Hype ↓
01:26 sabato 15 novembre 2025
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.
Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.
Nel primo teaser del Diavolo veste Prada 2 si vede già la reunion di Miranda e Andy Le protagoniste salgono insieme sull’ascensore che porta alla redazione di Runway, riprendendo una scena cult del film originale.

Contro Banksy

Ecco perché non possiamo considerare "arte" i lavori di uno dei più famosi artisti del mondo.

08 Ottobre 2018

A odiare Banksy non sono certo soltanto io. Già nel 2006, sul Guardian, Charlie Brooker sfogava la sua rabbia. Secondo lui, Banksy, che aveva iniziato da un po’ a disseminare sui muri delle città stencil dei protagonisti di Pulp Fiction con le banane al posto delle pistole, funzionava perché, molto semplicemente, il «suo lavoro sembra incredibilmente intelligente agli idioti». Se 12 anni dopo l’editoriale lucido e incazzato del povero Brooker, il lavoro di Banksy continua a funzionare, e anzi ha raggiunto un valore economico ai tempi insospettabile, è forse perché gli idioti sono sempre la maggioranza e perché adorano sentirsi intelligenti (ma solo un po’, non troppo). In questo Banksy è perfetto: le sue idee danno alla nostra mente la versione instupidita, indebolita e semplificata del piacevole, simpatico pizzicotto che riceve dalla campagna pubblicitaria di Armando Testa per Esselunga (con la differenza che quest’ultima è geniale e ha fatto la storia della pubblicità). Il funzionamento, però è lo stesso: in un dato contesto, un dettaglio viene modificato, creando un effetto comico o straniante.

Che un’opera appena venduta si trituri da sé è un’idea così semplice che sembra il finale di un racconto di Topolino sull’arte contemporanea (senza nulla togliere agli autori di Topolino, anzi: loro sì, sono tutti bravissimi). Il dato interessante è che, in diversi articoli comparsi in questi giorni, chi critica quest’azione ne considera le incongruenze (guardando il dito e non la luna). Riassumendo: nel momento esatto in cui la “Bambina con il palloncino” è stata venduta (da Sotheby’s, per circa 1,1 milione di dollari – qualcuno ha ipotizzato che l’acquirente fosse Banksy stesso) un trita-documenti nascosto nella cornice si è attivato, riducendo a listarelle poco più di un terzo della stampa. Il video dell’incidente pubblicato sull’account Instagram di Banksy accanto alla citazione «La voglia di distruggere è anche un impulso creativo» mostra che la cornice del dipinto non ha nessun filo collegato. TechCrunch sottolinea come l’opera in questione sia stata venduta nel 2006, il che significa due cose: o i componenti interni e la batteria sono durati 12 anni oppure il dispositivo è stato innescato prima dell’asta da qualcuno che lavora per conto dell’artista. Altro fatto che attanaglia la coscienza di molti: è praticamente certo che, in seguito al teatrino messo in scena dall’artista, il valore dell’opera sia notevolmente aumentato.

Il famoso pezzo di Banksy sulla barriera di separazione israeliana a Betlemme, realizzato nel 2005 (foto di Markus Ortner, Wikipedia)

L’arte può anche essere pop (Andy Warhol, Jeff Koons, Maurizio Cattelan, Damien Hirst: tutti ottimi artisti) ma non può essere banale. Se la deriva pop di Frida Kahlo può essere letta come la banalizzazione dell’autobiografia e quella di Magritte la banalizzazione del surrealismo (presto anche i suoi quadri si presteranno, sedati e rincretiniti come gli orsi del circo, a garantire il divertimento domenicale – ma istruttivo – alle famiglie iperattive: apre domani Inside Magritte. Emotion Exhibition, mostra multimediale alla Fabbrica del Vapore), quella di Banksy è la banalizzazione della cosiddetta critica istituzionale, una pratica artistica che gli adoratori di Banksy sicuramente ignorano.

