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19:31 domenica 19 ottobre 2025
Hollywood non riesce a capire se Una battaglia dopo l’altra è un flop o un successo Il film di Anderson sta incassando molto più del previsto, ma per il produttore Warner Bros. resterà una perdita di 100 milioni di dollari. 
La Corte di giustizia europea ha stabilito che gli animali sono bagagli e quindi può capitare che le compagnie aeree li perdano Il risarcimento per il loro smarrimento è quindi lo stesso di quello per una valigia, dice una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea.
È uscito il memoir postumo di Virginia Giuffre, la principale accusatrice di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl e racconta tutti gli abusi e le violenze subiti da Giuffré per mano di Epstein e dei suoi "clienti".
È morto Paul Daniel “Ace” Frehley, il fondatore e primo chitarrista dei KISS Spaceman, l'altro nome con cui era conosciuto, aveva 74 anni e fino all'ultimo ha continuato a suonare dal vivo.
Dell’attentato a Sigfrido Ranucci sta parlando molto anche la stampa estera La notizia è stata ripresa e approfondita da Le Monde, il New York Times, il Washington Post, Euronews e l’agenzia di stampa Reuters.
Oltre alle bandiere di One Piece, nelle proteste in Usa è spuntato un altro strano simbolo: i costumi gonfiabili da animale Costumi da rana, da dinosauro, da unicorno: se ne vedono diversi in tutte le città in cui si protesta con Trump e contro l'Ice.
Secondo Christopher Nolan, non c’è un attore che quest’anno abbia offerto un’interpretazione migliore di The Rock in The Smashing Machine Quello del regista è il più importante endorsement ricevuto da The Rock nella sua rincorsa all'Oscar per il Miglior attore protagonista.
Dopo 65 anni di pubblicazione, Il Vernacoliere chiude ma non esclude il ritorno Lo ha annunciato su Facebook il fondatore e direttore Mario Cardinali, che ha detto di essere «un po' stanchino» e spiegato la situazione di crisi del giornale.

Caschetto d’oro

Vidal Sassoon inventava un taglio corto per il cinema. Merkel e Clinton lo rieditano per vincere.

15 Maggio 2012

Sorry I kept You Waiting Madam. Sarebbe iniziato così il peggior incubo di Vidal Sassoon, il couturier dei capelli scomparso pochi giorni fa che invece utilizzò questa formula di cortesia solo come titolo della sua prima autobiografia (del 1968).  Una frase che lui, nei suoi saloni da parrucchiere, non pronunciò mai perché  nella vita non fece mai aspettare nessuno: anzi, inventò un taglio che abolì la parola tempo. Vidal Sassoon fu un rivoluzionario la cui idea apparsa come magia nella Camden anni Sessanta, si conferma ancora oggi come amuleto prezioso. Specie in una campagna elettorale.

Less is more.  “Eliminare il superfluo per un risultato puramente architettonico”. Il miglior claim possibile Sassoon se lo creò da solo e in fretta. Perché pronta a rubargli il concetto (e l’estro) di un’uscita del genere c’era Mary Quant che negli stessi anni Sessanta e nella stessa Londra “fast and colored” accorciava gonne a trapezio tanto quanto Sir Sasson tagliava i capelli delle donne in un secco (e spigoloso) rigore. Una inventava la minigonna liberando le ginocchia delle donne, l’altro inventava il bob, quel meraviglioso termine e taglio per cui presto arrivò anche il verbo (to bob) che liberava le donne dal parrucchiere. Storia da Cenerentolo, la sua, che passa dall’orfanotrofio alla corte degli Studios, dove si inventa un ruolo chiave nella (Nuova) Hollywood. Di base la sua filosofia è riassunta dalla linea di prodotti per capelli chiamata semplicemente Wash&Go (di Procter &  Gamble) perché lui giocò contro se stesso (parrucchiere) portando le donne a tagliarsi i capelli una volta sola in un caschetto, azzerando obbligo di pieghe (e quindi saloni), bigodini e improbabili lunghezze da rimaneggiare (un taglio netto, chiaro che cresce ordinato). E soprattutto scopre il collo, lascia liberi gli zigomi, naturale eppure formale. Il mondo lo proclama genio quando realizza quel taglio, cortissimo e sensuale, che rende bellissima Mia Farrow una volta per tutte: il taglio platino di Rosemary’s Baby. «Eliminare il superfluo e incorniciare il viso. Tutto il resto non conta», racconta nel doc-film che Craig Teper gli dedica e che è stato presentato al Tribeca nel 2010.

