa notare l’utente dell’enciclopedia aperta. Succede anche alla pagina dedicata alla Seconda guerra mondiale, il cui numero di edit (gli interventi da parte ddegli utenti) è crollato a partire dal 2007 dopo un picco tra il 2005 e il 2006. Vediamo il grafico, che mostra l’andamento degli aggiornamenti alla pagina dal novembre 2001 al marzo di quest’anno:

È chiaro che la mission impossible è riuscita, almeno nelle voci che guardano al passato, che dopo un decennio di labor limae, critiche e dubbi, si sono ormai stabilizzate in una dimensione di correttezza e completezza più che sufficiente e competitiva. Come già detto, ciò non vale per gli articoli più critici e meno oggettivi. Tempo fa Emily Morris ha pubblicato su The Awl uno studio sulla costruzione collettiva della voce Wikipedia Lolita, il capolavoro di Vladimir Nabokov, che dimostra il segreto del sito e spiega come sia riuscito a «sormontare l’insormontabile» – almeno in parte. Questo incredibile risultato, però, rischia di minare alle basi la sua stessa raison d’être, ovvero la formazione di un nutrito, globale gruppo di redattori prontio a registrare i cambiamenti nel mondo, discuterne e trascriverli per l’umanità. Man mano che l’universo inesplorato si restringe, l’interesse cala e servono competenze sempre più specifiche, uniche. Si passa dalla definizione del generale all’analisi microscopica del particolare. Ma a chi interessa spezzare il cappello online? E quante persone sono veramente in grado di farlo, argomentando? Potrebbe essere questa la vera sfida per il futuro di Wikipedia, che dopo aver costretto alla resa l’Enciclopedia Britannica grazie alla sua versatilità ora si trova in una crisi interiore creata dai suoi incredibili risultati.

(Immagine: la conversazione alle spalle della voce “Wikipedia inglese” nell’edizione inglese di Wikipedia.)

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