Il premio Pulitzer 2023 è stato l'argomento della prima chiacchierata della loro relazione, ha rivelato la pop star.
Fino a quando non mi sono imbattuta in un suo video musicale, Addison Rae era un nome che avevo già visto circolare sui social ma che confondevo con altri, quelli più o meno intercambiabili delle varie ragazze dotate di “TikTok face” (traduzione: viso fotogenico e videogenico) e “body tea” (traduzione: corpo sexy) che fanno i balletti su TikTok accumulando milioni di visualizzazioni e suscitando l’invidia e/o l’attrazione e/o il disprezzo di chi le guarda (si possono provare anche tutte e tre le cose insieme). È stato il video di “Diet Pepsi” a interrompere il mio scrolling, poco meno di un anno fa: il bellone con croce al collo che guida la macchina, lei che è la sua baby, la Pepsi, la bandiera americana, la musica sognante e sensuale, il testo sessuale («Losing all my innocence in the backseat»): un plateale e neanche tanto fantasioso plagio di Lana Del Rey (colei che, nel 2012, in “Cola”, affermava «My pussy tastes like Pepsi cola» e in “Diet Mountain Dew” cantava «in the car, in the car, in the backseat, I’m your baby”). Con una differenza, però: Lana Del Rey è una figura enigmatica, magnetica, elegantissima, a suo modo un po’ algida e lontana, mentre questa Addison Rae si rotola, si struscia, pastrugna col gelato, lo mangia mentre fa la spaccata, è una burlona gioviale e un po’ cringe, un po’sexy un po’ pagliaccio, una ragazza traboccante di joie de vivre che fa cose “pazze” tipo fumare con i piedi. Nel video, molto autoironico (dalla scena in cui stappa platealmente la famosa Pepsi a quando si auto-palpa il culo), tutto è ruvido e caotico, compresi il suo corpo e la sua pelle, dotati di una texture molto “reale” che, nonostante tutte le balle della body positivity, non siamo ancora abituati a vedere.
L’endorsement (forse) di Lana Del Rey
«Se qualcuno mi avesse detto che Addison Rae, quella che faceva il balletto di “Renegade” durante la pandemia, sarebbe diventata una pop star emergente con una fanbase queer, gli avrei dato del pazzo», commenta qualcuno sotto al video. «Sono io quando sono in ovulazione», è un altro commento degno di nota. In molti si complimentano con Charli XCX che ha fatto da mentore alla giovane Addison e l’ha potentemente endorsata invitandola nel suo remix album (per la precisione in “Von dutch a. g. cook remix” in cui a un certo punto parte uno strillo isterico: è lei, Addison Rae). Tra i commenti più recenti a “Diet Pepsi” spicca una frase in maiuscolo: «LANA ASCOLTA ADDISON». Due settimane fa, infatti, Lana Del Rey ha pubblicato una storia Instagram in cui guidava, ridacchiava enigmatica e canticchiava proprio “Diet Pepsi” di Addison Rae. Una benedizione più importante di quella del papa (sempre che Lana non stesse ridendo con superiorità, pensando tipo: «ihihih, ma questa pensa di potermi copiare? Patetica»). Certo, essendo la canzone in circolo da quasi un anno, sarebbe un po’ strano da parte di Lana svegliarsi adesso. Si è preferito dunque interpretare la storia come un messaggio di stima, che, sommato a quello di Charli XCX e all’approvazione di Lorde, rendeva l’album molto atteso.
