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20:30 venerdì 17 ottobre 2025
Hollywood non riesce a capire se Una battaglia dopo l’altra è un flop o un successo Il film di Anderson sta incassando molto più del previsto, ma per il produttore Warner Bros. resterà una perdita di 100 milioni di dollari. 
La Corte di giustizia europea ha stabilito che gli animali sono bagagli e quindi può capitare che le compagnie aeree li perdano Il risarcimento per il loro smarrimento è quindi lo stesso di quello per una valigia, dice una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea.
È uscito il memoir postumo di Virginia Giuffre, la principale accusatrice di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl e racconta tutti gli abusi e le violenze subiti da Giuffré per mano di Epstein e dei suoi "clienti".
È morto Paul Daniel “Ace” Frehley, il fondatore e primo chitarrista dei KISS Spaceman, l'altro nome con cui era conosciuto, aveva 74 anni e fino all'ultimo ha continuato a suonare dal vivo.
Dell’attentato a Sigfrido Ranucci sta parlando molto anche la stampa estera La notizia è stata ripresa e approfondita da Le Monde, il New York Times, il Washington Post, Euronews e l’agenzia di stampa Reuters.
Oltre alle bandiere di One Piece, nelle proteste in Usa è spuntato un altro strano simbolo: i costumi gonfiabili da animale Costumi da rana, da dinosauro, da unicorno: se ne vedono diversi in tutte le città in cui si protesta con Trump e contro l'Ice.
Secondo Christopher Nolan, non c’è un attore che quest’anno abbia offerto un’interpretazione migliore di The Rock in The Smashing Machine Quello del regista è il più importante endorsement ricevuto da The Rock nella sua rincorsa all'Oscar per il Miglior attore protagonista.
Dopo 65 anni di pubblicazione, Il Vernacoliere chiude ma non esclude il ritorno Lo ha annunciato su Facebook il fondatore e direttore Mario Cardinali, che ha detto di essere «un po' stanchino» e spiegato la situazione di crisi del giornale.

Tuvalu ha un seggio, la Palestina no

Vedi alla voce #IfPalestineWereAState. Tre frasi per capire cosa c'è in gioco al Palazzo di Vetro

21 Settembre 2011

Le Nazioni Unite contano ad oggi 193 membri. Tra questi la Repubblica di Tuvalu, isola polinesiana di circa diecimila abitanti che vanta tra gli introiti principali l’affitto del dominio .tv. Al contrario manca all’appello la Palestina, nazione a cui è stata sancito il diritto a un’esistenza indipendente da una risoluzione Onu del 1947. Come ormai già molti di voi sapranno, e salvo retromarcia dell’ultima ora, questo venerdì i rappresentanti palestinesi chiederanno, per la prima volta, di essere ammessi come nazione indipendente nel consesso del Palazzo di Vetro.

Quel “come nazione indipendente” è importante per due motivi. Primo: i rappresentanti palestinesi partecipano già ad alcune riunioni Onu in quanto membri dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina, fondata da Arafat), che è membro osservatore. Secondo: ai palestinesi non interessa tanto partecipare alle attività Onu, quanto dichiarare la loro indipendenza. Unilateralmente e alla facciazza di Israele.

La questione è complicata. Perché da un lato – carta canta – i palestinesi hanno tutti i diritti di ottenere l’indipendenza. Dall’altro lato, alcuni temono che a) una dichiarazione unilaterale possa portare a uno scontro frontale con Israele, e che b) una dichiarazione senza un’indipendenza di fatto sia una presa per i fondelli soprattutto per i palestinesi. Dunque è un bene o un male che i palestinesi dichiarino indipendenza davanti all’Onu? Qui non è tradizione fornire risposte, semmai ci interessano le domande. E leggendo qua e là abbiamo trovato alcuni spunti per porci altre domande.

E’ la tempesta perfetta
Mark LeVine, docente di Storia islamica, chitarrista e autore di Rock the Casbah, su Al Jazeera
Bel pasticcio per Obama, che si trova davanti a un bel dilemma. Per ottenere lo status finale di nazione indipendente, infatti, ai palestinesi non basta il voto dell’Assemblea generale, che si dovrebbe svolgere venerdì. Hanno bisogno dell’approvazione del Consiglio di Sicurezza, dove gli Usa hanno diritto di veto. Se Obama non pone il veto si aliena del tutto il mondo musulmano, se non lo fa non solo si aliena Israele, ma manda a pallino oltre 15 anni di negoziati sostenuti dagli americani, che puntavano sul raggiungimento di un accordo tra israeliani e palestinesi, non a una dichiarazione unilaterale di indipendenza.
In realtà il modo di salvare capra e cavoli ci sarebbe. I rappresentanti palestinesi possono evitare di andare davanti al Consiglio di Sicurezza… a patto di accontentarsi di essere riconosciuti come “Stato osservatore,” anziché come pieno membro dell’Onu. Proprio come il Vaticano.

Vedi alla voce: “agire coerentemente”
Steve Coll, giornalista premio Pulitzer, sul New Yorker
Chiedere quali sono i requisiti per entrare a fare parte delle Nazioni Unite? “Un po’ come quando si è in fila davanti a un night, se ti fai questa domanda vuol dire che non li possiedi,” scrive Coll. Detto questo, lo stesso premio Pulitzer ricorda che esiste una convenzione (mai sentito parlare di Montevideo 1933?) che pone quattro requisiti: 1)avere una popolazione permanente, 2) un territorio definito, 3) un governo e 4) la capacità di entrare in relazione con gli altri Stati. Ebbene, è su quest’ultimo punto che è lecito avere qualche dubbio: con Fatah, che governa la Cisgiordania, e Hamas, che ha preso di fatto il potere nella Striscia di Gaza, in perenne lotta tra loro… possiamo davvero pensare che “la Palestina abbia la capacità di agire in modo coerente?”

Terra chiama Palestina: “disconnessione dalla realtà”
Ali Abunimah, fondatore di Electronic Intifada, su Foreign Affairs
La decisione da parte del presidente palestinese Abu Mazen di dichiarare unilateralmente l’indipendenza in sede Onu nasce in teoria con un obiettivo: bypassare lo stallo del processo di pace. Ma, sostiene Abunimah, così facendo lo stesso Abu Mazen porta alla luce una delle contraddizioni principali del processo di pace: “La disconnessione tra la fondazione di uno Stato e la realtà.” Ora, da che mondo e mondo i ragazzi di Electronic Intifada ce l’hanno sempre avuta con il processo di pace: problemi seri, problemi loro. Ma su una cosa Abunimah ha ragione: dichiarare l’indipendenza sulla carta senza porre fine all’occupazione militare sul campo rischia di essere una presa per i fondelli.

A proposito: ma che ci fa Electronic Intifada su una rivista così ingessata come Foreign Affairs? Davvero i tempi stanno cambiando…

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