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LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
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YouTube avrebbe speso più di un miliardo di dollari per i diritti di trasmissione degli Oscar Nessuna tv generalista è riuscita a superare l'offerta e quindi dal 2029 al 2033 la cerimonia verrà trasmessa in esclusiva su YouTube.
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In un editoriale su Politico, Pedro Sánchez ha definito la crisi abitativa «la più grande emergenza di questa epoca» E ha invitato tutti i Paesi dell'Ue a iniziare a trattare il diritto alla casa come quello alla sanità e all'istruzione.
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Il Nobel di Raimondo Di Maio: da trecento a settemila copie

Incontro con il piccolo libraio-editore napoletano che pochi mesi fa ha stampato l'unico libro disponibile in italiano di Louise Glück.

09 Ottobre 2020

Raimondo Di Maio è un piccolo uomo gentile e discreto, non ha nulla dell’esagerazione napoletana, nessuna traccia di guasconeria. 63 anni il 12 ottobre, si muove cauto, silenzioso, amorevole in mezzo ai suoi libri (li chiama «i miei bambini», con occhio particolarmente affettuoso verso le edizioni lillipuziane in trentaduesimo). Sulla sua libreria-casa editrice di via Mezzocannone, in pieno centro storico di Napoli, tra le viuzze della caotica zona universitaria, è piovuta una luce abbagliante, il riflesso del Nobel, con tutto ciò che ne consegue in termini di visibilità e can can mediatico. Averno, l’unico libro disponibile in italiano della neopremiata Louise Glück, è nel suo catalogo Dante & Descartes. Il piccolo editore e libraio napoletano lo ha fatto uscire poco prima del lockdown, con anti-tempismo perfetto. Eppure. Prima tiratura mille copie, vendute trecento, che è un buon risultato per un libro di versi di un’autrice poco conosciuta in Italia. Ma da quando è stata ufficializzata la vittoria della poetessa americana che dialoga con la morte – vittoria a sorpresa, contro i pronostici che puntavano sui vari  Murakami e Atwood da best seller – il telefono squilla ininterrottamente nella libreria di Raimondo Di Maio. Fioccano le prenotazioni. Tutto oro colato per un artigiano dell’editoria che spesso consegna a mano, con ostinazione, casa per casa, i suoi prodotti. «Ora stamperemo subito almeno altre settemila copie, mi stanno chiamando da tutta Italia», racconta orgoglioso. E chi le ha mai vendute settemila copie di un libro di poesie qui a via Mezzocannone? Addirittura lungo il marciapiede si è formata una fila ordinata per acquistare il libro: si entra uno alla volta, in tempi di Covid.

Raimondo Di Maio ha l’aria sognante, ma non è un ingenuo e dunque osserva: «Ci hanno chiamato e scritto in tanti e qualche pescecane voleva comprare i diritti, qualche squalo chiedeva di vendergli tutta la tiratura rimasta». Dante & Descartes resta fedele alla sua natura: «Naturalmente a noi librai editori giocare ad asso piglia tutto non piaceva ieri, non piace oggi, certo non piacerà domani, da editori-librai indipendenti e militanti scegliamo invece di distribuire e cercare di accontentare quanti più librerie indipendenti possibile e anche le altre…».

Ma come è capitato questo incontro felice con Louise Glück? «Lei non è mai stata qui a Napoli», spiega Di Maio, «e il lago di Averno lo conosceva solo come porta degli inferi, dai classici». Dunque? All’attenzione di Dante & Descartes l’ha sottoposta un grande amico di Napoli, José Vicente Quirante Rives, che sotto il Vesuvio ha diretto l’Istituto Cervantes, poi se n’è tornato in Spagna con la città nel cuore e ha fondato la sigla Editorial Parténope. «Abbiamo realizzato una pubblicazione partagé, in collaborazione». Quirante Rives ha firmato la postfazione e ha aiutato Raimondo a cercare un traduttore adeguato. Dopo numerose prove, la scelta è caduta su Massimo Bacigalupo che aveva già tradotto versi della Glück. Copertina d’autore grazie alla stamperia di Vittorio Avella e il gioco è fatto. All’autrice il libro è piaciuto, approvato dal suo agente e dopo la pubblicazione era stato già fissato un appuntamento per la presentazione. Naturalmente sul lago d’Averno. «La pandemia ci ha bloccati, ma ci riproveremo», aggiunge Di Maio.

