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23:16 lunedì 20 ottobre 2025
La prima serie tv tratta dal Signore delle mosche l’ha realizzata Jack Thorne, il creatore di Adolescence Con la consulenza degli eredi di William Golding, per garantire la massima fedeltà della serie, prodotta da Bbc, ai temi e alle atmosfere del romanzo.
Il figlio del fondatore di Mango sarebbe sospettato nell’indagine sulla morte del padre Lo riportano i quotidiani El Pais e La Vanguardia: la polizia starebbe verificando delle supposte incongruenze nelle dichiarazioni di Jonathan Andic relative alle circostanze della morte del padre Isak.
È morta Sofia Corradi, la donna che ha inventato l’Erasmus “per colpa” della burocrazia italiana Aveva 91 anni e l'idea dell'Erasmus le venne quando in Italia non le furono riconosciuti degli esami universitari fatti negli Usa.
Persino la ministra della Cultura francese ha ammesso che i ladri che hanno rubato i gioielli dal Louvre sono stati «molto professionali» Una sconsolata Rachida Dati ha dovuto ammettere che i ladri hanno agito con calma, senza violenza e dimostrandosi molto esperti.
Gli addetti stampa della Casa Bianca hanno risposto «tua madre» a una normalissima domanda di un giornalista durante una conferenza stampa Una domanda sul vertice tra Trump, Putin e Zelensky a Budapest, che Karoline Leavitt e Stephen Cheung hanno preso molto male, a quanto pare.
Hollywood non riesce a capire se Una battaglia dopo l’altra è un flop o un successo Il film di Anderson sta incassando molto più del previsto, ma per il produttore Warner Bros. resterà una perdita di 100 milioni di dollari. 
La Corte di giustizia europea ha stabilito che gli animali sono bagagli e quindi può capitare che le compagnie aeree li perdano Il risarcimento per il loro smarrimento è quindi lo stesso di quello per una valigia, dice una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea.
È uscito il memoir postumo di Virginia Giuffre, la principale accusatrice di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl e racconta tutti gli abusi e le violenze subiti da Giuffré per mano di Epstein e dei suoi "clienti".

Tom McCarthy, alfiere dell’indie

Ventun film recitati, tre diretti e quattro sceneggiati. Nonostante questo, forse non lo conoscete ancora

21 Settembre 2011

Ha 45 anni e lo stesso nome di un famoso giocatore di hockey. Ha diretto tre film e scritti quattro, di cui uno ha vinto ben due Oscar. Non solo: ha recitato in ben 21 film. Tra questi citiamo almeno Good Night and Good Luck, Amabili Resti, Flags of Our Father, Ti Presento i Miei e 2012. Ha anche preso parte a moltissimi serie televisive: Spin City, Law & Order, Ally McBeal. Eppure sono quasi sicuro che se vi facessi vedere una fotografia di Tom McCarthy, pochi di voi sarebbero in grado di riconoscerlo. A meno che voi siate fan della serie più bella di tutti i tempi. Se avete visto The Wire, non potrete fare a meno di riconoscere nella faccia da bravo ragazzo di Tom McCarthy, uno dei personaggi più fastidiosi, antipatici e cattivi di tutte e cinque le stagione, ovvero il giornalista del The Baltimore Sun, Scott Templeton. Nota importante: se non avete visto The Wire, recuperate al più presto. Ve lo dice uno che adesso si bulla e fa il fenomeno, ma che meno di un anno fa viveva ancora nella più cupa ignoranza. Non fatevi prendere dal panico: non avete visto The Wire all’epoca della sua messa in onda? Recuperate adesso. Per i capolavori non c’è fretta.

Nato il 7 giugno del 1966 in New Jersey, McCharty ha studiato alla prestigiosa Yale School of Drama con il grande Earle R. Gister. Ha cominciato a recitare, tutt’altro che giovane dati gli standard hollywoodiani, a 26 anni. Esordisce infatti nel 1992 con Oltre il Ponte, pellicola in cui Stephen Baldwin faceva ancora la parte del bello (cosa che data di molto il film in questione). Dopo una lunga serie di Tv Movie o di comparsate, la svolta per la sua carriera attoriale arriva nel 2000 grazie al blockbuster Ti Presento I Miei, dove interpreta una piccola parte. Ma il successo della pellicola è tale da regalare a quasi tutti gli attori un bel po’ di attenzione in più. McCarthy da lì in avanti viene scelto da registi come George Clooney, Clint Eastwood, Peter Jackson, Roland Emmerich o Philip Seymour Hoffman (l’attore ha esordito dietro la macchina da presa con Jack Goes Boating, da noi ancora inedito). McCarthy stupisce per la sua trasversalità come attore: il suo dimenticabile e anonimo volto si presta perfettamente per ogni tipo di film o serie televisiva. Paradosso: è talmente bravo, che nessuno si accorge della sua bravura. Avete presente quelle comparse dei film di Mike Leigh che bevono pinte al bancone del pub? Gente che sembra nata e cresciuta in quell’inquadratura. Gente che sembra essere stata scelta insieme alla scenografia. McCarthy è così: a differenza dei suoi colleghi più famosi, sembra vivere realmente nei film in cui lavora.

Ma il meglio lo da come sceneggiatore e regista. Nel 2003 scrive e dirige The Station Agent. Il film – che vede nella parte del protagonista il grandissimo Peter Dinklage, il nano fresco di Emmy per la sua parte in Game of Thrones – vince una lunga serie di premi in giro per tutti i festival più indie del pianeta. Dopo aver conquistato il Sundance, il Film Indipendent e l’Independent Spirit John Cassavetes Award, McCharty si prepara per i piani alti. Nel 2007 L’Ospite Inatteso, il suo secondo film da sceneggiatore e regista, finisce tra i candidati agli Oscar. Il merito è di quella faccia incredibile che è Richard Jenkins, candidato come miglior attore, ma il nome di McCarthy comincia a farsi realmente caldo. Il colpaccio lo fa però come scrittore. Nel 2009 scrive una storia in cui un anziano che decide di legare tanti palloncini a casa sua per andarsene in giro per il mondo. Esatto: McCarthy è quello che ha scritto Up!, uno dei più bei film della Pixar. La cosa gli è valsa una candidatura diretta agli Oscar di quell’anno e ovviamente un credito più o meno infinito nel mondo del Cinema. E quest’anno è la volta della sua terza regia: Win Win. Il film, che dovrebbe uscite in Italia con il titolo di Mosse Vincenti, come il suo regista e sceneggiatore, è un film che sembra starsene volutamente in disparte. Win Win è una sorta di manifesto di quello che è il cinema indie di una decina di anni fa: datato, fuori tempo massimo, ma con una sua evidente onestà. Che possiamo riconoscere a partire dal cast: la scelta di Paul Giamatti come protagonista parla chiaro, e al suo fianco una lunga serie di incredibili caratteristi come Amy Ryan (anche lei già in The Wire), l’irresistibile Jeffrey Tambor (Arrested Development) e un ritrovato Burt Young. Come chi? Paulie di Rocky! Insomma, il consiglio è quello di segnarsi il nome di McCarthy: anche se non vi vciene in mente il viso (e a questo punto direi di farvelo vedere qui), è uno che lascerà il segno.


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