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Già nel 1986, in un’intervista della Rai, Netanyahu mostrava di essere un estremista Fa impressione vedere le risposte date dall'allora 38enne Netanyahu a Giovanni Minoli nel famoso programma Mixer.
A quanto pare Papa Leone XIV è imparentato con un sacco di celebrity Lo ha rivelato un'inchiesta del New York Times: tra i cugini alla lontana ci sono Madonna, Angelina Jolie, Justin Bieber, Justin Trudeau e pure Hillary Clinton.
Per i palestinesi che vivono in Israele non ci sono bunker antiaerei in cui cercare rifugio Non ci sono perché non sono stati costruiti: con i bombardamenti iraniani i civili non hanno via di scampo.
I veneziani le stanno provando tutte per rovinare il matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sánchez Striscioni, cartelli, assemblee, proteste, pure un adesivo anti Bezos ufficiale che si trova attaccato un po' ovunque in città.
La nuova grande idea di Mark Zuckerberg è mettere la pubblicità anche dentro Whatsapp Per il momento le chat sono state risparmiate dalla banneristica, ma c'è sa scommettere che non sarà così a lungo.
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Tra Italia, Spagna e Portogallo si è tenuta una delle più grandi proteste del movimento contro l’overtourism Armati di pistole ad acqua, trolley e santini, i manifestanti sono scesi in piazza per tutto il fine settimana appena trascorso.
Will Smith ha detto che rifiutò la parte di protagonista in Inception perché non capiva la trama Christopher Nolan gli aveva offerto il ruolo, ma Smith disse di no perché nonostante le spiegazioni del regista la storia proprio non lo convinceva.

Giuseppe Martinenghi, l’architetto sconosciuto che ha costruito Milano

Una storia fatta di 300 progetti, più di chiunque altro, che caratterizza fortemente la città e che è stata scoperta quasi per caso.

11 Dicembre 2024

La maggior parte delle persone vive in un palazzo, magari anche tutta la vita, senza mai avere la curiosità di sapere chi lo ha disegnato. Appartenendo alla categoria opposta, quando nel 2015 sono arrivato nella mia settima casa milanese, ho avuto naturalmente la curiosità di sapere anche questa volta chi fosse l’architetto. All’epoca i metodi per sapere chi ha progettato un edificio a Milano erano soltanto due: se l’edificio era stato costruito prima del 1927, si andava all’Archivio Storico Civico del Castello Sforzesco e si chiedeva il fascicolo relativo, altrimenti alla Cittadella degli Archivi, dove però bisognava fare una richiesta più formale, ed era tutto più macchinoso. Il secondo metodo consisteva nello sfogliare i bollettini dei permessi a costruire del periodico Città di Milano avendo già in mente un lasso di tempo al quale l’edificio poteva appartenere, e con un po’ di fortuna si riusciva a trovare.

Dal 2020 le cose sono diventate molto più facili, perché c’è un’app per iOs e Android: si chiama PureMilano, cataloga oltre 8000 edifici milanesi e viene aggiornata frequentemente. Io però ero ancora nel 2015 e non sapendo nulla dovevo partire da zero. L’unico indizio che avevo era la datazione: dal primo rogito risultava come anno di costruzione il 1939. Dopo un primo periodo di ricerche infruttuose su cataloghi e riviste di architettura, un giorno passeggiando in corso di Porta Nuova ho notato che l’edificio al civico 2 era molto simile a quello in cui abitavo. Entrambi i palazzi avevano un basamento in granito, un balcone che correva per tutto il primo o il secondo piano, la facciata in mattoni (più precisamente in litoceramica) e un ingresso somigliante, con pavimentazione in marmo di Carrara, pareti in Nero Assoluto e Calacatta e dei motivi geometrici. Il dettaglio che però aveva subito attirato la mia attenzione erano le trabeazioni, composte da tre file di mattoni leggermente sporgenti rispetto alla parete, che creano un particolare effetto di chiaroscuro e che ricordano alcune facciate del Déco americano. L’edificio di cui cercavo l’autore non era più isolato. Avevo trovato un suo fratello ed ero abbastanza certo della parentela.

