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Hbo ha svelato le prime immagini di Euphoria 3 ma della trama di questa nuova stagione non si capisce ancora niente Ben 13 secondi di video che anticipano la terza stagione, in arrivo nel mese di aprile, in cui si vedono tutti i protagonisti e le protagoniste.
Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂ E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.
Reddit ha fatto causa al governo australiano per aver vietato i social ai minori di 16 anni La piattaforma è convinta che la legge anti soci isoli i minorenni e limiti la loro voce politica nella società, fornendo benefici minimi.
La casa di Babbo Natale in Finlandia quest’anno è piena di turisti ma anche di soldati Nato L’escalation al confine russo ha trasformato la meta turistica natalizia della Lapponia in un sito sensibile per l’Alleanza Atlantica.
Il governo americano vuole che i turisti rivelino i loro ultimi 5 anni di attività sui social per ottenere il visto Vale anche per i turisti europei che dovranno consegnare la cronologia dei loro account su tutte le piattaforme social utilizzate.
Ora su Letterboxd i film si possono anche noleggiare e sono già disponibili molte chicche introvabili altrove I titoli disponibili saranno divisi in due categorie: classici del passato ormai introvabili e film recenti presentati ai festival ma non ancora distribuiti su altre piattaforme.
Da quando è stata introdotta la verifica dell’età, nel Regno Unito il traffico dei siti porno è calato ma è anche raddoppiato l’utilizzo di VPN Forse è una coincidenza, ma il boom nell'utilizzo di VPN è iniziato subito dopo l'entrata in vigore della verifica dell'età per accedere ai siti porno.

Marxismo all’americana

Per paradosso, nell'America di Trump, la parola "socialista" è sempre più sdoganata. Forse l'era Reagan è finita solo adesso?

17 Febbraio 2017

È di questi giorni la notizia che una delle più grandi organizzazioni socialiste americane, la DSA (Democratic Socialists of America), ha triplicato il numero dei suoi membri: la scorsa primavera erano 6500, oggi sono 15 mila. Non molti, a dire il vero, ma il fatto che due recenti eventi dell’organizzazione, a New York e a Los Angeles, abbiano riscosso un discreto successo ha attirato l’attenzione dei media mainstream, compreso Rolling Stone. Quello che colpiva, più che i numeri in sé, era la partecipazione di molti giovani e l’idea, più generale, che la parola “socialista” e certe idee di stampo marxista siano sempre più sdoganate, soprattutto, ma non solo, tra le giovani generazioni. Secondo un recente sondaggio della società Gallup, circa il 30 per cento degli americani ha un’opinione positiva del socialismo: tra i Democratici, la percentuale arriva al 58 per cento; tra i giovani sotto i 30 anni, indipendente dalla loro affiliazione politica, si assesta al 55. È un dato interessante, in un contesto politico come quello statunitense, dove ogni posizione critica del capitalismo un tempo era percepita come esterna al consesso pubblico (e non stiamo parlando di rivoluzionari: fino a qualche anno fa la parola “social-democrazia” era un quasi-tabù negli Usa).

Vuoi vedere che gli americani, o per lo meno la sinistra americana, stanno diventando marxisti? Un altro fenomeno interessante è rappresentato da Jacobin, la rivista socialista fondata sei anni fa e che oggi vanta 20 mila copie vendute in media e 2,7 milioni di pageviews al mese (ne ha scritto, tra gli altri, Francesco Guglieri su Pagina99). Si rivolge a un pubblico di nicchia, ma non troppo di nicchia. Il tono quasi à la Vice dei suoi titoli (“You Can’t Fake It”, “Justin Trudeau Is Not Your Friend”, “Here We Go Again”) è immediatamente riconoscibile, sebbene non troppo distante da quello utilizzato online da un’altra, e ben più storica, testata che si colloca alla sinistra del campo progressista, Mother Jones. Qualche tempo fa Vox, il sito liberal, ne parlava come «forse la più rilevante e importante pubblicazione della sinistra americana oggi». Dove, presumibilmente, il termine il termine “sinistra” era utilizzato in senso stretto, in contrapposizione col campo liberal, non come sinonimo di “left-of-center”; anche se la scelta di quella parola indicava una rilevanza che si estende anche al centro-sinistra, tanto che Vox riconosce a Jacobin la capacità di «farsi interlocutore dei media mainstream».

