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6 cose che hanno reso Blade Runner un film di culto

Atmosfere, stile, design, musica, tecnologia: mentre oggi esce il sequel di Villeneuve, abbiamo analizzato l'universo estetico del primo film di Ridley Scott.

di Valerio Coletta e Giuseppe Giordano

Inizialmente Blade Runner era un racconto d’amore tra un androide e un cacciatore di androidi interamente ambientato in uno spazio chiuso, fino a che un giorno Ridley Scott chiese allo sceneggiatore: «Cosa c’è fuori dalla stanza?». In senso materiale, fuori dalla stanza ci sarebbero stati truccatori, comparse, elettricisti, insegne al neon, automobili e centinaia e centinaia di altri oggetti e persone. In senso economico,  ci sarebbe stato un insuccesso commerciale che fece perdere ai produttori un sacco di soldi. In senso storico,  fuori dalla stanza ci sarebbe stata un’idea pessimistica di futuro che chissà per quanto ancora ci resterà addosso. Ma in senso artistico fu un miracolo. Denis Villeneuve sapeva di dover confrontarsi con un oggetto difficile quando gli è stato proposto di lavorare a Blade Runner 2049, ed è per questo che, all’inizio, ha declinato. Atmosfere, stile, design, musica, tecnologia: nei sei punti qui di seguito abbiamo provato a individuare le 6 cose che hanno fatto di Blade Runner un film così di culto.

 

LO SKYLINE
Le classi sociali più povere non sono ai margini della città, ma in basso, e quelle più ricche non abitano il centro, ma le punte degli edifici più alti. Al livello della strada c’è una «massa formicolante di poveri», come la definisce Hampton Fancher, uno degli sceneggiatori, una folla che «rispecchia perfettamente la severa gerarchia sociale del nostro mondo». Sopra le cose vanno un po’ meglio. La casa del protagonista Rick Deckard, al 97mo piano, è spaziosa e ben arredata. Il blade runner appartiene alla classe media.

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In periferia si stagliano due enormi piramidi in stile maya: è il “paesaggio Hades”, i sobborghi industrializzati che circondano Los Angeles nel 2019. L’ufficio di Tyrell è nella parte alta di uno dei due edifici gemelli e rappresenta il culmine della piramide sociale. Da qui è possibile allungare lo sguardo su tutto il panorama cittadino, una posizione molto privilegiata. «Il primo piano dell’iride blu all’inizio del film aveva un valore simbolico o soltanto letterale?», chiede il giornalista Paul Sammons a Scott, in un’intervista. «Penso che, intuitivamente, fosse molto vicino al concetto fondamentale di un’idea di Orwell», risponde Scott, «è come l’occhio del Grande Fratello…»«O quello di Eldon Tyrell?». «Oppure quello di Eldon Tyrell. Tyrell, in effetti, se fosse sopravvissuto, sarebbe certo diventato il Grande Fratello».

 

I NEON
Affacciati sulle strade fumose vediamo loghi fluorescenti che riconosciamo ad una rapida occhiata: Coca Cola, Budweiser, Atari, Pan Am. Parte delle aziende coinvolte nel product placement di Blade Runner hanno sperimentato grosse difficoltà economiche nei dieci anni dopo l’uscita del film e ciò ha alimentato la teoria di una “maledizione”. Quel che conta, però, non è se le multinazionali qui sopra siano ancora vive o in salute oggi. Piuttosto è importante capire come fossero estremamente redditizie negli anni Ottanta. Scott ha immaginato che sarebbero cresciute ancora e, fateci caso, nessuna di loro vende lo stesso prodotto di un’altra. L’economia sembra in mano a poche aziende, ognuna delle quali possiede la totalità del mercato a sua disposizione.

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LA MODA
Lo stile di molti dei personaggi creati da Scott ci racconta qualcosa, soprattutto riguardo al loro status sociale. Tutti i membri delle classi alte e medio alte vestono in modo classico, con uno stile Hollywood anni Quaranta. Deckard, il capitano della polizia Bryant, l’uomo degli origami Gaff, il dottor Tyrell e la femme fatale Rachael, oltre a dettare la linea noir del film, sono i personaggi più ricchi, o con il lavoro relativamente migliore. La decadenza del pianeta non ha intaccato il concetto di eleganza, seppure barocca in qualche caso, delle fasce più autorevoli e benestanti della comunità. Per i poveri è diverso. Le classi più basse in Blade Runner non si “vestono”, ma si “coprono”. Al di là di queste due fasce stilistiche più definite, il film è notoriamente abitato da una folla di personaggi eccentrici ed estremi, che danno al film quel famoso tono cyberpunk. 

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IL CITYSPEAK
Cosa succederebbe se milioni di persone da tutto il mondo si riversassero in pochi anni nella stessa città? «In massima sintesi possono capitare due cose», risponde Fabio Ardolino, un dottorando in linguistica, «convergenza o obsolescenza linguistica». «La convergenza linguistica è quando più lingue si influenzano creando un idioma nuovo». Quest’ultimo è il caso del cityspeak, la lingua più usata a Los Angeles nel 2019, un misto di spagnolo, francese, cinese, tedesco, ungherese e giapponese, che suona così: «Monsieur, ada-na kobishin angum bi-te» («Signore, dovete venire con me», la traduzione è quella di Samwell in Future Noir). «Si immagina», continua Fabio, «che le città come quelle di Blade Runner abbiano avuta una crescita esponenziale e velocissima, quindi parlanti diversi costretti in una stessa area e creazione di un idioma comune estremamente semplificato».

 

IL CIBO
Tutti gli animali che si intravedono nei chiassosi e labirintici mercati di Los Angeles, ma soprattutto la carne, il pesce e gli alimenti serviti ai chioschi e nei locali, sono artificiali, non sono “veri”. Guardando il film capiamo che le risorse della Terra sono quasi esaurite e l’uomo è alla ricerca di nuove materie prime, su altri pianeti. Ci viene detto inoltre che gli animali nati e cresciuti naturalmente sono creature rare e molto costose, un lusso per pochi. Contemporaneamente le masse brulicanti e vivissime che abitano il pianeta continuano a consumare e a dare voce ai propri istinti più umani e “naturali”, seppure sotto un’aura ombrosa e decadente.  

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IL TEST VOIGHT-KAMPFF
Il test Voight-Kampff è un duello uno-contro-uno di domande e risposte con cui un blade runner stabilisce se ha di fronte un essere biologico. Attraverso il test, il film mette a confronto chi è vivo e chi, in senso tradizionale, non lo è. Funziona così: il blade runner e il replicante si siedono l’uno di fronte all’altro; il blade runner comincia a porre dilemmi morali al replicante; una lente tenta di cogliere, inquadrando l’occhio, un ritardo nella reazione emotiva; un soffietto fa su e giù analizzando le particelle rilasciate nell’aria. Questa è l’unica tecnologia che permette di distinguere un essere creato dalla Tyrell da un uomo. In altre parole, potreste diventare amici di un replicante e frequentarlo per tutta la vita senza il minimo sospetto. Quando Roy lascia penzolare Deckard nel vuoto e chiede: «Bella esperienza vivere nel terrore, vero?», noi, come spettatori, siamo convinti che un sintetico è degno di vita quanto un uomo in carne e ossa. Non è una considerazione da poco, per diversi motivi. Uno di questi è che, se niente distingue gli androidi da noi, nel futuro di Blade Runner gli uomini hanno riprodotto la schiavitù.

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foto Blade Runner