Mentre parlava con delle cittadine a Città del Messico, Sheinbaum è stata aggredita da un uomo che ha provato a baciarla e le ha palpato il seno.
Alla COP30 non ci saranno i leader di Stati Uniti, Cina e India, cioè dei tre Paesi che inquinano di più al mondo
Alla Conferenza sul clima di Belém, in Brasile non ci saranno né Trump né Xi né Modi: la loro assenza, ovviamente, è un messaggio politico.
Stati Uniti, Cina e India hanno deciso di non partecipare (a partecipare molto poco) alla COP30 che quest’anno si svolge a Belém, in Amazzonia, lasciando che l’Europa si presenti come ultimo, debole baluardo a difesa della di quella transizione ecologica che fino a poco tempo fa sembrava . A dieci anni dagli accordi di Parigi – che prevedevano l’impegno a limitare il riscaldamento globale entro il grado e mezzo di aumento – l’Unione Europea è rimasta la sola a insistere sugli impegni presi: i rappresentanti dell’Ue arrivano al vertice con l’intenzione di «tenere vivo l’obiettivo di 1,5 gradi» e di trovare nuovi fondi per i Paesi più vulnerabili, come ha ricordato Ursula von der Leyen a Euronews. L’importanza della dichiarazione è ridimensionata dall’assenza dei leader dei tre Paesi che inquinano di più al mondo: Stati Uniti, Cina e India.
Washington ha completamente disertato l’evento, Pechino ha inviato il vicepremier, mentre Nuova Delhi ha mandato in sua rappresentanza solo un ambasciatore: l’impressione è quella di una presenza simbolica. Le grandi potenze industriali stanno tornando a chiudersi nel recinto del proprio interesse nazionale: negli Stati Uniti di Trump la parola decarbonizzazione è ormai sinonimo di perdita di sovranità, mentre in Cina e in India il discorso ambientalista si intreccia con la competizione tecnologica e con la sicurezza energetica nazionale. Per Bruxelles invece, l’assenza dei “grandi tre” trasforma COP30 in un test di credibilità. Da un lato, l’Unione può rivendicare il primato di chi finanzia e guida la transizione, dopo aver investito 42,7 miliardi di euro nel 2024. Dall’altro, il Vecchio continente deve difendersi da un crescente scetticismo interno, che accusa questa posizione di impoverire l’Europa, trasformandola durante il summit annuale in un «bancomat globale».
A rimanere sempre uguale è la posizione della comunità scientifica internazionale, basata su centinaia di studi che dimostrano l’urgenza di un green deal per tutto il pianeta.