Il confine tra cronaca nera e giallo è sempre stato sottile. Ma mai come in questi giorni si è avuta l'impressione che la giustizia italiana sia fatta per produrre intrattenimento e non sentenze.
A Buenos Aires hanno vietato il linguaggio inclusivo nelle scuole

Dallo scorso mese gli insegnanti delle scuole di Buenos Aires non possono più parlare ai loro studenti e ai genitori degli stessi usando linguaggio inclusivo. Vale a dire: niente “amigues” al posto di “amigos”, niente “todxs” al posto di “todos”, niente “bienvenid@s” al posto di “bienvenidos”. Lo ha imposto un’ordinanza comunale decisa dall’amministrazione di Buenos Aires, a quanto pare preoccupata dalle difficoltà di apprendimento del linguaggio che questi cambiamenti potrebbero causare agli studenti, in particolar modo i più piccoli. Senza considerare che, a detta dell’assessore all’istruzione di Buenos Aires, queste parole, scritte e pronunciate come vuole la lingua dell’inclusività, costituirebbero una violazione delle regole della lingua spagnola.
È una dei primi atti amministrativi al mondo che proibiscono espressamente l’uso di parole ed espressioni neutre. Un’iniziativa che ha diviso l’opinione pubblica argentina: Jaime Perczyk, il Ministro dell’istruzione del governo di centro-sinistra presieduto da Alberto Fernández, ha detto che «non è vietando il linguaggio inclusivo che si migliora la qualità dell’istruzione nel nostro Paese» e che queste iniziative ricordano quelle con le quali la dittatura franchista pretendeva di “correggere” gli studenti che scrivevano con la mano sinistra. Già cinque organizzazioni che si occupano di diritti della comunità Lgbtq+ e di diritti civili hanno annunciato che faranno ricorso contro la decisione del Comune.
Secondo Ana Lankes del New York Times, quella del Comune di Buenos Aires è una decisione in controtendenza con quanto successo in Argentina negli ultimi anni in tema di diritti della comunità Lgbtq+. Nel 2012 in Argentina è stata approvata una delle prime leggi al mondo che permetteva alle persone transgender di cambiare il genere riportato sui documenti d’identità senza dover prima ottenere l’approvazione di un medico o di un terapista. Lo scorso anno, su decisione del governo nazionale, l’1 per cento dei posti di lavoro disponibili nella pubblica amministrazione devono essere occupati da persone transgender. I cittadini argentini non binari possono usare una “X” per indicare il loro genere sui documenti d’identità. Dyhzy, figli* del Presidente Fernández, è una persona non binaria. L’attuale coalizione di governo, Frente de Todos, ha cambiato il suo logo sostituendo la seconda “o” di “todos” con un sole splendente, in modo tale che la parola potesse essere letta anche nella sua forma femminile. Nonostante questo, però, la più importante amministrazione comunale del Paese ha deciso che il linguaggio «in sé non è né più né meno inclusivo, dipende tutto da come le persone lo usano», ha detto Soledad Acuña, assessore all’istruzione del Comune. Nello stesso giorno in cui è stata divulgata l’ordinanza con la quale si proibiva l’uso del linguaggio inclusivo nella scuole, il Comune pubblicava anche delle linee guida che, nelle intenzioni, dovrebbero tenere assieme correttezza linguistica e inclusività: per esempio, usare espressioni come “los/as estudiantes” o parole neutre come “personas”.

Il confine tra cronaca nera e giallo è sempre stato sottile. Ma mai come in questi giorni si è avuta l'impressione che la giustizia italiana sia fatta per produrre intrattenimento e non sentenze.