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La crisi climatica sta portando alla velocissima formazione del primo deserto del Brasile La regione del Sertão sta passando da arida a desertica nell'arco di una generazione: un cambiamento potenzialmente irreversibile.
L’episodio di Stranger Things in cui Will fa coming out è diventato quello peggio recensito di tutta la serie E da solo ha abbassato la valutazione di tutta la quinta stagione, nettamente la meno apprezzata dal pubblico, almeno fino a questo punto.
Il progetto europeo di rilanciare i treni notturni sta andando malissimo Uno dei capisaldi del Green Deal europeo sulla mobilità, la rinascita dei treni notturni, si è arenato tra burocrazia infinita e alti costi.
Un’azienda in Svezia dà ai suoi lavoratori un bonus in busta paga da spendere in attività con gli amici per combattere la solitudine Il progetto, che per ora è solo un'iniziativa privata, prevede un’ora al mese di ferie e un bonus di 100 euro per incentivare la socialità.
Diverse celebrity hanno cancellato i loro tributi a Brigitte Bardot dopo aver scoperto che era di estrema destra Chapell Roan e altre star hanno omaggiato Bardot sui social per poi ritirare tutto una volta scoperte le sue idee su immigrazione, omosessuali e femminismo.
È morta la donna che restaurò così male un dipinto di Cristo da renderlo prima un meme, poi un’attrazione turistica Nel 2012, l'allora 81enne Cecilia Giménez trasformò l’"Ecce Homo" di Borja in Potato Jesus, diventando una delle più amate meme star di sempre.
C’è un’associazione simile agli Alcolisti Anonimi che aiuta le persone dipendenti dall’AI Si chiama Spiral Support Group, è formato da ex "tossicodipendenti" dall'AI e aiuta chi cerca di interrompere il rapporto morboso con i chatbot.
I massoni hanno fatto causa alla polizia inglese per una regola che impone ai poliziotti di rivelare se sono massoni Il nuovo regolamento impone agli agenti di rivelare legami con organizzazioni gerarchiche, in nome della trasparenza e dell’imparzialità.

Under the dome

Domenica 14 luglio arriva in Italia (su Rai2) la serie tratta dalla mastodontica opera di Stephen King tra satira e orrore. Due parole sul libro.

12 Luglio 2013

Un piccolo jet privato attraversa il cielo in una di quelle giornate perfette per far scivolare lo sguardo sul verde orizzonte del Maine. L’estasi però è destinata a non durare. Appena qualche secondo più tardi l’aereo esplode in volo, come schiantato contro il profilo di una montagna. Quasi nello stesso istante, migliaia di metri più in basso, un camion si accartoccia su se stesso in mezzo a una strada priva di ostacoli. La violenza dell’impatto è tale che sembra abbia sbattutto contro un muro di granito in piena velocità. Il fatto è che non c’è nessun muro. O quantomeno non si vede. Pianura e pianura per chilometri fino ai contorni appena accennati di Chester Mill, una piccola città della provincia americana.

Come quasi tutti i libri di Stephen King, anche Under The Dome (2009) inizia così e quindi senza particolari preamboli, gettando immediatamente il lettore nell’epicentro del racconto che, in questo caso, è quello di una cittadina di duemila abitanti, Chester Mill appunto, che un mattino si ritrova imprigionata sotto una cupola invisibile, un campo di forza a prova di bomba che non permette a nulla di entrare o uscire dal suo territorio.

Se non avete letto il libro, nè ne avete mai sentito parlare ma state ugualmente pensando “ehi, mi pare di aver già visto una storia simile”… beh in effetti sì.  Nel film dei Simspon succede la stessa identica cosa a Springfield. Il film è del 2007, il libro del 2009. Plagio? Non proprio. King aveva già schizzato l’outline del suo soggetto trent’anni prima del film, e l’aveva rimaneggiato a lungo fino a ottenere, a metà anni ottanta, un manoscritto di 500 pagine intitolato The Cannibals, che però all’epoca decise di non pubblicare come racconta in questa lettera ai membri della community del suo sito (è anche possibile, e anzi consigliato, scaricare il manoscritto stesso).  Se la sovrapposizione tra i due soggetti è –  almeno si spera e così vogliamo credere – dunque del tutto accidentale,  gli esiti dei plot a cui danno vita sono quanto di più lontano si possa immaginare come è ovvio, quando su un piatto della bilancia c’è Homer e sull’altro Stephen King.

