Carlo Acutis, il Millennial che la Chiesa non vedeva l’ora di fare santo

C'è la canonizzazione, avvenuta domenica 7 settembre. Ma attorno alla sua figura c'è anche un'operazione di "marketing", il suo culto è in parte pure commercio e turismo, come si vede nella città che lo ha adottato, Assisi.

08 Settembre 2025

Nel pantheon delle sante adolescenti martiri della purezza, da Laura Vicuña a Maria Goretti, mancava un giovane maschio e bianco che soppiantasse i corpi diafani e anacronistici di Domenico Savio e Luigi Gonzaga, cresciuti all’ombra di santi e ordini religiosi e canonizzati per religiosa osmosi. Carlo Acutis, al contrario, era un ragazzo laico, non era affiliato ad alcun ordine, malgrado oggi sa conteso da Francescani e Gesuiti. È quella ventata di freschezza che ha offerto alla Chiesa cattolica il miracolo di colonizzare il web, mare in tempesta e oscuro, finora navigato a vista.

Neppure Pier Giorgio Frassati, malgrado il suo stile senza dubbio moderno, in linea con la Torino pre-industriale e rampante, può reggere il confronto con la postmodernità di Acutis; il suo santino distribuito in piazza San Pietro durante la canonizzazione potrebbe essere una foto rubata alla nostra infanzia di Millennial. Sono trascorsi vent’anni dalla sua morte, eppure ci sembra un giovane dell’altro ieri, che in fondo è ciò che rende i Millenial e GenZ le generazioni custodi di un fuoco segreto.

Acutis piace anche ai giovanissimi, spinti dagli oratori come esempio da seguire. Ma la sua popolarità non è solo questione anagrafica o sociale, bensì il risultato di una strategia di comunicazione e marketing, che ha saputo sfruttare appieno i social. Tutti hanno sentito parlare di Carlo Acutis, e tutti lo conoscono soprattutto ad Assisi, la città che – confessò – lo rendeva felice, la rocca di Rufino che san Francesco ha spodestato quale nume tutelare incontrastato. Finora.

Acutis in tutte le lingue del mondo

Perché anche al poverello d’Assisi tocca dividere la città coi giovani santi emergenti. In fondo, san Francesco ha le sue declinazioni linguistiche: Francis, François, Franziskus. Acutis no, il suo è un cognome intraducibile, costringe tutti a pronunciarlo alla stessa maniera, che nella devozione popolare vuol dire tanto, perché suona come una promessa di Pentecoste in un mondo sempre più tendente alla Babele. Cruccio attualissimo quest’ultimo per papa Francesco, il promoter di Acutis, che si è occupato a più riprese della solitudine giovanile, esortando i giovani a uscire dal mondo virtuale pieno di apparenza. Ed è curioso che il simbolo scelto dal papa argentino sia un ragazzo che definiva Steve Jobs, padre della Apple, un mito digitale; ma tutto fa brodo in quel processo che lo studioso Patrick Michel definisce «starizzazione del santo», evidentissimo nei casi più mediatici dell’ultimo secolo, come Madre Teresa di Calcutta – ancora di più in questo santo, che farà scuola per essere stato oggetto della prima agiografia nata sul web e promossa dall’algoritmo. Neppure la santa albanese naturalizzata indiana può, infatti, eguagliare la popolarità trasversale di questo giovane millennial che fa tanti miracoli in Sudamerica ed è amato dai nordamericani, un po’ italiano un po’ inglese: nasce a Londra il 3 maggio 1991, e alla cerimonia di canonizzazione Michele, il fratellino che Carlo non ha mai conosciuto, legge la Prima Lettura in inglese.

Il carattere internazionale di Acutis lo rende, infatti, quel santo evergreen che la Chiesa tanto desiderava, il perfetto upgrade a un sistema da cui i giovani fuggono: secondo l’ultimo studio del sociologo Luca Diotallevi, in Italia solo il 10 per cento dei giovani fra i 18 e i 24 anni partecipa alla messa. E poco importa se Carlo dalla sua prima comunione non perdesse una celebrazione eucaristica – costringendo i suoi amici ad aspettarlo fuori la chiesa. Il suo disallineamento con la realtà dei giovani di oggi non è contemplato nelle agiografie, o forse rimane sospeso come quelle pretese troppo umane che nulla possono davanti al mistero della fede.

Nel caso di Acutis, questi dettagli sono quisquiglie visto che – concordano quasi tutti i commercianti – le vendite dei suoi souvenir stanno soppiantando quelli targati san Francesco. Basta fare un giro nel centro di Assisi: Acutis si è preso ogni centimetro di negozi, il suo sorriso pende assieme ai tao e alle acquasantiere, c’è chi gli dedica una vetrina con tanto di statue e gigantografie. Una manna, d’altronde, visto che il suo culto si lega a una passione per i miracoli eucaristici, col rosso della sua T-shirt in palette perfetta con l’oro degli ostensorî. Suo malgrado, Acutis è pur sempre figlio di Milano, la city del business e di san Carlo Borromeo, e l’oro degli oggetti liturgici è di gran lunga più vantaggioso del legno dei tao venduti a una manciata di euro.

