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Gli azionisti di Tesla hanno entusiasticamente approvato un pagamento da un bilione di dollari a Elon Musk  Se Musk raggiungerà gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, diventerà il primo trillionaire della storia incassando questo compenso da mille miliardi.
Nel primo trailer de La Grazia di Paolo Sorrentino si capisce perché Toni Servillo con questa interpretazione ha vinto la Coppa Volpi a Venezia Arriverà nella sale cinematografiche italiane il 15 gennaio 2026, dopo aver raccolto il plauso della critica alla Mostra del cinema di Venezia.
Nel nuovo album di Rosalia c’è una canzone in italiano dedicata a San Francesco e Santa Chiara Si intitola "Mio Cristo Piange Diamanti", che lei definisce «la sua versione di un'aria», cantata in un perfetto italiano.
Si è scoperto che uno degli arrestati per il furto al Louvre è un microinfluencer specializzato in acrobazie sulla moto e consigli per mettere su muscoli Abdoulaye N, nome d'arte Doudou Cross Bitume, aveva un bel po' di follower, diversi precedenti penali e in curriculum anche un lavoro nella sicurezza del Centre Pompidou.
La Presidente del Messico Claudia Sheinbaum è stata molestata da un uomo in piazza, in pieno giorno e durante un evento pubblico Mentre parlava con delle cittadine a Città del Messico, Sheinbaum è stata aggredita da un uomo che ha provato a baciarla e le ha palpato il seno.
Una foto di Hideo Kojima e Zerocalcare al Lucca Comics ha scatenato una polemica internazionale tra Italia, Turchia e Giappone L'immagine, pubblicata e poi cancellata dai social di Kojima, ha fatto arrabbiare prima gli utenti turchi, poi quelli italiani, per motivi abbastanza assurdi.
Nella vittoria di Mamdani un ruolo importante lo hanno avuto anche i font e i colori della sua campagna elettorale Dal giallo taxi alle locandine alla Bollywood, il neo sindaco di New York ha fatto un uso del design diverso da quello che se ne fa di solito in politica.
Il nuovo album di Rosalía non è ancora uscito ma le recensioni dicono che è già un classico Anticipato dal singolo e dal video di "Berghain", Lux uscirà il 7 novembre. Per la critica è il disco che trasforma Rosalia da popstar in artista d’avanguardia.

Nel nostro armadio ci sono cose a cui vogliamo bene

Worn Stories, la serie Netflix dedicata al legame affettivo con i vestiti, racconta bene cosa non abbiamo capito del minimalismo.

14 Aprile 2021

C’è l’ex sassofonista di Tina Tuner, con il perizoma in pelle che lei gli ha comprato nel 1987 in un sexy shop di Berlino, e che lui ha indossato sopra ai jeans durante i suoi live per 15, gloriosi, anni. Un piccolo pezzo di pelle che per Tim Cappello ha significato anche il ritorno sul palco (e alla vita), dopo un lunghissimo periodo in cui il sax, e i sassofonisti, erano passati di moda. C’è la felpa giallo canarino che un monaco buddista ha regalato a una frequentatrice del suo tempio, trasferitasi a New York dalla Corea del Sud in cerca di nuove opportunità, per ringraziarla di tutto il cibo da lei preparato. La signora Park la mette per andare al corso di danza presso un centro culturale per immigrati coreani (ballano “Gloria” di Laura Branigan in fantastici look space-disco), e osservandola insieme alle sue coetanee, sotto l’occhio severo dell’insegnante occhialata (meravigliosa), è chiaro che la felpa del monaco l’abbia aiutata a sentirsi meno sola. Sono solo due dei racconti che si intrecciano in Worn Stories, la serie disponibile dal primo aprile su Netflix, tratta dai romanzi best seller di Emily Spivack e sceneggiata da Jenji Kohan, già ideatrice di Orange Is The New Black.

Worn Stories parte da un concetto semplice, quello di esplorare il legame affettivo che le persone ripongono negli abiti e negli accessori con cui scelgono di coprire il loro corpo o, nel caso della coppia di pensionati nudisti con i quali la docu-serie si apre, di scoprirlo. Anche per loro i vestiti hanno rappresentato uno snodo centrale nel momento in cui hanno deciso che tipo di vita volevano vivere: rifiutandoli in todo, fatta eccezione per i sandali e le visite della domenica in Chiesa, e rifugiandosi in una comunità di nudisti in Florida, entrambi questi ultra sessantenni, innamorati di ritorno, hanno trovato la loro dimensione. Per la signora, soprattutto, si trattava di abbandonare la costrizione del reggiseno: «Non posso pensare di svegliarmi e indossarne uno», dice, raccontando poi il rapporto complicato con le sue forme, la vergogna e la realizzazione finale: i vestiti non ci servono eppure ci hanno portato qui. La forza della serie sta proprio in questa esplorazione, leggera senza essere stucchevole, di diversi punti di vista sullo stesso argomento, che rendono bene l’ampio spettro in cui gli umani si muovono quando hanno a che fare con gli abiti.

È interessante guardare alla celebrazione che ne fa Worn Stories, tanto più in un momento storico in cui molte persone sono convinte che allontani dai vestiti, dall’hype che li circonda e dalle restrizioni che impongono, sia una soluzione per vivere una vita migliore. Il minimalismo fasullo degli ultimi anni, che dalle passerelle si è spostato sui social e in particolare su Instagram e TikTok dove, come ha scritto Beverley D’Silva su Bbc Culture, è finito per coincidere con una bizzarra estetica di muri bianchi e oggetti indispensabili, mostra tutte le sue crepe di fronte alle storie dei perizomi di pelle, delle felpe gialle, degli abiti e dei cappotti bianchi, delle cravatte cucite dalla nonna scappata dalla Sicilia in America, dalla tutina esagerata del club-kid che finì ospite del talk-show di Joan Rivers, della prima camicia da uomo di un adolescente non-binary. Perché non si tratta di quanti vestiti si hanno nell’armadio, ma piuttosto di quali, e di cosa significano per noi. Un particolare che spesso molti fra quelli che predicano il minimalismo social dimenticano: avere poco non significa necessariamente non pensare a ciò che si ha, e in questo senso anche la domanda “does this thing sparks joy?” di Marie Kondo assume un altro senso. C’è chi troverà gioia in quattro pantaloni neri, tre t-shirt e due maglioni, chi invece nei pezzi vintage, chi nella maglietta con la foto del figlio che non c’è più o nei cappelli da cowboy. Perché è sacrosanto interrogarci su come e da chi vengono realizzate le cose che compriamo, l’errore semmai è stato illudersi che i vestiti non contassero nulla.

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