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15:46 lunedì 24 novembre 2025
Dopo la vittoria del Booker, le vendite di Nella carne di David Szalay sono aumentate del 1400 per cento  Nel gergo dell'industria letteraria si parla ormai di Booker bounce, una sorta di garanzia di successo commerciale per chi vende il premio.
Un anziano di New York ha pubblicato un annuncio in cui chiedeva di venire a fumare una sigaretta al parco con lui e si sono presentate 1500 persone Lo smoke party improvvisato è stato lanciato dall’attore Bob Terry, che aveva anche promesso di offrire una sigaretta a chiunque si fosse presentato.
Sul canale YouTube di Friends sono stati pubblicati otto episodi mai visti prima dello spin off dedicato a Joey A vent’anni dalla cancellazione, la sitcom è stata pubblicata tutta quanta su YouTube, compresi gli episodi mai andati in onda.
È morto Udo Kier, uno dei volti più affascinanti e inquietanti del cinema europeo Attore di culto del cinema horror, Kier ha lavorato con tutti i grandi maestri europei, da Fassbinder a Von Trier, da Herzo ad Argento.
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.
Kevin Spacey ha raccontato di essere senza fissa dimora, di vivere in alberghi e Airbnb e che per guadagnare deve fare spettacoli nelle discoteche a Cipro L'ultima esibizione l'ha fatta nella discoteca Monte Caputo di Limisso, biglietto d'ingresso fino a 1200 euro.
Isabella Rossellini ha detto che oggi non è mai abbastanza vecchia per i ruoli da vecchia, dopo anni in cui le dicevano che non era abbastanza giovane per i ruoli da giovane In un reel su Instagram l'attrice ha ribadito ancora una volta che il cinema ha un grave problema con l'età delle donne. 

Amiche che sbagliano

Nel suo Le mie amiche streghe, Silvia Bencivelli colpisce le mode antiscientifiche con la loro stessa arma, smentendole con storielle da aperitivo.

23 Maggio 2017

È uscito in questi giorni Le mie amiche streghe, il libro di Silvia Bencivelli sulla moderna stregoneria, ovvero sulle ormai solite perversioni delle migliori amiche di tutte noi donne devote al pensiero scientifico occidentale: omeopatia, gluten free, chilometro zero, medicina cinese, e una torcia puntata sul pube per far girare i feti podalici. La cosa più sorprendente del libro è che, sebbene fondato sul principio che «se il pensiero scientifico può fallire, quello umano ha molta più probabilità di farlo», tocca nel segno soprattutto quando tratta la scientificità come modo di sentire. Un paradosso che spiego citando: «La natura non so se mi piace così com’è. Fosse stato per la natura, sarei stata destinata a invecchiare con un senso della vista molto poco efficace, o forse sarei morta bambina […] la medicina, che mi ha aggiustato […] e mi ha difeso da virus e batteri, ha fatto lo stesso anche con tutti i miei familiari, molti dei quali alla medicina devono la vita o almeno un bel pezzo di felicità». Sono le parti autobiografiche del testo, proprio per il loro personalismo e l’alto contenuto di emotività, i grimaldelli più efficaci contro la superstizione di amiche che ragionano in via aneddotica piuttosto che numerica, e dicono cose tipo «il corso di medicina tibetana mi ha fatto pensare tante cose profonde».

amicheQuesta terribile approssimazione, così ammaliante per chi mette i like alle notizie false e porta pettegolezzi di quinta mano a riprova di scellerate teorie, è attribuita nel libro al femminile, attraverso la parola «streghe» nel titolo. La moda delle bacche di Goji tibetane – e quella diametralmente opposta del chilometro zero – la rigidità sugli ingredienti di una centrifuga – salvo poi ammazzarsi di birra – il vezzo di leggere l’oroscopo – ma solo quello di Brezsny – non risparmiano di certo gli uomini, ma qui il focus è sulle donne (acculturate, benestanti, laureate in materie scientifiche), le mitiche lettrici forti, le grandi paroliere così sensibili all’affabulazione dell’umano; ecco, così sensibili alle storie. L’idea geniale del libro della scienziata Bencivelli è quella di rispondere a questo attualissimo bisogno aneddotico non tanto, a mio avviso, femminile, quanto sintomatico dell’era della post-verità e dei social network. In pratica, l’autrice trasforma le storie degli studiosi che hanno disonestamente diffuso superstizioni, in comode e appassionanti storielle da aperitivo: l’unico format che le sue amiche ricercatrici e anestesiste (ma in generale, direi, l’umanità contemporanea) sono ormai in grado di gestire, a forza di leggere in rete spazzatura del calibro di “dieci ragioni per cui non dovresti mangiare tonno”.