L’outing di Hillary. Chi deve aver rivisto quel documentario prima della morte il 9 maggio di Sir Vidal, anzi, del Commanders of the British Empire (come gli conferì l’nel 2009 la Regina Elisabetta), è stata Hillary Clinton. Mentre la figlia sfilava (ancora) goffamente sul red carpet del Met per la mostra Schiapparelli-Prada con un principio di permanente, la madre faceva outing sui tabloid del mondo: occhiali dalle lenti ben spesse, rughe a contornare le labbra, collo morbido, fronte aggrottata e stanca e neppure un filo di correttore a tenere in piedi l’espressione, a compattarla. Addio make-up, il volto di Hillary Clinton si piega alla campagna elettorale in tutte le sue forme.  Unica arma a sua disposizione quella di Vidal: la velocità. E infatti finiti gli anni Novanta delle impalcature, delle banane, e dei tagli a fungo a mettere in risalto il collo allora tirato, il segretario di Stato ha subito chiarito quanti anni (64) servono per liberarsi e godere della filosofia Vidal, Wash & Go. E così lei con il carré (un po’ troppo cresciuto) è salita sul palco e ha iniziato a parlare, fiera di mostrare che se non aveva contemplato prima la rivoluzione di Vidal Sassoon, ora la capigliatura è la sua migliore alleata: un taglio lungo il giusto, poco phonato, semplicemente ben tagliato, perfetto per durare. A tutto. “Appare stanca”, “Abbandona la trousse” tutti chiosano che la débâcle la si vede anche da lì. Ma questa volta Hillary Clinton ha ben chiaro che fine fanno quelle che eccedono in rossetto. Che eccedono al punto da renderlo un soprannome difficile da digerire, come è successo a Sarah Palin che ostinata in un lungo castano sottovalutava i capelli (raccolti in una mezzacoda da weekend in campagna) a favore di un make-up perfetto: con matita per le labbra tanto in evidenza da permettere ai titolisti di scegliere tra Sarah Palin Pitbull o Sarah Palin Lipstick. A distanza di anni la signora Clinton sa che dietro a quelle definizioni c’era meno dietrologia del previsto. E lei ringrazia Vidal e si libera di rossetto e doppi sensi. Solo con una spazzola.

Le tedesche sono bionde. Difficile non pensare a Vidal Sassoon nella sua villa su Mulholland Drive che guarda la Cnn e storce le labbra davanti al primo piano della cancelliera tedesca. Perché Vidal Sasson, che ha messo le mani sulle teste più belle del mondo, creava e tagliava architetture perfette anche grazie a silhouette perfette. Angela Merkel non è forse la corporatura più facile da completare con un bel bob eppure da anni scende in campo decisa: con quel biondo cenere, il capello polveroso su quegli occhi azzurri annacquati. Una vecchia cartolina stinta da tailleur pastello?No, una smorfia da labbra all’ingiù incorniciata da un taglio rigido, infallibile. Il suo caschetto biondo che si concede una vezzosa frangetta è il riassunto della sua Germania. Lontanissimo dal biondo setoso della swinging London, eppure perfettamente in linea con la rivoluzione Sasson. Un taglio inattaccabile in qualunque visita di Stato, congresso, dibattito politico. Un biondo che negli ultimi mesi era apparso più “materno” reso ancora più morbido dalla piega che virava verso l’interno: così la Merkel rileggeva il bob. Non è un caso che per scendere in campo Hannelore Kraft abbia studiato l’estetica della Cancelliera. E abbia mostrato di aver capito bene l’avversario. Per portarsi a casa il Nord Reno-Westfalia, la Kraft si è presentata con un carré cresciuto, morbido ma perfetto nel tocco di biondo unito ai colpi di sole. Un taglio veloce e leggero, che trasmette una certa serenità. Troppa. Al punto che la Merkel allunga le distanze (tra spalle e capelli) e ritorna corta con un taglio puramente wash & go perché non c’è più tempo, neppure per quella piega materna che negli ultimi mesi non ha dato i risultati sperati. Meglio diventare più pratiche e tornare al corto. Più tempo per riconquistare il Paese, meno davanti allo specchio con bigodini sul fondo. Ha rimesso la testa a posto anche Callista Gingrich, tornata cattivissima nel look con quel taglio che Vidal giudicherebbe forse un po’ troppo contraffatto (nessuna ombra, un platino perfetto) e il bob di plastica, fermo in ogni sua piega, con tirabaci appoggiato a sottolineare il profilo aguzzo da megera. Spalle libere, pronte a (auto)definirsi grosse per sorreggere una campagna per future First Lady, sguardo fiero di aver fatto proprio il metodo infallibile. Un taglio per tagliare il tempo.

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