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La vita e la carriera del giovane Gigi D’Alessio diventeranno un film Il biopic si intitolerà Solo se canti tu e a interpretare D'Alessio sarà Matteo Paolillo, meglio noto come Edoardo Conte di Mare fuori.
1300 registi, attori, sceneggiatori e lavoratori del cinema hanno firmato un appello per boicottare l’industria cinematografica israeliana Tra questi anche Yorgos Lanthimos, Olivia Colman, Tilda Swinton, Javier Bardem, Ayo Edebiri, Riz Ahmed e Josh O’Connor.
Il tentativo del governo nepalese di vietare i social è finito con 19 morti e le dimissioni del Presidente del Consiglio In 48 ore il Paese è piombato nel caos, il governo è stato costretto a fare marcia indietro e a chiedere pure scusa.
Una giornalista italiana ha scatenato un putiferio per non aver coinvolto Ayo Edebiri in una domanda su MeToo e Black Lives Matter Argomenti sui quali ha preferito interpellare Julia Roberts e Andrew Garfield, gli altri due protagonisti di questa intervista a tre fatta durante la Mostra del cinema di Venezia.
È morto Stefano Benni, inventore del Bar Sport, amico di Daniel Pennac, “performer” con Nick Cave e tante altre cose Romanziere, giornalista, drammaturgo: in ogni sua veste Benni ha saputo raccontare l’italianità, una battuta alla volta.  
A Varsavia hanno aperto una biblioteca in metropolitana per convincere i pendolari a staccarsi dal telefono e leggere invece un libro Si chiama Metroteka e mette a disposizione dei pendolari 16 mila titoli e un sistema di prelievo e restituzione funzionante 24 ore su 24.
Dopo la beatificazione, su Reddit ci si chiede se la PlayStation di Carlo Acutis possa essere considerata una reliquia Domanda alla quale è difficile rispondere, perché ne esistono di diversi tipi e tutte devono essere autenticate dalla Chiesa.
Dopo anni di tentativi falliti, finalmente Call of Duty diventerà un film Grazie a un accordo tra Paramount e Activision, una delle più importanti saghe videoludiche di sempre arriverà sul grande schermo.

Ritratti e autoritratti di Annie Leibovitz

Il rapporto con Susan Sontag, gli inizi con Rolling Stone: storia di un'artista e delle sue fotografie, in occasione dell'apertura della mostra Women a Milano.

09 Settembre 2016

Non è un autoritratto la foto del 2001 di Annie Leibovitz a cinquantuno anni, nuda, con la pancia di nove mesi e il seno rotondo come quello di qualsiasi donna incinta. Dai crediti si capisce che l’ha scattata Susan Sontag. Chissà se è stata una sua idea, quella di farle togliere gli inseparabili occhiali da vista e appoggiarli sul letto. Susan Sontag morirà poco tempo dopo, nel 2004, e la foto, che probabilmente era nata come scatto privato, finisce nel libro che Annie Leibovitz si ritrovò a mettere insieme cercando, tra gli amici e nel suo archivio, immagini per un libretto da regalare dopo il funerale.

Dentro A Photographer’s Life 1990-2005, di cui Leibovitz ha parlato come del lavoro a cui tiene di più, ci sono foto di celebrità come quella, ultra-famosa, della cover di Vanity Fair americano dell’agosto del 1991 con Demi Moore nuda e incinta di sette mesi (anche questa pensata per uso privato e scattata alla fine di una giornata di ritratti limitati al viso). E poi le rovine di Ground Zero con il fumo che sale, reportage da altre zone di guerra, paesaggi e immagini dei genitori di Leibovitz, della madre e della sorella abbracciate poche ore dopo la morte del padre, e quelle di Susan Sontag durante la malattia e poi del suo corpo disteso su un lettino, pronto per essere trasportato a casa, a New York, da Seattle dove stava cercando di curarsi. E del suo corpo qualche giorno dopo, se possibile ancora più morto, dentro a uno strano vestito lungo a pieghe.