Un caso di cool-washing
È in effetti Addison è stato accolto dalla critica con sorprendente entusiasmo (4 stelle sul Guardian che definisce Addison Rae «2025’s most refreshing star», 8 su Pitchfork, ritratto sul New Yorker e ritrattone con tanto di puntata di Popcast sul New York Times). Gli scettici stanno già sottolineando l’enorme dispiego di energie con cui si sta spingendo questa nuova fase dell’ex tiktoker e quanto il suo personaggio sia costruito a tavolino. Si sono messi lì, quelli che fabbricano le popstar, e hanno detto: trasformiamo questa belloccia della Louisiana già inspiegabilmente famosissima su TikTok in una popstar mescolando a caso l’estetica e la musica che piace alla Gen Z. Un po’ stile Y2K, i sussurri di Lana Del Rey, la “messyness” di Charli XCX, le auricolari col filo, la Britney di “I’m a Slave 4 You”, l’autostima a mille, l’arrapamento orgogliosamente ostentato, le affermazioni disincantate sui soldi («Money is everything», canticchia festosa nella seconda canzone dell’album, canzone in cui tra l’altro nomina Lana come sottofondo musicale perfetto per fumarsi una canna, chiudendo il cerchio), creando dei video che rimandano alle scene dei vecchi film che vanno forte su TikTok, tipo Jennifer Connelly sul cavallino in Career Opportunities del 1992 (citata nel mio video preferito, “Headphones On”). Beh, complimenti fabbricanti di popstar, avete fatto un ottimo lavoro di “cool-washing” (termine usato da Jon Caramanica nel pezzo del New York Times). Nel video “the step by step rebrand strategy of Addison Rae”, la creator zoeunlimited ha condotto un’analisi molto accurata del processo di rebranding che comincia con la domanda: «Is it cringe or is it art?». È vero, forse quelli (e sono tanti) che dicono “Addison Rae ha salvato il pop” stanno un po’ esagerando, ma nei commenti al video di zoeunlimited sembrano tutti d’accordo: una cosa è rimasta costante, ovvero la capacità di questa tipa di giocare col suo corpo e con la sua immagine senza prendersi mai sul serio e dando l’idea (falsa? non credo) che si stia divertendo.
Il pop non ha bisogno di essere salvato
Possono anche avere ragione, questi scettici, ma di certo non hanno le orecchie (e di certo “non sono mai stati una ragazza di tredici anni”, e infatti non riconosceranno questa cit. delle Vergini suicide). Basta ascoltare l’album – il presupposto è di amare il dream pop e volersi sentire adolescenti a qualsiasi età – per ammettere che è davvero delizioso. Ebbene sì, la ragazzina che faceva i balletti davanti a un telefono adesso balla sul palco in mutande e reggiseno fosforescenti (evidente il rifermento a Spring Breakers) insieme a un gruppo di ballerine in mutande e reggiseno come lei (tutto Agent Provocateur), in uno show incasinato e gioioso tenutosi a Londra in occasione del lancio dell’album che nei giorni scorsi ha invaso il mio Instagram. È così diverso? Gli scettici ci ricordano anche che in realtà la tiktoker ci aveva già provato a reinventarsi popstar, nel 2021, con una canzone, “Obsessed”, prodotta da Benny Blanco, fallendo miseramente. Lei, ora, col senno di poi, dice che il pubblico non era ancora pronto ad accettare che una tiktoker potesse trasformarsi in cantante pop, ma forse il problema era più la canzone, orrenda, e soprattutto il video, mostruoso.
Forse il pubblico non è pronto neanche adesso, la differenza è che l’album (prodotto e scritto da sole donne, ovvero lei, Elvira Anderfjärd e Luka Klose) è adorabile – gioioso ma rilassato, estivo, libidinoso, da accompagnare, se ascoltato in bici, con pedalate decise ma fluide (con Brat erano rapidissime e isteriche: rischiati diversi incidenti) – e i video sono uno più bello dell’altro: segnalo anche quello con “colori e saturazione 2014” – così scrivono nei commenti – del remix della sua “Acquamarine” con Arca (esatto, cari scettici: Arca). E poi, a dire il vero, non è che ci sia proprio bisogno di salvarlo, questo pop. Charli XCX, Sabrina Carpenter, Chappell Roan: il pop sembra in ottima forma. C’è spazio per tutte le popstar che ci pare, grandi e piccole, che durino anni o settimane. Possiamo serenamente goderci – nella breve finestra di tempo che ci separa dall’arrivo dell’album di Lorde, il 27 giugno – una mini brat summer senza cocaina: «I don’t need your drugs / I’d rather get rather get high fashion» è il ritornello di “High fashion”, nel video Addison Rae è cosparsa di una polvere bianca che però è zucchero a velo.