Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
Il wasabi rischia di sparire
Il wasabi, uno dei profumi e dei sapori fondamentali della cucina giapponese, rischia di sparire, secondo quanto raccontano Motoko Rich e Makiko Inoue in un reportage pubblicato dal New York Times. Ovviamente, il problema riguarda il vero wasabi, non il prodotto che siamo abituati a vedere tra gli scaffali del supermercato, quei tubetti colorati al cui interno certe volte c’è un miscuglio di wasabi e rafano tinto di verde grazie ai coloranti, mentre altre volte, in quei tubetti, di vero wasabi non c’è traccia. In Giappone, nei ristoranti amati dagli intenditori e dai turisti che vogliono assaggiare la cucina giapponese autentica, il wasabi si consuma fresco, grattugiato sul momento. È questo il wasabi che rischia di scomparire.
C’entra il riscaldamento climatico, ovviamente. L’innalzamento delle temperature è un problema enorme: le piante di wasabi sono estremamente delicate, impiegano più di un anno per maturare e necessitano di una temperatura che non vada oltre i 21 gradi per crescere bene. Con le continue ondate di calore che hanno colpito il Giappone negli ultimi anni, di piante ne crescono sempre meno e sempre peggio: tante marciscono prima di raggiungere la maturazione.
Ma la crisi climatica non è l’unico problema che i coltivatori di wasabi devono affrontare. Ci sono anche questioni “locali” che complicano parecchio il loro lavoro e la loro vita: nel secondo Dopoguerra, nello sforzo di ricostruzione del Paese, i governi dell’epoca cambiarono la flora delle zone montane in cui il wasabi viene tradizionalmente coltivato. A un Paese da ricostruire servivano cedri e cipressi da tagliare e da usare nell’edilizia. Oggi, i coltivatori di wasabi dicono che l’onnipresenza di questi alberi ha peggiorato la qualità dell’acqua necessaria al wasabi per crescere bene. Sempre più piante nascono e crescono con malattie che le rendono, di fatto, invendibili. E poi c’è la questione dell’incuria nella quale sono state abbandonate molte foreste: questo ha portato a una proliferazione di cinghiali e cervi che, non trovando più cibo a sufficienza in altura, si avvicinano sempre di più alle zone in cui vivono i coltivatori di wasabi, arrivando spesso anche a rovinare i campi coltivati. Infine, esiste una questione “generazionale”, per così dire: i figli e i nipoti di coloro che oggi coltivano il wasabi sono sempre meno interessati a ereditare quella che spessissimo è un’attività familiare.
Nell’ultimo decennio, nella regione di Shizuoka (una delle più importanti per quanto riguarda la coltivazione del wasabi), la produzione del wasabi si è più che dimezzata. Secondo una ricerca del Ministero dell’Agricoltura giapponese, per l’esattezza la diminuzione della produzione è stata addirittura del 55 per cento.

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