La squadra di Dante & Descartes è davvero a ranghi ridotti: Raimondo Di Maio, il figlio Giancarlo, l’editor Antonella Cristiani che spesso lavora per pura passione. E poi la cerchia degli amici. Perché a Napoli si fa così: non è folclore ma adattamento alla realtà. Laddove non c’è un tessuto aziendale forte si tampona con la rete di relazioni. E Raimondo di relazioni ne coltiva tante, con il suo fare discreto e la soluzione sempre pronta per ogni problema. All’occasione lui fa anche da ufficio stampa, chiama i giornalisti uno per uno, se necessario si precipita nelle redazioni a consegnare volumetti. E poi le conversazioni in libreria («si impara ascoltando»). Tra i frequentatori più assidui c’è Erri De Luca, che a Dante & Descartes ha affidato numerosi suoi testi. Il più venduto della sigla editoriale è il suo Napolide, longseller da 60 mila copie.

Tra gli amici scomparsi, c’era Michele Sovente, il poeta di Bacoli che vinse il Viareggio nel 1998 con i suoi libri in italiano, latino e puteolano e che con Di Maio condivideva la tenace pazienza e i toni pacati, nonostante i versi sulfurei. «Passava ore qui da me, gli devo molto. Presto lo vorrei ripubblicare». Tra gli altri, nel catalogo Dante & Descartes, Giorgio Caproni e Chandra Livia Candiani, e poi tanti autori napoletani delle generazioni passate, quelle in cui si è fissata una certa mitografia partenopea. Di Domenico Rea sono appena usciti i poco noti Pensieri della notte ed è in via di pubblicazione Le due Napoli, il breve testo che interpreta l’impermeabilità tra i ceti sociali di una città enigma. «Un saggio-racconto straordinario, che non sempre è stato capito», aggiunge Di Maio, che opera le  sue scelte secondo una strategia precisa. Dietro il suo lavoro editoriale c’è una visione di Napoli e della sua storia e la consapevolezza di quanto hanno pesato sul destino della città le scelte politiche del dopoguerra e le posizioni dei suoi intellettuali. Una visione complessiva e lucida che ancora oggi invece scarseggia tra chi Napoli la governa.

La storia editoriale di Raimondo Di Maio inizia quarant’anni fa, quando nasce il figlio e in contemporanea la sigla editoriale. Prima il piccolo editore aveva fatto tanti mestieri, un po’ come il suo amico Erri De Luca: «Sì, sono stato anche un manovale, poi ho fatto il barista, ho lavorato in Germania, in Francia. Alla fine sono approdato alla vendita rateale di libri, per Feltrinelli e per Einaudi. Quando questa esperienza si concluse mi misi in proprio». Da allora ad oggi, il percorso è stato duro ma non privo di soddisfazioni. Fino allo stop del lockdown. «Non me lo potevo proprio permettere», commenta Di Maio. «Così ho continuato a lavorare quasi da contrabbandiere. A marzo avevo appena ristampato Napoli porosa di Walter Benjamin e ne ho consegnato 150 copie a domicilio solo qui, al centro storico di Napoli. Non era molto, ma per me già qualcosa. Per strada in quei giorni spaventosi ho visto il paniere sospeso con la spesa destinata a  chi non poteva comprare nulla, così ci ho buttato dentro pure il mio libro. Necessario anche quello, non è vero?». E chi può dire di no.

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