Il primo a prendere per il culo la gente dei musei (e nei musei) fu Marcel Duchamp 101 anni fa, esponendo un urinatoio, firmandolo con un nome non suo e chiamandolo “Fontana”. Basta risalire la linea del tempo fino a oggi per trovare tanti altri nomi meno conosciuti e altrettanto interessanti, che nella seconda metà del Novecento iniziano a studiare le modalità di produzione e di esposizione dell’opera d’arte, mettendo in discussione il sistema dall’interno. Citando dal testo di Paola Nicolin “L’arte delle mostre”, pubblicato da Treccani: «Con il termine critica istituzionale si è assistito alla messa in scena di installazioni che, dentro all’istituzione, hanno cercato di mostrare la finzione delle narrazioni e degli investimenti ideologici dei loro mecenati (per es., Daniel Buren, Hans Haacke, Marcel Broodthaers, Michael Asher), di esaminare il linguaggio della rappresentazione e il valore dato all’originalità (Barbara Kruger, Louise Lawler, Sherrie Levine, Barbara Bloom) o, nel caso di artisti come Andrea Fraser o Antoni Muntadas, di lavorare nelle stesse istituzioni forzandone i limiti di resistenza dall’interno. La ricerca in questo inizio di secolo sta proseguendo con i lavori di artisti quali, per es., Thomas Hirschhorn». Qualcuno ha per caso visto il nome di Banksy in questa lista?

Un dettaglio del “parco divertimenti” di Dismaland, 2015

A differenza di lui, Frida Kahlo e Magritte non hanno colpe (e non perché sono morti). La ricerca artistica di entrambi si è forse indebolita nel tempo: i loro quadri, però, sono invecchiati con dignità (basta guardarli dal vero per capirlo). Se le mostre interattive, le tazze, i mousepad, i poster, ecc. li hanno resi carne da macello, non è colpa loro. Hanno fatto il loro lavoro con umiltà. Il caso di Banksy è diverso: la sua colpa è di essersi impossessato dei meccanismi di una pratica che mira a mettere in discussione le dinamiche del sistema artistico dall’interno (in maniera consapevole, lucida e sofisticata) e averli trasformati in interventi “politicamente impegnati” e quindi offensivi, perché approfittano di conflitti e tragedie per fare della morale sterile e completamente inutile, che aiuta soltanto chi desidera sentirsi con la coscienza a posto a … sentirsi con la coscienza a posto.

Azioni che non sollevano pietre mostrando i vermi delle complessità, delle contraddizioni e degli orrori, ma li semplificano cacciandoli ancora più a fondo, e dicono: «Io sono buono e sto dalla parte dei buoni, se capite quello che ho fatto e ne parlate siete tra i buoni anche voi». Nel suo parco divertimenti “al contrario”, Dismaland (2015), tutto era sporco, brutto, decadente e deforme. Cosa significa? Che il capitalismo è una merda? E l’opera che si autodistrugge non appena viene venduta? Cosa ci vuole rivelare? Che il mondo delle aste è il frutto di speculazioni e giochi di prestigio? Come diceva l’inascoltato Brooker nel lontano 2006: «Grazie mille, Banksy, ci hai mostrato la verità».

Articoli Suggeriti
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film

Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.

Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni

Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.

Leggi anche ↓
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film

Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.

Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni

Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.

È uscito il primo trailer di Marty Supreme, il film sul ping pong con cui Timothée Chalamet punta a vincere l’Oscar

Il film di Josh Safdie è stato accolto con entusiasmo dalla critica e il suo protagonista è già lanciatissimo verso la statuetta per il Miglior attore. 

È morto Homayoun Ershadi, leggendario attore iraniano che Abbas Kiarostami scoprì a un semaforo

Il suo ruolo nel Sapore della ciliegia lanciò una carriera iniziata per caso: nonostante il successo, non si è mai sentito un vero attore.

Il nuovo libro di Olivia Laing è un Mr. Ripley con dentro Fellini e Pasolini

In Specchio d'argento, il secondo romanzo di una delle voci più riconoscibili della non fiction contemporanea, Roma e Cinecittà si trasformano in terre dell’illusione, dove tutti stanno fingendo qualcosa.

Hbo ha annunciato che V per Vendetta tornerà, stavolta come serie tv

Del progetto al momento si sa pochissimo, ma è già stato confermato James Gunn nel ruolo di produttore esecutivo.