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La vendetta di Mark Zuckerberg

L'ex sfigato della Silicon Valley si è trasformato in una sorta di supersoldato: dopo anni di scandali, fallimenti e prese in giro, ora Zuckerberg vuole riprendersi il ruolo di maschio alfa del tech.

di Francesco Del Vecchio

Il lancio sul mercato di Threads, la nuova piattaforma social di Meta che assomiglia molto a Twitter, è stato il culmine di un processo che Mark Zuckerberg sta portando avanti nel 2023. Non tanto per l’app in sé, che stando ai primi report non sembra foriera di chissà quali novità, ma per il clima che si è creato nelle ultime settimane attorno a Meta e al suo fondatore: il presunto duello in una gabbia tra Zuck e Elon Musk ha catalizzato l’attenzione globale, a metà tra meme e realtà. Ed è forse proprio il combattimento tra i due il momento culminante del 2023 di Zuckerberg, quello che ha sancito il suo nuovo modo di stare al mondo, almeno pubblicamente. Il Washington Post di recente ha parlato di un processo di “Elonization” in Mark Zuckerberg, Insider ha descritto questa fase storica come il picco dei tech bro, inteso in maniera poco lusinghiera e molto goliardica: quel che è certo è che siamo di fronte a un nuovo Zuck, una versione più chad e testosteronica del fondatore di Facebook.

I tempi della crema solare che copriva il suo volto in modo quasi grottesco sembrano andati, insieme all’udienza in cui la rappresentante democratica Alexandria Ocasio-Cortez aveva pubblicamente demolito Zuckerberg sul caso Cambridge Analytica e sulle ombre nella gestione di Facebook. Sembra passato un secolo dalle giustificazioni, dalla difesa a spada tratta della sua azienda e da un’immagine goffa e quasi parodistica del founder miliardario. Ora Zuckerberg mostra fiero bicipiti e pettorali, flexa i suoi muscoli sul suo profilo Instagram quasi come un concorrente di Temptation Island. Non indossa più le solite t-shirt grigie e le felpe con zip e cappuccio, ma camicie attillate che possano mettere in evidenza il suo fisico. Ha iniziato a praticare arti marziali durante la pandemia e compete in tornei di jiu-jitsu: si è affidato a un coach di fama mondiale (che parla molto bene del suo allievo), grazie a cui ha conquistato anche medaglie e piazzamenti onorevoli.

Proprio da qui nasce la sfida con Elon Musk, un combattimento in gabbia tra i due: Zuckerberg ora può permettersi di fare il duro con i suoi pari, quasi avesse guadagnato la street credibility necessaria. Di recente, il nuovo Mark ha postato un selfie con un giubbotto mimetico, annunciando di aver appena completato la Murph challenge, una popolare sfida di allenamento che richiede di eseguire una grande quantità di corsa, trazioni alla sbarra, flessioni e squat indossando un giubbotto da quasi dieci chili. L’epoca dei Ceo silenziosi e secchioni è finita e siamo entrati in una nuova era: ora il massimo traguardo è apparire nei podcast di Joe Rogan e del ricercatore Lex Fridman, entrambi molto popolari tra i bro. I dirigenti si fanno a pezzi reciprocamente, si scambiano battute taglienti, si sfidano sui social media. Brian Chesky, amministratore delegato di Airbnb, ha dichiarato a Bloomberg che «sfiderebbe qualsiasi leader del settore tecnologico a fare la panca piana», aggiungendo di essere «in attesa di queste battaglie fisiche nel settore tecnologico». Uno strano crossover tra la pagina Sesso, Droga e Pastorizia e la Silicon Valley.

Quello che cercano Zuckerberg, Musk e i loro omologhi è anche l’approvazione degli altri tech bro: un genere di comunità che nel 2021 Wired definiva «aggressivamente conformista, intenzionalmente fuori moda, orgogliosamente fedele alle istituzioni», con «un sottofondo di misoginia, anche se il bro da manuale è più buffonesco che minaccioso». Da allora, i fratelli tecnologici della Silicon Valley sono diventati meno fuori moda e buffoneschi, avvicinandosi alla definizione più ampia di bro, cioè «stereotipicamente caratterizzato come cordiale, atletico, sicuro di sé, amante delle feste», secondo il dizionario Merriam-Webster.

Un tempo le icone tech assomigliavano più a Bill Gates, Steve Jobs o Larry Page. Potevano essere arroganti, ma erano anche notevolmente imbranati, attenti alle parole e difficilmente gli si chiedeva della loro routine di allenamento. Gli atteggiamenti di Musk e Zuckerberg sono invece il tipo di comportamento che ci si aspetterebbe in una confraternita universitaria americana, non da due uomini di mezza età alla guida di alcune delle più importanti aziende tecnologiche del mondo (per inciso: è possibile immaginare due donne che si lanciano questo tipo di sfide e continuano a godere della fiducia dei rispettivi consigli di amministrazione?).

Non è un caso che il nuovo Zuckerberg sia arrivato a scontrarsi proprio con Elon, in un certo senso il capostipite di questa cultura. In passato, i dirigenti hanno cercato di mantenere un basso profilo, ma Musk si è fatto un nome nella community fumando erba con Joe Rogan, partecipando a eventi come il Met Gala, dando a suo figlio un nome in codice, frequentando la popstar Grimes. Al netto di tutte le critiche che gli si possano muovere da un punto di vista politico e aziendale, Musk ha mostrato un nuovo modo di interpretare il personaggio del miliardario visionario. Da questo punto di vista sembra chiara anche l’operazione di Zuckerberg: la sua trasformazione (come nei teen movie americani in cui il secchione cambiava la sua personalità e il suo aspetto per conquistare la cheerleader) è certamente funzionale a sfidare la leadership di Musk nel settore (quello che nei teen movie sarebbe stato il popolare giocatore di football), ma anche a guidare Meta in un modo diverso. L’immagine di Zuckerberg ha subìto contraccolpi dopo un lungo periodo di scandali e di lotte politiche sulla moderazione dei contenuti di Facebook e sull’uso dei dati degli utenti. La sua grande scommessa sul metaverso stenta a decollare e Meta è stata lenta a sviluppare prodotti basati sull’intelligenza artificiale generativa, che hanno già trasformato l’industria tecnologica. Soprattutto, quanti articoli sono stati pubblicati sul declino di Instagram in questi anni?

La campagna Pr sul nuovo Zuck è un modo per porre al centro dell’attenzione il suo personaggio più che la sua azienda, contrariamente a quanto fatto finora: di questo nuovo storytelling ne ha giovato anche Meta, che sembra aver superato l’impasse del passato, in cui si era parlato più delle ombre e degli scandali collegati alla società. Quest’anno anche le performance sui mercati finanziari sembrano più convincenti e molti osservatori dichiarano di percepire un’aria differente a Menlo Park. Ovviamente non bastano i pettorali rinvigoriti a convincere gli investitori ma rientrano in una strategia più ampia che ha presentato Zuckerberg in modo nuovo a un pubblico con scarso entusiasmo per il suo impero social. La vera domanda è in che modo la nostra società e il dibattito pubblico possano beneficiare di questa generale svolta verso un bomberismo siliconvallico.