Under the Dome è senza dubbio uno dei romanzi meglio riusciti dell’ “ultimo” King. Un “proiettile narrativo”, come l’ha definito un amico all’epoca della sua uscita, che prende il lettore in ostaggio per 1100 pagine di trama fittissima. La discesa della cupola su Chester Mill diventa il pretesto per mettere in scena tanto un’ “apocalisse localizzata” quanto una satira piena di comicità del peggio (e King è da molto tempo il miglior talento su piazza quando si tratta di indagare il peggio dell’essere umano) che hanno da offrire gli ideali promossi dal ventre ultra-conservatore d’America nel pieno – all’epoca dell’uscita del tomo – dell’esplosione del Tea Party. Racconta di come, priva di un’autorità dotata di un raziocinio superiore, il puro istinto di sopraffazione delle autorità locali dia vita a un regime totalitario in miniatura intriso di violenza e veleni che restano, non solo metaforicamente, imprigionati sotto la volta della cupola aleggiando e ristagnando sull’intera comunità. Il deus ex machina del male in questo caso è Big Jim Rennie, un venditore di auto usate che ritiene che Barack Obama – come “dimostra” inequivocabilmente il suo secondo nome Hussein – sia un terrorista in disguise e che i veri valori fondativi della moralità americana stiano altrove. Conquistata la fiducia della città che ha sempre visto in lui un uomo forte e di solidi principi, Big Jim (nomen omen) instaura un regime del terrore a cui cooperano i muscoli di alcune macchiette tipiche della proiezione hollywoodiana della provincia Usa: dal giocatore di football testosteronico al redneck che vede un potenziale attentatore kamikaze in ogni individuo dalla pelle scura. Mentre gli eventi precipitano e i tentativi di liberare la città sia dall’esterno sia dall’interno naufragano uno dopo l’altro insieme alle spiegazioni plausibili e implausibili dell’arrivo della cupola (extraterrestri? la Corea del Nord? I Russi?), un manipolo improbabile di persone si alleano per combattere l’improvvisato e iniquo Leviatano delle auto in saldo.

Per Under The Dome vale lo stesso discorso che si può fare per tutti gli altri libri di King. Non aspettatevi grandi invenzioni stilistiche, lessicali o strutturali. Non è nella bellezza delle descrizioni (ridondanti quando ci sono) o nella brillantezza dei dialoghi (piatti e banali perlopiù) che si ritrovano le qualità del libro ma nella grandiosità dell’ambizione socio/sci-fi e nella costruzione di una dinamo narrativa a orologeria; senza sbavature nella sua essenzialità. Non c’è quindi da meravigliarsi che non appena Spielberg ha letto il romanzo ci abbia intravisto del materiale perfetto per la serie da lui co-prodotta, che arriva ora anche in Italia a partire da domenica 14 (Rai 2) con, nei panni di Big Jim – e, bisogna ammetterlo, è un casting più perfetto – quel Dean Norris che è stato in quasi qualunque serie (specie quelle brutte) a cui possiate pensare prima di entrare nell’immaginario collettivo con il ruolo di Hank in Breaking Bad.

Potenzialmente in Under The Dome, il libro, c’è materiale per pensare a una serie al crocevia tra Lost e Twin Peaks. Le voci arrivate dall’America fino a ora parlano di una realizzazione esteticamente un po’ chiassosa e semplicistica (per capirci meglio: questo è il trailer) ma in senso stretto questo potrebbe non essere un problema (luci di scena sparate e descrizioni ridondanti – al netto delle differenze del medium – condividono più cose di quanto sembri) almeno finché la trama riuscirà a rispecchiare l’ambizione del progetto di King, uno a cui, in fondo, è piaciuto più questo Shining di quello di Kubrick.

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