WOMEN: New Portraits By Annie Leibovitz,

Leibovitz non era certa del fatto che fosse giusto pubblicarle, ma poi deve essersi detta che andava bene accostarle alle foto della loro vita felice, come quella di Sontag che gioca con la figlia Sarah sulla spiaggia. I quindici anni del libro sono gli stessi in cui Leibovitz e Sontag sono state insieme, abitando a New York in due appartamenti uno di fronte all’altro. Non si dicevano fidanzate: «Parole come compagna o partner non facevano parte del nostro vocabolario», ha raccontato Leibovitz in un’intervista. «Eravamo due persone che si aiutavano l’una con l’altra». E con Sontag aveva iniziato, nel 1999, a lavorare al progetto Women (commissionato alla fotografa da UBS), il cui seguito è in mostra dal 9 settembre a Milano: «E pensare che all’inizio non volevo farlo, mi appariva immenso e mi spaventava».

Annie Leibovitz, nata nel 1949 nel Connecticut da una famiglia di ebrei emigrati dalla Romania, è la terza di sei fratelli: «Deve essere per questo che quando parlo tendo ad alzare troppo la voce» ha detto. La madre era un’insegnante di danza, il padre un colonnello dell’esercito e seguendolo la famiglia era costretta a spostarsi spesso in giro per il mondo.

WOMEN: New Portraits by Annie Leibovitz

A diciassette anni Leibovitz va a studiare arte a San Francisco, e presto si rende conto di preferire, a tutto il resto, la fotografia: «Nel 1967 e nel 1968 mi sembrava che fosse l’ambiente della fotografia in cui c’era un maggior senso della comunità», ha raccontato poi. Manda due o tre scatti a Rolling Stone, che ha appena cominciato a uscire, e viene chiamata a lavorare: «A quel tempo Rolling Stone era un rag», ha detto, «una specie di tabloid di serie b». Tra un pezzo e l’altro di Lester Bangs o di Hunter S. Thompson, Leibovitz si esercita con i ritratti: «All’epoca non davo peso al concetto di profondità. Mi limitato a prendere i soggetti e a sbatterli contro un muro, o a buttarli per terra». Nell’ottobre del 1980, quando è ormai a capo del reparto fotografia, va da John Lennon per una copertina. Lei lo vorrebbe da solo, lui insiste che ci deve essere anche Yoko Ono.

Ne viene fuori una delle foto più famose del Novecento: Yoko Ono è vestita e ha addosso il rampicante Lennon, nudo, bianco come un feto troppo cresciuto o un Alien sbaciucchione: «È un’immagine molto strana, e sapere che Lennon fu ucciso quello stesso giorno ne cambia totalmente il senso». Poco tempo dopo inizia a lavorare per Vanity Fair e per Vogue Usa. Da qui diventa proprio la fotografa ufficiale dei potenti e famosi, dalla regina Elisabetta a Kanye West e Kim Kardashian, tanto per citare qualcuno. Nel 2006 aveva fotografato Melania Trump ai piedi di un aereo privato, aveva il pancione e indossava un bikini dorato e tacchi a spillo. Il marito era dietro di lei, in un’auto sportiva, lo sportello aperto e i capelli seminascosti dal tettuccio: «L’ho sempre considerato materiale perfetto per immagini folli», ha detto Leibovitz. «Non l’ho mai preso troppo sul serio, e sono ancora della stessa idea». Tifa per Hillary Clinton, che negli anni ha ritratto moltissime volte. Oggi tra i suoi soggetti preferiti ci sono Lena Dunham e Amy Schumer, che ha ritratto insieme con Mark Zuckerberg, Travis Kalanik di Uber e altri per l’annuale New Establishment List di Vanity Fair.

Gira il mondo con Gloria Steinem per esporre le foto di Women. Dopo la prima figlia ha avuto, con un po’ di aiuto, altre due gemelle. Ama Miuccia Prada, e vorrebbe fotografare Elena Ferrante: «Tanto non la riconoscerebbe nessuno». Quanto a lei, si faceva fotografare volentieri da una persona soltanto, così vicina al cuore da farlo diventare un autoritratto.

Nelle fotografie: Annie Leibovitz in occasione dell’esposizione di Woman a Londra e Hong Kong; l’esposizione Woman nei locali di Milano (Getty)
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