Scrive Bencivelli: «Ti presento il mio qualunquosopata, io lo adoro!». E ci sembra di riconoscerle, le amiche del libro: il medico che cura i figli di nascosto con l’omeopatia, il chimico che usa l’aggettivo “chimico” per dire nocivo, mentre “biologico” (che, linguisticamente, indicherebbe solo un’altra branca della scienza) è sinonimo di sano. Ecco i personaggi iper-realistici e alla moda che diffondono ignoranza e genericità, solo per abbeverare il loro spirito alle fonti dell’ortoressia e del buddhismo (ma a questo bisogno di fantastico, non suppliscono già la letteratura, il cinema, l’arte?). Siccome il potere dei complotti è tutto narrativo, meglio non combatterlo con grafici e numeri, ma con racconti alla Instagram story sulle amanti degli scienziati, o le notti passate in laboratorio a manipolare i dati degli esperimenti per tornaconto personale, come nel caso del medico che ipotizzò la connessione tra vaccini e autismo dopo aver preso accordi con l’avvocato di alcune famiglie di autistici. Beh, se si tratta di complotto, comincia a interessare a tutti, no? Colpire i naturopati con la loro stessa arma: sapevate che “Medicina Tradizionale Cinese” è un brand inventato da Mao Tse-tung per mantenere il popolo in una superstiziosa arretratezza? Ecco che qualcuno si mette in ascolto.

Young Witch

Il nòcciolo del problema è di tipo squisitamente narrativo, e di linguaggio: per le amiche streghe dell’autrice, “moderno”, “occidentale” e “ufficiale” sono parole cattive. La parola cinese dopo “vestiti” e “cucina” è male, mentre dopo “medicina” è bene. L’aggettivo “antica” va naturalmente a sostegno della pratica dell’agopuntura, ma non si sente mai dire che anche «la nostra medicina occidentale ha circa ventisei secoli, ed è il sapere più tradizionale che abbiamo». «A Ippocrate, dobbiamo l’idea che quando si parla di salute, il misticismo non c’entra. Prima di Ippocrate ci si rivolgeva agli dèi, dopo Ippocrate basta sciocchezze». E invece niente, ventisei secoli dopo, sei lì che ti leggi un saggio sulle nuove tecnologie alla Feltrinelli, e un tizio attacca bottone a proposito dei microchip sottopelle che gli americani sparano dal cielo per farci ammalare di cancro; lavori con massima serietà assieme a una deliziosa musicista del conservatorio, e quella vuole farti la mappa astrale, o come si chiama; affidi mezz’ora tuo figlio alla vicina laureata, e vedi che sulla credenza tiene l’oscillococcinum, cioè una bollicina d’aria che qualcuno ha visto oscillare nel vetrino di un microscopio a inizio Novecento, battezzandola “pallina che oscilla”. Allora ti chiudi in casa per evitare contatti umani, ma per sbaglio metti il dito sull’app di Facebook e vedi che tua cugina, ai tempi discreta studentessa, condivide l’articolo che accusa le ong di accordarsi con gli scafisti. Spegni il telefono e vai a mangiare con un collega, ma è una pessima mossa. L’alimentazione, infatti, in quanto moda delle mode, è praticamente il bandolo della matassa delle fisime e stregonerie dei nostri tempi: «C’è sempre il momento di analisi di quello che hai nel piatto, potresti avere nel piatto, eviti di avere nel piatto, con compita spiegazione agli astanti, che ti ascoltano solo perché stanno aspettando il loro turno per parlare del proprio problema alimentare».

Uno dei tic linguistici più diffusi del nostro presente è proprio l’“io sono una persona che”: mi viene sempre da dire, senti, persona che crede nella mobilità sostenibile, perché non agganci la bici al palo e taci? Tu sei una persona che, mi viene da dire, pretende di passare per buona solo perché non mangia maiale. Tu sei una persona convinta che le mode sanitarie (no antibiotici), alimentari (no zuccheri) ed estetiche (no cellulari) possano comodamente rimpiazzare l’etica di un individuo. É il bisogno, così feisbucchiano, di rientrare nelle poche categorie disponibili, mentre, dice Bencivelli, «in me è forte il desiderio di sentirmi libera di diventare ogni volta una persona diversa», perché «le contraddizioni sono importanti nei nostri pensieri», mentre ormai nessuno vuole più capire e cambiare idea, ma confermare quel che già crede di sapere. La questione c’entra dunque col modo in cui usiamo le parole, ma anche col bisogno di parlare per ribadire chi siamo.

Le mie amiche non-streghe, invece, non dicono “sono vegetariana”, ma “grazie, oggi non mi va l’hamburger”; e non arringano le folle che vivono in campagna perché hanno fatto una scelta. Essere persone giuste non è una scelta, ma un modo di essere incontrovertibile, e parte integrante della bontà di una condotta è la discrezione che l’avvolge. Calvino ha scritto che «le imprese che si basano su una tenacia interiore devono essere mute e oscure; per poco uno le dichiari o se ne glori, tutto appare fatuo, senza senso, o addirittura meschino».

Immagini Hulton Archive/Getty Images
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