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La Spagna introdurrà un abbonamento mensile di 60 euro per viaggiare con tutti i mezzi pubblici in tutto il Paese È il secondo Paese in Europa che prende un'iniziativa simile: prima c'era stata la Germania, il cui abbonamento mensile costa anche meno.
Amazon installerà nei Kindle una AI che ti spiega i libri se non li hai capiti
 La nuova funzione si chiama "Ask This Book” e servirà ai lettori confusi, distratti o non proprio sveglissimi.
Il distributore americano Neon ha organizzato una proiezione per soli manager di No Other Choice di Park Chan-wook, che è un film su un uomo che uccide manager Con tanto di lettera indirizzata a tutti i Ceo delle aziende Fortune 500, invitati a vedere il film il 17 dicembre a New York alle ore 17 locali.
Zohran Mamdani ha fatto una performance in un museo di New York invitando i cittadini a dirgli quello che vogliono da lui Ispirandosi alla celebre performance di Marina Abramović, il sindaco ha offerto colloqui di tre minuti a chiunque volesse parlargli.
Negli anni ’60 la Cia ha perso un ordigno nucleare sull’Himalaya e ancora non l’ha ritrovato Nel 1965, sulla vetta di Nanda Devi, l'intelligence americana ha perso un dispositivo alimentato a plutonio. È ancora lì, da qualche parte.
Cosa c’è nei primi sei minuti dell’Odissea di Christopher Nolan che sono già stati mostrati nei cinema americani Questo "prologo" è stato proiettato in diverse sale negli Usa e ovviamente è già stato piratato e diffuso online.
I Talebani in Afghanistan hanno un nuovo nemico: i giovani che si vestono da Peaky Blinders Quattro ragazzi di 20 anni sono stati sottoposti a un «programma di riabilitazione» dopo aver sfoggiato outfit ispirati a Tommy Shelby e compari.
Il neo Presidente del Cile José Antonio Kast ha detto che se Pinochet fosse ancora vivo voterebbe per lui Ed evidentemente anche questo è piaciuto agli elettori, o almeno al 58 per cento di quelli che hanno votato al ballottaggio e che lo hanno eletto Presidente.

La redazione del Washington Post e Jeff Bezos continuano a litigare

16 Gennaio 2025

Più di 400 membri della redazione del Washington Post hanno scritto una lettera a Jeff Bezos, editore del giornale, per chiedergli un incontro in cui discutere lo stato, le sorti e il futuro del quotidiano. La richiesta – insolita per gli usi e costumi del giornalismo americano – arriva dopo la recente decisione della proprietà di licenziare circa 100 dipendenti e dopo la “fuga” di alcune delle firme più note del giornale. Tra questi: Matea Gold, managing editor del WaPo, passata al New York Times; Ashley Parker e Michael Scherer, cronisti politici, passati all’Atlantic; Josh Dawsey, giornalista investigativo, se ne è andato al Wall Street Journal; Leigh Ann Caldwell ha invece scelto di trasferirsi da Puck.

«Siamo profondamente preoccupati da recenti decisioni della proprietà che hanno portato i lettori a dubitare dell’affidabilità di questa istituzione, decisioni che hanno spezzato la sua tradizione di trasparenza, decisioni che hanno già portato alcuni dei nostri più apprezzati colleghi ad andarsene e altri ad abbandonarci a breve», si legge nella lettera. Secondo quanto riporta Cnn, che ha ottenuto una copia della lettera e ne ha pubblicato una parte sul suo sito, i membri della redazione del WaPo, pur non facendone il nome, parlano del Ceo William Lewis, autore di quelle scelte che, a detta loro, stanno ostacolando il lavoro dei giornalisti e rovinando la reputazione del giornale.

Lewis è stato scelto da Bezos (editore descritto sempre da Cnn con la dicitura inglese “hands off”, una maniera per dire che non è direttamente coinvolto nella gestione del giornale) per risanare i conti abbastanza preoccupanti del Washington Post. Finora le cose non sono andate come previsto, se lo stesso Bezos, ospite un mese fa del DealBook Summit del New York Times, ha detto che il suo giornale «deve rimettersi in sesto». Diverse scelte recenti, però, non hanno fatto altro che peggiorare una situazione già difficile. La decisione, questa sì presa da Bezos in persona, di impedire l’endorsement del Washington Post a favore di Kamala Harris ha portato alla perdita di almeno 200 mila abbonati (decisione che la redazione ha definito, freddamente, «prerogativa della proprietà»). È per fatti come questo, e altri, che i dipendenti del Washington Post ora chiedono al loro editore «un’idea chiara in cui credere».

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