In questo caso l’attribuzione è avvenuta non attraverso un paradigma indiziario morelliano che parta da dettagli o dati marginali, ma proprio grazie allo Stile Martinenghi, un linguaggio che ho imparato presto a conoscere. Tornato a casa ho iniziato a incrociare le ricerche e grazie alla scansione di un’emeroteca nazionale, sono finito su una pagina del periodico Città di Milano in cui era riportato il permesso a costruire del mio edificio, in viale Regina Elena (il vecchio nome di viale Tunisia), e come progettista figurava tale «Arch. G. Martinenghi». Avevo finalmente scoperto chi è l’autore del mio palazzo, del quale però, almeno su internet, non si trovava alcuna notizia.

Viale Argonne (Foto di Sosthen Hennekam)

Via Piranesi (Foto di Sosthen Hennekam)

Nei mesi successivi, consultando le altre annate del periodico, trovo prima una quarantina di licenze intestate a questo Martinenghi, poi sessanta, e sfogliando altre riviste del periodo, come Case d’Oggi, continuano a emergere altri edifici. Ho dunque l’impressione di avere scoperto un mondo. In seguito vengo a sapere che effettivamente qualcuno si è occupato anni fa di Martinenghi: è Augusto Rossari, uno storico dell’architettura del Politecnico di Milano, che lo cita in alcuni suoi testi del 1986, del 2003 e del 2013. Trovo anche due tesi, una del 1986 (monografica) e una del 1994 (ma insieme a Mario Borgato e Rino Ferrini, due autori più noti di Martinenghi).

Mi metto in contatto con Rossari e insieme procediamo a una nuova schedatura che comprenda anche le nuove attribuzioni. Nel frattempo infatti, girando per la città, e sempre seguendo indizi dello Stile Martinenghi, mi era capitato di scoprire diversi suoi edifici che non conoscevamo e che siamo poi riusciti ad attribuire in modo certo attraverso le ricerche all’Archivio di Milano.

Piazza Mondadori (Foto di Sosthen Hennekam)

Piazza Bottini, via Pacini (Foto di Sosthen Hennekam)

Quando ho iniziato la mia ricerca nel 2015, a Martinenghi si attribuivano circa una sessantina di licenze edilizie. Adesso siamo arrivati, solo a Milano, a contare 166 progetti realizzati, quasi il triplo. Insieme ad Andrea Coccoli, Roberto Dulio e Sosthen Hennakam abbiamo quindi redatto una monografia: Giuseppe Martinenghi. La costruzione di Milano nel Novecento. Nel regesto si contano 299 progetti, dei quali il 70 per cento è stato effettivamente costruito. Persino nei momenti finali della redazione sono emersi altri progetti realizzati in giro per l’Italia, e siamo abbastanza sicuri che nei prossimi anni ne emergeranno altri.

La fase più interessante e divertente del lavoro per me è stata quella dell’attribuzione, in cui ho imparato a riconoscere lo Stile Martinenghi, identificabile anche nei tre periodi della sua produzione: il primo in cui costruisce villette per la piccola e media borghesia negli anni ’20, poi i palazzi borghesi o di lusso negli anni ’30 e ’40, e l’ultimo degli anni ’50 e ’60 in cui riesce ad adattarsi a un nuovo linguaggio. Successivamente Rossari ha coinvolto Roberto Dulio e Filippo Beltrami Gadola, interessati da subito al progetto di una monografia, e fortunatamente si è unito a noi un bravo fotografo: Sosthen Hennekam, che per conto suo aveva già iniziato a fotografare diversi edifici di Martinenghi.

Questa storia mi ha insegnato che il gesto di una persona estranea a una disciplina può cambiarne i pesi da un momento all’altro: un giorno Martinenghi non esiste; il giorno dopo è “l’architetto che ha costruito di più a Milano”. Possiamo poi discutere sulla qualità dell’opera, se sia un maestro oppure un minore, ma dobbiamo in ogni caso fare i conti con questo paesaggio che improvvisamente ci crolla addosso perché ha trovato un autore. È quello che intende fare questo libro, che indaga il professionista silenzioso che di una città come Milano ha disegnato la geografia, e che per qualche motivo non è passato alla storia. Per ora.

Nella foto in evidenza, un edificio in via Cuneo. Foto di Sosthen Hennekam

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