Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
Teoria e tecnica della coppia di potere
Da Clooney-Alamuddin a Sartre-de Beauvoir: l'interesse in comune regge solo se ben organizzato.

La storia è triste e la conoscono tutti: l’avvocato Amal Alamuddin era intelligente, bella, affermata e non sapeva a chi darsi. Nel 2014, ormai compiuti i 36 anni, sceglie George Clooney.
Curriculum di lui: dopo essere stato il Dottor Ross di ER, ha vinto due Oscar. Altri titoli: si è impegnato per il Darfur e ha la risposta pronta. Note biografiche prematrimoniali: fidanzate bizzarre e un maiale domestico, Max, che lo accompagnava sul set. Curriculum di lei: parla inglese, francese e arabo. Laurea in giurisprudenza a Oxford e specializzazione a New York. È stata consigliere di Kofi Annan, difensore di Yulia Tymoshenko e Julian Assange. Già all’università era soprannominata “Just Cause” per la tendenza all’ideale: studiava legge, ma non è mai stato per soldi.
George e Amal si sono sposati e hanno fatto bene. Oggi la verità universalmente riconosciuta sul matrimonio è che le persone dotate di discrete fortune preferiscono accoppiarsi in condizioni di parità: innamorarsi soltanto d’amore dopo enormi conquiste professionali non è solo dannoso, è anche inutile. È per questo che molti scelgono quell’operazione malamente definita power couple: due pari grado decidono di stare insieme; oltre ai sentimenti, luce riflessa.
La power couple, prima di diventare un’americanata, era una trovata medievale europea per case reali. I classici invece snobbarono subito l’idea preoccupandosi addirittura di costruire un mito tragico di dissuasione: i protagonisti sono Enea, eroe troiano, e Didone, regina di Cartagine. Concordano un buon matrimonio, il Fato interviene e li separa. Enea parte per conquistare altrove, Didone sceglie di morire tragicamente.
La power couple ritorna molto di moda in età moderna, i massimi teorici sono stati Sartre e Simone de Beauvoir. Era il 1929 quando Jean-Paul, pensatore esistenzialista, preoccupato per la carriera della futura autrice Simone, giovane e molto innamorata di lui, le spiegò che era utile per entrambi impostare il loro rapporto in un certo modo: contratto di due anni insieme, dopodiché frequentazione a saltello.
Sartre fu convincente: era meglio non sposarsi, l’amore avrebbe sicuramente perso lo smalto dell’inizio e la bellezza degli ormoni; senza contare che la routine insultante della famiglia per uno scrittore è fatale. Il colpo di genio (di lui) fu inserire nell’accordo la conveniente clausola: «Il nostro è un amore necessario, ci conviene conoscere anche degli amori contingenti». Ripuliti i fatti dalla filosofia, la proposta di fidanzamento di Jean-Paul a Simone diventava: io e te resteremo senz’altro innamorati elettivi, ma è meglio se iniziamo a vedere altra gente. Simone accettò senza troppe storie: come si fa a contraddire l’uomo che ami? Non riuscì nemmeno a fargli notare che la falla ontologica nell’argomentazione era colossale, eppure Jean-Paul aveva letto Platone: l’amore non ammette terzi, chiede il possesso esclusivo. È il tuo giocattolo: gli altri bambini non lo devono toccare. In ogni caso l’accordo riuscì ad essere rispettato e dalla lezione francese in poi divenne chiara una cosa per tutti: la power couple ha senso se è ben organizzata, se il contratto è scritto al millimetro. Aveva ragione Sartre.
George e Amal volevano proprio una relazione come quei due: maggiore visibilità per le cause umanitarie di lei e ambizioni più serie per George, ad esempio la politica. In più – una a Londra e l’altro in America – avrebbero avuto il vantaggio del più grande incentivo sentimentale: non vedersi mai. Il Sartre di tutta la faccenda, era chiaro, doveva essere Amal. Qualcosa però dev’essere andato storto: non solo l’avvocato Alamuddin è perseguitata dai giornali che ora le controllano le dita dei piedi, di che marca è il vestito che porta in tribunale e si permettono di chiamarla “the brunette”, il marito la vuole anche al reparto pubblicità. L’ultima bravata di Clooney è stata il lancio della sua linea di tequila in una discoteca spagnola. Amal ha giurato fedeltà, quindi ha messo in valigia la minigonna ed è partita per Ibiza l’ultimo fine settimana di agosto.
Di recente la situazione è proprio precipitata: a settembre il ministro della Giustizia inglese, Edward Faulks, ha osato dichiarare: «Amal Clooney si occupa di grossi casi solo grazie a Clooney». In realtà per colpa del marito e dei fotografi in aula ha cominciato a perderli, quei casi. Il ministro si è scusato, ma il danno ormai era fatto. Il problema è chiaramente di metodo: Amal e George stanno ancora improvvisando, o non si spiegano questi errori e come si siano fatti superare da altri professionisti, i West-Kardashian.
Nel biennio 2014-2015 Kanye ha iniziato a vendere vestiti, Kim ha ottenuto il saluto di Anna Wintour. Risultati di borsa: dopo neanche 12 mesi dalla cerimonia erano tra le 100 persone (classifica del Time) più influenti del pianeta: fa il 2 per cento del potere mondiale, il massimo mai totalizzato da un matrimonio. Quel 2 per cento doveva essere dei Clooney, è tempo che Amal cominci a fare meglio per se stessa quello che da dieci anni fa benissimo per gli altri: definire una strategia. Si sarà accorta che la power couple, esattamente come l’amore romantico, a un certo punto inizia a perdere i pezzi.
Fotografie Getty Images

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