Hype ↓
18:01 lunedì 17 novembre 2025
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.

Tijuana/San Diego

L'architetto Teddy Cruz e la slumchitecture: ovvero costruire ai confini tra architettura d'autore e ONG

13 Dicembre 2011

Nel suo Magical Urbanism (in italiano I latinos alla conquista degli Usa), Mike Davis dedica un intero capitolo a Tijuana e alla sua relazione con San Diego. Affacciate sul confine tra le rispettive nazioni, che comprende diversi altri binomi di ciudades hermanas, queste due città gemelle (socio-economicamente eterozigote) incarnano un rapporto al contempo simbiotico e conflittuale. Fin dagli inizi del novecento, infatti, Tijuana deve la sua rapida espansione principalmente all’incessante domanda statunitense di manodopera messicana a basso costo, filtrata attraverso quello che, più che un muro, di fatto è una diga atta a modularne il flusso, a seconda dei bisogni dell’otro lado. Questo scambio continuo, complice un proficuo sistema di maquiladoras (sweatshops locali), ha generato una frontera deliberatamente porosa, con dinamiche economiche formali ed informali che si legittimano l’una con l’altra. Il risultato di questa situazione è che l’infrastruttura formale pubblica di Tijuana è rimasta indietro di una generazione, dando però luogo ad una popolazione di bricoleurs, “in grado di costruire dal basso una metropoli culturalmente incandescente”. E, se le compagnie statunitensi hanno dato forma alla città messicana, un po’ dello spirito di Tijuana ha contagiato la sua sorella ricca.

Una figura particolarmente esemplare in questo senso è l’architetto Teddy Cruz, attivo da entrambi i lati della lìnea e fautore di una pratica professionale che molto deve all’inventiva degli slum. Nato in Guatemala, l’architetto ha (tra le altre cose) vinto il prestigioso Premo Roma e rappresentato gli Stati Uniti alla Biennale di Architettura di Venezia del 2008. Per l’occasione, l’entrata del Padiglione Americano era stata temporaneamente mascherata da muro, come riferimento al confine Usa-Messico.

Cruz, che ha fondato il proprio studio di architettura a San Diego nel 1993, è sempre stato convinto che le dinamiche urbanistiche informali delle shantytowns messicane abbiano molto da insegnare alle gated communities dei sobborghi americani, sia in termini di ottimizzazione della densità che di sostenibilità ambientale ed inclusione sociale. Per affrontare questi problemi, più che mai attuali, l’architetto cerca di riprodurre alcuni aspetti caratteristici degli stanziamenti informali nel proprio lavoro: retrofitting, unità abitative semplici, creazione di spazi pubblici ad uso misto che mischino le dinamiche familiari con quelle pubbliche e commerciali. Nella comunità suburbana di San Ysidro, ai margini di San Diego, Cruz ha realizzato Casa Familiar: Living Rooms at the Border, un progetto di trasformazione comunitaria che comprende sia la creazione di alloggi economici che l’integrazione di spazi pubblici e di un mercato all’aperto. Dai modelli e dai rendering che si trovano su internet si vede chiaramente come l’estetica degli slum influenzi quella di Cruz, la quale (per quanto più pulita e minimal) mantiene un’organica complessità e una scala molto umana.

Aldilà della forma che i suoi progetti assumono, però, uno dei meriti di Teddy Cruz è quello di provare a ridefinire il proprio ruolo professionale. Il suo studio collabora strettamente con NGO e altri attori urbani di vario tipo (che includono pure Mike Davis, tra l’altro), cercando di trovare un punto di incontro tra regolamentazioni pubbliche e planning dal basso. L’architetto ha espresso più volte la sua ammirazione per figure come Enrique Peñalosa e Sergio Fajardo (sindaci rispettivamente di Bogotà e di Medellin), che a suo dire si sono dimostrati particolarmente illuminati nell’incorporare alcune pratiche informali nelle loro città all’interno di un’infrastruttura pubblica, creando situazioni virtuosamente ibride.

Teddy Cruz non è il solo a essersi interessato agli slum come a una risorsa per lo sviluppo di scenari urbani futuri. Un paio d’anni fa il termine “slumchitecture” si faceva strada nella blogosfera, e persino il principe Carlo aveva indicato Dharavi (la favela gigante di Mumbai, quella di Slumdog Millionaire) come possibile teatro di formule alternative alla solita urbanizzazione globalizzata, insensibile ai contesti specifici. Tutto ciò è molto bello e promettente, ma ovviamente (soprattutto quando si parla di soluzioni più che mai locali) una buzzword non basta.

Articoli Suggeriti
Social Media Manager

Leggi anche ↓
Social Media Manager

Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.