Cultura | Musica
Il presente e il futuro delle community radio
Come si continua a fare musica underground, a sperimentare, a condividere idee e a creare le basi per cambiare, a livello artistico e sociale?

Come si continua a fare musica underground, a sperimentare, a condividere idee e a creare le basi per cambiare, a livello artistico e sociale? Se il web negli ultimi decenni è stata la risposta per unire questi punti anche se geograficamente lontanissimi, negli anni Settanta la risposta invece era la radio. Radio libere, pirata, venivano definite. E la commistione di questi due mondi, di questi due medium, ha dato vita a community estremamente vive e forti che si relazionano, parlano e muovono mondi artistici, culturali e di popoli. A Milano ogni anno da dieci anni l’occasione per mettere insieme quelle che vengono definite web radio o community radio è il festival Linecheck e dall’anno scorso ASCOLTO, un momento in cui queste realtà si interfacciano e discutono insieme delle loro possibili evoluzioni. Non solo, portano anche le loro scene musicali per cui spesso fanno da incubatori e promoter, dando particolare attenzione a ciò che succede nelle realtà locali per poi proiettarle su uno scenario internazionale. Esattamente come succede in questi giorni da BASE, in occasione del festival. Ne abbiamo parlato con Federico Zonno, responsabile per Linecheck di ASCOLTO.
ⓢ Quali sono le idee che hanno portato al festival e come è evoluta l’iniziativa?
Da Linecheck ci sono tante realtà locali, nazionali, internazionali che si confrontano con la musica come linguaggio di espressione e come strumento per rapportarsi con la società ed è intorno a questo concetto che infatti si sviluppa questa edizione del festival. “So far so good”, il titolo si interroga proprio su questo.
ⓢ Cosa ha fatto nascere secondo te il fenomeno delle web radio?
Il fenomeno delle web radio non è ovviamente un fenomeno recente. Da quando è nata la radio è stata uno strumento fondamentale per la diffusione del pensiero, della musica, uno spazio alternativo di produzione musicale. Per questo attorno alle radio si sono sempre create delle comunità. Con il web il processo di democratizzazione dell’accesso a questo strumento è stato solo una tappa, dove il covid è stato l’ultimo tassello.
ⓢ Cosa è successo?
Ci siamo rintanati e abbiamo assistito a una crescita esponenziale di radio in giro per l’Europa e per il mondo, tutte legate a una un’identità abbastanza simile. Da questo sono nate le community radio: realtà che hanno messo al centro gli artisti che le compongono e che in un certo senso le hanno fatte nascere. Rappresentano scene locali ben definite che poi pian piano si sono aperte a un contesto anche internazionale e si sono sentite legate da logiche non commerciali, da una missione comune, da una passione smisurata per la musica.
ⓢ Mi racconti un po’ che cos’è ASCOLTO? Qual è il suo obiettivo?
ASCOLTO è nato ufficialmente lo scorso anno all’interno di Linecheck e nasce appunto come un summit internazionale per le community radio. Per alcuni giorni a Milano le principali realtà che compongono questo panorama internazionale hanno la possibilità di avere una piattaforma di incontro e di confronto, ma allo stesso tempo di presentare al pubblico anche le tante scene musicali che hanno al loro interno: un ecosistema musicale che esce dagli algoritmi e che nasce da una cura umana, su base locale, e rappresentativa appunto di queste comunità e di questi territori.
ⓢ Quando non c’è Linecheck le community radio come interagiscono tra loro?
In tanti modi e molti li abbiamo visti nascere qui. La forma più facile, per esempio, è quella di iniziare a condividere artisti o programmi, dopotutto per una realtà che si basa quasi unicamente sul lavoro volontario raccogliere show e programmazioni è naturalmente un aiuto importante. Poi ci sono particolari momenti di solidarietà e supporto, come quelli nati attorno alle realtà palestinesi. I motivi dunque non sono solo musicali, ma anche legati ai temi civili, alla società civile di cui appunto queste radio poi fanno parte.
ⓢ Ci sono delle iniziative di community building per condividere pratiche, artisti, strumenti?
Stiamo cercando di esplorarle in questi giorni. Su questo tema abbiamo due workshop specifici, uno dedicato alla tecnologia in condivisione e un altro invece dedicato alle iniziative transnazionali, dove presentiamo tre progetti per noi interessanti in questo senso. Uno è Independent Community Radio Network, una rete internazionale formata principalmente da community radio dell’area baltica, un altro è Cosmos, che invece è un’iniziativa di Le Guess Who, un festival olandese molto interessante. Infine c’è Reset!, un network internazionale di realtà che operano nel settore media e cultura indipendenti.
ⓢ In che modo chi ascolta interagisce con le radio?
La forma più semplice naturalmente è quella di connettersi e ascoltare. Al contrario dei media tradizionali però molto spesso le community radio sono degli spazi molto più aperti al dialogo, dove l’utente diventa anche un autore. Sono luoghi molto democratici in cui c’è più accessibilità e quindi non devi essere necessariamente un un dj professionista, un producer o un artista per avere uno show. Devi avere una bella idea, un buon gusto musicale e la radio ti dà lo spazio per esprimerti.
ⓢ Un modo per coltivare anche artisti emergenti, insomma.
È uno dei fattori più importanti. In questo momento le community radio sono uno degli strumenti fondamentali per gli artisti emergenti, perché fanno sperimentare, sono spazi più accessibili, più democratici e allo stesso tempo sono degli spazi “local” perché molto collegate alle scene e alle città che le animano. Inoltre, si connettono anche alla scena globale, promuovendoli nei fatti anche in un contesto internazionale.
ⓢ Un luogo fisico e digitale.
Esatto. Permettono di dare voce a nuove proposte, a suoni alternativi, a micro scene provenienti dalle varie nicchie sparse in giro per il mondo. Sono tanti piccoli universi ma collegati tra loro. Puoi essere a Milano, ma ascoltare la scena alternativa del Ghana o delle sonorità underground di Atene.
ⓢ Il web però è già una finestra sul mondo e tante piattaforme come i social, le webzine oppure le piattaforme di streaming lo permettono. Secondo te in che cosa le community radio sono diverse e migliori rispetto a queste?
Il punto fondamentale è che alla fine le radio si basano su una premessa molto semplice, cioè ascoltare musica e far ascoltare musica. È uno strumento che mette al centro l’amore per la musica e la diversità. Nelle piattaforme di streaming sei sempre tu a scegliere quello che vuoi ascoltare, anche se comunque ormai sappiamo bene che è una scelta che molto spesso viene indirizzata da un algoritmo con le sue logiche, con dietro i suoi interessi. Con la radio invece ti affidi a un’esperienza musicale curata da un’altra persona. Ti abbandoni e grazie a questo riesci a scoprire nuovi suoni.
ⓢ Ci sono delle realtà che secondo te sono particolarmente interessanti?
Molte di queste sono presenti a Linecheck. Per quanto riguarda l’Italia, su Milano due realtà molto importanti e molto consolidate sono Radio Raheem e Fritto Fm. Sono molto contento di aver coinvolto Oroko che è una radio del Ghana, con base ad Accra, ma molto collegata con l’Europa, diventando così uno strumento per dare voce a tutta la diaspora. E poi naturalmente c’è Radio Alhara, una radio con base in Palestina di cui si è si è parlato tanto e che ha sempre un ruolo fondamentale e ben rappresenta questo ecosistema.