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01:36 giovedì 18 settembre 2025
Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.
Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  La procura lo ha accusato di omicidio aggravato, reato per il quale il codice penale dello Utah prevede la pena capitale. 
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.

I tweet dei politici italiani saranno censurati?

Cosa cambierà con le nuove regole di Twitter.

10 Luglio 2019

Da adesso Twitter potrà censurare anche gli uomini più potenti del mondo. Dopo anni di tentennamenti, il fondatore Jack Dorsey si è convinto che per far sopravvivere il suo social sia necessaria una moderazione più efficace dei contenuti, anche e soprattutto se quei contenuti vengono postati da uomini che possono ordinare un bombardamento o la chiusura dei porti di una nazione. Finora il social aveva lasciato che i post dei “famosi” rimanessero online, seppure in palese violazione delle norme, perché erano quasi sempre “di interesse pubblico”. Toglierli significava privare il mondo di un’informazione importantissima. Tenerli significa aumentare la tossicità di Twitter. Nasconderli pare il giusto compromesso.

Le nuove regole prevedono un protocollo diviso in tre fasi. Prima fase: un utente o il sistema automatico di Twitter segnala un tweet postato da un politico che viola le regole della community, magari perché contenente minacce di violenza o fake news. Seconda fase: un comitato interno valuta se quel tweet è di interesse pubblico oppure no. Se non lo è, il team richiede al suo autore la rimozione immediata. Se lo è, il tweet scompare dalle ricerche e viene in parte oscurato. Al suo posto appare una finestra in grigio chiaro con una scritta che dice più o meno: «Questo tweet viola le nostre regole, ma potrebbe essere di interesse pubblico. Clicca qui se vuoi vederlo».

La misura si applicherà a rappresentanti del governo, politici eletti o in corsa per l’elezione che hanno più di 100 mila follower. L’uomo più “arrabbiato” per la svolta è proprio il più potente del mondo. Quel Donald Trump autore di sette tweet al giorno in media a uso e consumo dei suoi 61 milioni di follower e capace di chiamare “leccapiedi” un senatore, pubblicare un video in cui massacrava di botte la Cnn, minacciare di guerra la Nord Corea («Won’t be around much longer!»), e definire “basso e grasso” il suo presidente.

In Italia, a finire nel mirino potrebbero essere in tanti. Il primo è sicuramente Matteo Salvini. Il leader della Lega è piuttosto efficace nell’aizzare il suo milione di follower con tweet che potrebbero violare le regole di Twitter. Nel suo Barometro dell’odio, ricerca in cui ha analizzato i tweet dei politici nei giorni precedenti le elezioni Europee di maggio, Amnesty International ha decretato Salvini come il re dell’hate speech del Twitter italiano, classificando il 22% dei suoi post (anche su Facebook) come offensivi e/o discriminatori. A prevalere è la discriminazione verso «migranti, rifugiati e persone con background migratorio» e verso le altre religioni. Il tweet più commentato prima delle Europee, per esempio, è quello in cui il vicepremier diffondeva ad arte una fake news: «C’è un progetto per mettere delle tendine nei cimiteri per coprire i simboli religiosi. Pazzesco…». Da censurare anche quello, visto che diffonde una notizia falsa?

A cavalcare la notizia delle “tendine nei cimiteri” è stata, puntualissima, anche Giorgia Meloni («Ma solo io trovo delirante tutto ciò?»). La leader di Fratelli d’Italia, 700 mila follower, è uno dei politici che vantano il maggior engagement su Twitter (dopo Salvini e Di Maio), grazie anche al suo stile piuttosto aggressivo nei confronti di presunti attentatori all’identità nazionale italiana. Se il nuovo protocollo di Twitter fosse stato attivo, avrebbe forse avuto il suo bel da fare con la politica di destra, che si è piuttosto scatenata con il caso Sea Watch. Nel giro di pochi giorni la Meloni ha prima in un video invocato l’affondamento della nave della Ong, dopo aver fatto sbarcare e tornare in patria i passeggeri (istigazione alla violenza?). Ha poi definito in un elegante gioco di parole “accoglioni” i colleghi del Pd (ingiuria?). Si è scatenata contro i parlamentari francesi che avevano difeso la Ong: «Cinici sfruttatori di popoli» (diffamazione?). E ha ripetuto l’invito all’affondamento anche della nave Mediterranea. In tutto questo, ha continuato a chiamare in ogni post i migranti «clandestini», anziché «richiedenti asilo». Dettagli? Mica tanto, visto che nel 2017 il Tribunale di Milano ha stabilito che è un reato usare impropriamente quella parola. L’imputato, allora, era la Lega.

Ora, il fatto che i politici italiani a rischio di censura siano tutti di destra non è un caso. Su Twitter, i gruppi politici più aggressivi sono quelli di destra. Succede anche in America. Il problema, per Twitter e per i social network, è che censurare quella parte politica equivale a esporsi  a nuove accuse di partigianeria da parte dell’uomo più potente del mondo e dei suoi gruppi organizzati, e di altri populisti sparsi in giro per il mondo, pronti a giocare a fare le vittime della censura sinistroide della Silicon Valley. Un bel dilemma per una società quotata in Borsa che già da anni è accusata di essere al servizio dei democratici. Per vedere cosa succederà, aspettiamo il primo tweet oscurato.

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