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18:57 martedì 16 settembre 2025
Dopo i meme, i videogiochi, le carte collezionabili e gli spettacoli a Broadway, adesso l’Italian Brainrot arriva anche nei parchi giochi italiani Da fenomeno più stupido e interessante di internet alla vita vera, al Magicland di Valmontone, in provincia di Roma.
È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.
La prima puntata del podcast di Charlie Kirk dopo la sua morte è stata trasmessa dalla Casa Bianca e l’ha condotta JD Vance Il vicepresidente ha ribadito che non ci può essere pacificazione con le persone che hanno festeggiato o minimizzato la morte di Kirk.
Tra i film candidati a rappresentare l’Italia all’Oscar per il Miglior film internazionale ci sono praticamente tutti i film usciti in Italia quest’anno Tranne La grazia di Paolo Sorrentino, ma non per volontà: la sua assenza è solo una questione burocratica.
A Lampedusa sono arrivati tre immigrati palestinesi a bordo di una moto d’acqua I tre hanno usato ChatGPT per pianificare la rocambolesca fuga verso l’Europa, seminando le motovedette tunisine per arrivare in Italia.
Il concerto in Vaticano per il compleanno del Papa è stato uno degli show più assurdi di sempre La collabo Bocelli-Pharrell, i Clipse primi rapper a esibirsi in Vaticano, i droni del fratello di Musk, lo streaming su Disney+ e la diretta su Tv2000: è successo davvero.
L’ultima tappa della Vuelta di Spagna è stata annullata perché 100 mila manifestanti pro Palestina hanno invaso le strade A causa delle proteste non c'è stata nessuna cerimonia di premiazione, niente passerella finale e né festeggiamenti ufficiali.
Javier Bardem si è presentato con la kefiah al collo sul red carpet degli Emmy L’attore spagnolo ha chiesto la fine del blocco agli aiuti umanitari, guidando una folta schiera di star che hanno parlato della Palestina agli Emmy.

Dire a una persona che quello che ha scritto sembra scritto dall’AI adesso è un’offesa e si chiama AI shaming

Ed è anche un insulto classista, come si legge in un paper appena pubblicato e dedicato a questa delicata questione.

24 Luglio 2025

Scrivere male, con un tono privo di carattere e comunicando in modo prevedibile, o chiedere all’AI di farlo al posto vostro per una questione di pigrizia o ansia da prestazione, non è più un limite letterario ma il risultato dell’ingiustizia sociale. La curiosa posizione è stata dibattuta in un serissimo paper che fotograferebbe nientemeno che la nascita di un nuovo slur, un’espressione o un termine spregevole e discriminante, di stampo classista. 

La colpa di cui non bisogna macchiarsi? Dire a un collega o a un amico che scrive in maniera così noiosa e poco incisiva che i suoi testi sembrano generati dall’intelligenza artificiale o di averla usata per scrivere una mail dal tono robotico e impersonale. Accademici, ricercatori, professori e studiosi hanno cominciato a tirarsi frecciatine l’uno l’altro, accusandosi di usare l’intelligenza artificiale a mo’ di sfotto. Un modo abbastanza discreto e molto anglosassone per suggerire che lo stile di scrittura dell’altro lascia molto a desiderare: d’altronde chi vorrebbe sentirsi dire che scrive in quel modo così rigido, ripetitivo e un po’ servile che rende immediatamente riconoscibile il tono da AI? 

Sarebbe una canzonatura di poco conto, non fosse che alcuni si sono offesi sul serio. La loro indignazione ha generato i primi dibattiti e paper accademici sul tema. L’ipotesi è questa: sottolineare che lo stile di qualcuno ricorda quello dell’AI o, peggio, che l’AI è stata utilizzata per incapacità, sarebbe un insulto classista. Chi sottolinea che gli altri utilizzano l’AI anche laddove non necessario si macchierebbe dell’odioso crimine di AI shaming. Le classi medio-alte, insomma, farebbero della capacità di esprimersi in maniera chiara, corretta e magari anche gradevole nella lingua scritta una questione di privilegio, esponendo a canzonature e imbarazzi chi, per svantaggio sociale, non ha una scrittura altrettanto incisiva e piacevole. 

Insinuare dunque che una mail o un paper sembrano scritti da un’AI sarebbe, insomma, un modo per limitare l’accesso al mondo della cultura e della conoscenza solo a chi ha avuto la fortuna, il privilegio, di nascere con un certo talento per la scrittura e di avere avuto tutti gli strumenti e le occasioni per coltivarlo, questo talento. Una posizione curiosa e che sicuramente farà discutere, considerando quanto è recente l’avvento delle l’intelligenza artificiale: sembrava un po’ presto per imputare a loro le nostre carenze espositive e sintattiche, ma a quanto pare non è così. 

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