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In fondo, anche il commercio religioso segue le tendenze pontificie, e se da piazza Santa Chiara a piazza del Comune è tutto un pullulare di statuine di Carlo Acutis che sembra di essere nella partenopea san Gregorio Armeno, l’esposizione di croci e sacra dorate racconta di un ritorno ai lustri liturgici dell’era post-bergogliana, in cui la simplicitas ridotta al minimalismo di Francesco può incontrarsi con la sobrietà sfarzosa di Leone senza sbavature e accontentando tutti. Come Francesco, Acutis è il santo che mette d’accordo tutti: i progressiti del web e i conservatori delle devozioni tridendine, e la città umbra che trasforma i simboli in nuovi paradigmi di fede, detta i trend delle nuove devozioni.

Certo, tutto questo è stato reso possibile grazie a Papa Francesco. È stato il pontefice argentino a vedere in questo Millennial l’esempio di radicalità dei giovani, una sorta di ribellione addomesticata dalla fede, che è poi il filo rosso che collega Acutis al poverello di Assisi. Non è un caso che, dopo la visita di Bergoglio alla città umbra nel 2013, siano iniziati i lavori per il santuario della Spogliazione, nuovo centro religioso della città, dal chiaro significato simbolico, come spiega padre Marco Gaballo, rettore del luogo: «Papa Francesco ha voluto evidenziare questo passaggio della vita del santo di Assisi perché, secondo lui, è un’icona molto potente per i giovani: uno che si spoglia di tutto per seguire la strada di Cristo, è esempio di radicalità giovanile». Come Francesco, anche Acutis viene da una famiglia ricca e il suo pauperismo non sbava col contesto: ha frequentato per un anno e tre mesi l’istituto Leone XIII, la scuola dei rampolli milanesi, dove – confessa una madre – «comprendi la differenza tra essere ricchi e benestanti». È curioso quanto il non detto nella biografia del giovane Carlo dica molto di più delle biografie, come la mancata risposta al perché si sia dato risalto a una scuola che il giovane ha frequentato poco rispetto all’Istituto delle Suore Marcelline.

Nessuno se lo chiede nella piazza antistante la chiesa di santa Maria Maggiore di Assisi, che è tutta un pullulare di giovani. Tanti i sudamericani – latinoamericani sono i due miracolati di Carlo – ma anche i nordamericani: giovani coppie Usa bianche ed eterissime, le donne con gonne altezza ginocchio e scollature sobrie, gli uomini in camicia abbottonata che starebbe bene con un cappellino Maga. Ci sono poi i giovanissimi europei portati in gita dagli oratori, perché chi non vuole vedere un santo così iconograficamente moderno?

Il santo che amava Steve Jobs

Ci sono giorni in cui la coda per entrare è un lungo serpentone, spiega padre Gaballo: «Il fenomeno è crescente in maniera macroscopica, non ci vuole un osservatore raffinato. Nel 2023 abbiamo registrato 550mila visite e nel 2024 quasi il doppio, con di 900mila nel 2024. Quest’anno rischiamo di superare il milione». Sono quasi tutti giovani quelli che visitano il nuovo santuario, e le ragioni spesso hanno poco a che fare con la devozione, perché Assisi è una città scomoda da visitare per una persona avanti con l’età, ammette padre Gaballo: «Quest’anno c’è stato un grande afflusso ad aprile, quando era stata fissata la canonizzazione in concomitanza col Giubileo dei giovani. Poi è morto Francesco». Ma è sulla tomba che il pop tocca il suo culmine, il corpo di Acutis esposto in una teca con la felpa North Face e le scarpe Nike, perché anche i santi hanno i loro idoli. In fondo, Philip Night, fondatore di Nike, potrebbe benissimo apprezzare questa santità: «Direi a quelli che non hanno ancora trent’anni di non accontentarsi di un lavoro, una professione, e neppure di una carriera. Di cercare una vocazione. Anche se non sanno cosa significa, la devono cercare. Seguendo la propria vocazione, la fatica sarà più facile da sopportare, le delusioni fungeranno da carburante, e proveranno soddisfazioni mai provate prima».

E poi, si sa, Acutis amava Steve Jobs – non adorava, quello si riserva solo a Dio. Difatti, lui e il Mac appaiono fra i bassorilievi del monumento tombale, scompattato in piccole istantanee che raccontano per immagini – o cliché – la vita del santo: Carlo che legge ll Piccolo Principe, Carlo con lo skyline di New York, Carlo coi suoi cani. Immagini sufficienti quel tanto che basta per consolare i boomer che non tutto è perduto se un santo può proporsi come modello sano per i giovani d’oggi. Ma siamo sicuri che i giovani cerchino sul web i miracoli eucaristici? Non ci sono risposte valide, la Chiesa in fondo spera che una rondine faccia primavera. Ad Assisi questa nuova rinascenza si respira, tra un souvenir e una scultura con Acutis che regge il computer e la pisside: «Ma perché poi?» si domanda qualche teologo perplesso. Poco importa: per la chiesa, Acutis ad Assisi sta già facendo miracoli.

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