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00:34 lunedì 20 ottobre 2025
Hollywood non riesce a capire se Una battaglia dopo l’altra è un flop o un successo Il film di Anderson sta incassando molto più del previsto, ma per il produttore Warner Bros. resterà una perdita di 100 milioni di dollari. 
La Corte di giustizia europea ha stabilito che gli animali sono bagagli e quindi può capitare che le compagnie aeree li perdano Il risarcimento per il loro smarrimento è quindi lo stesso di quello per una valigia, dice una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea.
È uscito il memoir postumo di Virginia Giuffre, la principale accusatrice di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl e racconta tutti gli abusi e le violenze subiti da Giuffré per mano di Epstein e dei suoi "clienti".
È morto Paul Daniel “Ace” Frehley, il fondatore e primo chitarrista dei KISS Spaceman, l'altro nome con cui era conosciuto, aveva 74 anni e fino all'ultimo ha continuato a suonare dal vivo.
Dell’attentato a Sigfrido Ranucci sta parlando molto anche la stampa estera La notizia è stata ripresa e approfondita da Le Monde, il New York Times, il Washington Post, Euronews e l’agenzia di stampa Reuters.
Oltre alle bandiere di One Piece, nelle proteste in Usa è spuntato un altro strano simbolo: i costumi gonfiabili da animale Costumi da rana, da dinosauro, da unicorno: se ne vedono diversi in tutte le città in cui si protesta con Trump e contro l'Ice.
Secondo Christopher Nolan, non c’è un attore che quest’anno abbia offerto un’interpretazione migliore di The Rock in The Smashing Machine Quello del regista è il più importante endorsement ricevuto da The Rock nella sua rincorsa all'Oscar per il Miglior attore protagonista.
Dopo 65 anni di pubblicazione, Il Vernacoliere chiude ma non esclude il ritorno Lo ha annunciato su Facebook il fondatore e direttore Mario Cardinali, che ha detto di essere «un po' stanchino» e spiegato la situazione di crisi del giornale.

Gentlemen of Bacongo

13 Agosto 2011

Cercando un filo conduttore nel lavoro di Daniele Tamagni, sicuramente uno è la moda. Cercandone un altro, meno facilmente riducibile, direi che è il fascino per il colore a tutti i costi. Per colore non intendo un facile sguardo sul locale, sulla diversità vista come stranezza. Il colore dei soggetti che il fotografo milanese sceglie per i suoi servizi e reportage è più una questione di stile, un segno di individualità cresciuto in un ambiente spesso sfavorevole. Tipo rosa nel cemento, per usare una metafora trita. Tamagni visita paesi poveri, è vero, ma il suo sguardo si posa sulle reazioni ai problemi, più che sui problemi stessi. “Io voglio rompere gli stereotipi”, mi dice durante la nostra intervista telefonica.

Le sue foto dei sapeurs, gli sgargianti elegantoni squattrinati del Congo, hanno fatto il giro del mondo. Le hanno pubblicate il Guardian ed il New York Times, e gli hanno guadagnato anche dei premi. Ma se le strade di Brazzaville che stanno sullo sfondo sono piene di baracche, quello che passa attraverso l’obiettivo sono dignità ed eleganza. E hanno conquistato il pubblico di mezzo mondo. Da quando li ha fotografati Tamagni, i sapeur sono diventati l’ispirazione di una collezione dello stilista britannico Paul Smith e lo stesso fotografo è stato invitato a fare il giudice di un concorso a tema ad Amsterdam.

Quando gli chiedo se nei suoi reportage parte dal fenomeno in sé o dal contesto sociale, Daniele mi risponde così: “Il contesto è molto importante, per cui trovo una relazione tra il fenomeno ed il contesto sociale e geografico. Mi interessano entrambe le cose”. A volte ci vuole un po’ per entrare in contatto con un determinato ambiente, ma per il fotografo non è il fattore più importante. “Due settimane minimo, il tempo che ci vuole”, mi dice quando gli chiedo i suoi tempi. “A volte, come nel caso dei sapeurs, ci vuole di più, a volte in tre settimane fai tutto, com’è successo con le cholitas. Comunque non considero mai il ciclo chiuso, c’è sempre qualcosa in più da conoscere”. Per quanto riguarda la disponibilità dei soggetti, invece, ci vogliono più che altro pazienza ed onestà. “Nei rapporti con le persone io cerco di essere il più diretto possibile, di instaurare una relazione che mi faccia sentire a mio agio e che faccia sentire a proprio agio anche loro, dare loro l’opportunità di farsi conoscere e di far sentire la propria voce. Chiaramente c’è chi ti dice di sì, chi ti dice di no… Si può capire, essendo comunque paesi in cui le situazioni sono difficili potrei anch’io reagire così. L’importante è cercare di superare gli ostacoli, che comunque sono normali se vai in un posto che non conosci per la prima volta, e non demordere”.

Come i sapeur anche le cholitas, colorate donnine boliviane che si improvvisano luchadoras per pochi euro su ring caserecci a La Paz, hanno lo stesso scarto rispetto al modesto paesaggio urbano che fa loro da sfondo. Se i primi sono nati come risposta alla repressione nazionalista di Mobutu Sese Seko ed alle sue sciatte uniformi, le seconde (che combattono anche contro gli uomini) mandano un messaggio progressista significativo alle donne di tutto il mondo.

In entrambi i casi si tratta anche di figure fortemente globalizzanti: i dandy congolesi comprano i vestiti da Francia e Italia, le lottatrici boliviane si fanno spedire i tessuti dalla Cina. E la globalizzazione è un importante tema collaterale nei servizi di Tamagni, che ha documentato l’emergere della moda in alcuni paesi africani dove i brand sono decisamente poco accessibili ed il mercato è molto limitato. Mi racconta: “Tutti si vestono con queste marche globalizzate, ma il problema è che questi paesi non hanno le risorse per riuscire ad emergere in un campo difficile come quello della moda. Hanno la capacità, la creatività, ma non hanno i mezzi e le strutture. Ma in Africa qualcosa sta cambiando, stanno facendo diverse fashion week e molti giovani designer hanno modo di viaggiare, fare esperienze”. Quando gli chiedo di raccontarmi di Cuba, mi spiega che la situazione non è molto diversa. “Per Cuba non sono io a doverne parlare, si conosce la situazione, anche se adesso le cose stanno cambiando anche lì. Si fanno le sfilate, si fanno conoscere, però è sempre come show, uno spettacolo, non tanto a livello commerciale. La globalizzazione è arrivata anche là, e c’è sempre più un desiderio di apparire come gli altri.”

Per il futuro, Daniele ha già in mente altre zone ed altri personaggi. Mi dice delle drianke senegalesi, che a quanto ho capito sono un mix tra sapeur e geishe, seduttrici da competizione in un paese in cui la poligamia è abbastanza diffusa. E poi ci sono progetti più sul sociale, come uno in India sull’impatto del poter vedere nelle zone rurali del Rajasthan. Staremo a vedere anche noi.

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