Visitors to the so-called "Temporary Mus

Alcuni elementi, insomma, fanno pensare a una sorta di sdoganamento di un approccio marxista alle questioni politiche ed economiche, dove prima non lo era. Cosa sta succedendo? Certo, c’è un clima politico più ampio in cui sta emergendo un disagio nei confronti del libero mercato: per esempio, come ha scritto Jonathan Chait sul New York, le tensioni di classe, definite un elemento «marxiano», hanno avuto un ruolo nelle elezioni di Trump. Altri, come Elizabeth Winkler su Quartz, fanno notare che Bernie Sanders ha avuto un ruolo importante nel fare sì che «l’aggettivo “socialista” non sia più una parolaccia» in America (su questo punto però ci sarebbe da chiedersi se davvero Sanders sia stato una miccia, o se piuttosto sia stato un sintomo di questo nuovo clima). C’è un’ondata anti-capitalista che riguarda sia la destra e la sinistra, e non solo in America, certo; ma forse c’è dell’altro, un cambiamento che riguarda più nello specifico la politica statunitense.

Detto banalmente: forse gli Usa stanno semplicemente uscendo dall’onda lunga di Ronald Reagan. O, più realisticamente, stanno provando a uscirne. Sebbene la connotazione negativa della parola “socialismo” in America abbia origini più antiche (ai tempi del Maccartismo, per esempio, “socialista” era utilizzato, a sproposito, come sinonimo di “comunista”), il rifiuto tout court dell’interventismo economico e dello Stato sociale è diventato dominante soltanto a partire degli anni Ottanta. È stato Reagan, insomma, a espellere dal dibattito americano mainstream tutte quelle politiche economiche che potrebbero rientrare nella categoria politica di social-democrazia e che devono qualche influsso al pensiero marxiano. Molti analisti descrivono Reagan come un “presidente trasformativo”, indicando che la portata della sua dottrina si è estesa ben al di là dei suoi mandati alla Casa Bianca, influenzando in modo determinante i suoi successori, non solo repubblicani ma anche democratici. Altri analisti usano il termine “rivoluzione reaganiana” per indicare questa trasformazione storica.

Alcuni politologi, come per esempio Stephen Skowronek e Jack Balkin, entrambi di Yale, sostengono che per molti versi viviamo ancora nell’era Reagan: dagli anni Ottanta ad oggi, i termini del dibattito politico americano seguono ancora le basi gettate da Reagan. Indipendentemente dal fatto che alla Casa Bianca ci fosse un Repubblicano (Bush Sr e Bush Jr) o un Democratico (Clinton), il rifiuto dell’interventismo economico è rimasta una costante e nessuno s’è sognato di metterlo in dubbio perché la “rivoluzione reaganiana” aveva cambiato l’idea stessa di mainstream. Obama in un certo senso ha cercato di cambiare i termini del dibattito, ha scritto recentemente Balkin, ha tentato di fare “il Reagan dei Democratici”, per esempio introducendo la riforma sanitaria, ma alla fine non è stato un presidente trasformativo: ha assestato qualche duro colpo alla dottrina dominante, quella reaganiana, senza però affossarla. Il «regime reaganiano» sta volgendo al termine, sostiene Balkin (dove ovviamente per “regime” s’intende un sistema politico di ampio respiro, non una dittatura), ma, per paradosso, potrebbe essere Trump ad archiviarlo.

La statua di 13 metri di Karl Marx, realizzata dall’artista sovietico Lew Kerbel, nell’esposizione “Museo temporaneo di Marx”, organizzata nel 2008 nella città tedesca di Chemnitz (Uwe Meinhold/AFP/Getty Images)
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