La band hip hop irlandese viene da anni di provocazioni ed esagerazioni alle quali nessuno aveva fatto troppo caso, fin qui. Ma è bastata una frase su Gaza, Israele e Stati Uniti al Coachella per farli diventare nemici pubblici numero 1.
La vita in un quadro di Hopper
È Shirley – Visions of reality, che attraverso l'animazione dei dipinti del pittore statunitense mostra la vita della protagonista in movimento. Un film vero e proprio, ma che parte dalla tela.

Edward Hopper, vedi alla voce: pittori più inflazionati di tutti i tempi. Quelli che finiscono – insieme alle ninfee, ai girasoli, agli angioletti già grandi protagonisti delle magliette di Fiorucci – sulle agendine per adolescenti con velleità culturali, nelle cornici esposte in pizzeria sopra il buffet degli antipasti, sulle copertine di classici della letteratura a 0,99 euri. Poi vedi Shirley –Visions of reality e la prospettiva cambia. Perché Hopper non è inflazionato: è lui stesso che ha inflazionato una realtà che già esisteva, e che qualcuno ha sempre abitato.
Shirley è uno dei gioielli del Trieste Film Festival in corso fino a mercoledì 22, titolo ospitato nella sezione curata in collaborazione con Sky Arte, Trieste ArtHouse (il pubblico lo vedrà lunedì 20 alle 20:30 al Teatro Miela). Parte dall’arte per distruggerla, o forse comincia dalla sua stessa distruzione per crearne di nuova. Visioni del reale: perché Shirley, fotografata in tredici quadri della sua vita di attrice mancata, moglie delusa, donna in cerca d’emancipazione, proprio dentro ai quadri di Hopper vive, ora a New York ora in gita al faro di Cape Cod, fino a Parigi, tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta, viaggiando tra storie e Storia con uno sfondo che resta immutato, sempre uguale. Come una tela di Hopper, appunto, che sia un ufficio di Madison Avenue o il famoso (inflazionato) notturno al bancone del bar. È l’intuizione del bravo regista Gustav Deutsch, austriaco a dispetto del nome, far prendere vita a quadri che altrimenti sarebbero rimasti su quelle agendine per adolescenti.
Tutto, alla Trieste ArtHouse, sembra voler essere distrutto. Vedi pure l’illustre e folle videoartista tedesco Ulay del Progetto cancro, che autoinstalla se stesso e il suo corpo in un viaggio che va dal calvario della chemioterapia al saluto degli amici.
Visioni della realtà, a dispetto dell’arte fine a se stessa, insegna un festival di confine che mette insieme pezzi di paesi diversi, la Mitteleuropa che vedi anche sulle facciate dei palazzi e i sapori della vicina terra slava, come il malbec che ti servono a cena.
Poi esci dal cinema, fai due passi fino in Piazza Unità d’Italia, quella che ha uno dei quattro lati fatto di mare e di bora, le pozzanghere che riflettono i lampioni, e l’ombrello che tira. E t’immagini improvvisamente dentro un quadro di Jack Vettriano, vedi alla solita voce: pittori più inflazionati di tutti i tempi. Suggerimento per visioni del reale future, perché no. Dopotutto, sarebbe un altro film inflazionatissimo, bellissimo.
Nell’immagine, una scena del film

La band hip hop irlandese viene da anni di provocazioni ed esagerazioni alle quali nessuno aveva fatto troppo caso, fin qui. Ma è bastata una frase su Gaza, Israele e Stati Uniti al Coachella per farli diventare nemici pubblici numero 1.

Ancora più dei suoi romanzi precedenti, Vanishing World , appena uscito per Edizioni E/O, sembra scritto da una macchina senza sentimenti che ci mostra tutte le variabili possibili e immaginabili della stupidità umana.