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18:06 domenica 23 marzo 2025
Il governo serbo è accusato di aver usato un “cannone sonoro”, un’arma illegale, contro i manifestanti di Belgrado. E adesso i manifestanti chiedono un'indagine indipendente per scoprire cosa è successo davvero.
I Fontaines D.C. hanno fatto una bellissima cover di “Heart-Shaped Box” dei Nirvana. Cucendola assieme a "Can You Feel My Heart" dei Bring Me The Horizon.
Prima di morire, David Lynch aveva iniziato a lavorare a una nuova serie tv. Lo ha confermato in un'intervista l'attrice Naomi Watts, che avrebbe dovuto essere la protagonista assieme a Laura Dern.
Il marchio cinese BYD dice di aver inventato un’auto elettrica che si ricarica in 5 minuti. E sarebbe un altro bel problema per Tesla, che continua a perdere valore.
È uscito il primo trailer di Together, uno dei film più attesi dell’anno. Presentato all'ultimo Sundance, ha raccolto recensioni tutte entusiastiche.
Se volete leggere tutto il Manifesto di Ventotene, è scaricabile dal sito del Senato. Così capirete se questa Europa è la vostra oppure no, come ha detto Giorgia Meloni alla Camera.
Il governo francese invierà un manuale di sopravvivenza alla guerra in tutte le case del Paese. L'obiettivo è fare in modo che tutti sappiano affrontare «minacce imminenti», hanno riferito fonti vicine al Primo ministro Bayrou.
Quella volta che Nadia Cassini rischiò di andare in carcere per aver mostrato il perizoma in tv. L'attrice, protagonista della commedia sexy all'italiana, è morta oggi a 76 anni.

Stone Island, dalla via Emilia al West

Il marchio emiliano ha presentato a Los Angeles Selected Works ‘982-‘024, la sua prima grande mostra d’archivio negli Stati Uniti, e un lungometraggio che celebra l’Emilia, l’artigianalità, la cura con cui da 42 anni si produce eccellenza.

14 Marzo 2024

La memoria è una cosa preziosa perché è in via d’estinzione. In quest’epoca digitale, dove tutto è archiviabile, archivio e archiviato, è difficile ricordare. Rimangono certe tappe, di quelle che segnano un percorso. Ricordo a memoria una serie di “prime volte” importanti, quelle capaci di cambiare, anche solo di pochi gradi, l’inerzia di una vita. Non parlo di primi baci e cose così, ma di cose più legate alla cultura, intesa come complesso di esperienze acquisite da un individuo e costitutive della sua personalità. La prima volta allo stadio. Il primo trip con un acido. Il primo concerto da solo, nelle prime file, schiacciato tra migliaia di corpi. Il primo capo Stone Island. Comprato a vent’anni e dopo mesi di risparmi. Certo, è ancora con me, vent’anni e diversi traslochi dopo. Il badge è scolorito e con gli angoli arricciati, andrebbe stirato. I gomiti si sono bucati dall’usura. Avevo, al tempo, il terrore di utilizzarlo per paura che si rovinasse, e allo stesso tempo non avrei voluto mai toglierlo.

Acquistare un pezzo di Stone Island era come mettere un mattone all’edificio della propria identità. Era la messa in atto di un carattere che già sentivo in potenza, ma che andava esplicitata in qualche modo. Non tutti i vestiti riescono a farcela, naturalmente. È una forza quasi magica, ma Stone Island ce l’ha: sono uniformi, dichiarazioni, sono appartenenza. Se un giubbotto significa appartenere a qualcosa, la domanda successiva diventa: quali sono allora le caratteristiche di questo gruppo? Le religioni funzionano con un meccanismo top-down: i sacerdoti del culto impongono una certa ritualità o abbigliamento ai devoti, e questi eseguono. Con certi marchi, come Stone Island, il meccanismo funziona quasi all’opposto: sono gli adepti che creano una mitologia, in un certo senso, intuendo qualcosa di implicito e sottile che il marchio ha più esplicitamente o meno comunicato. Ma è più un discorso orizzontale e paritario, che si sviluppa organicamente. Stone Island ha da subito dato qualcosa ai suoi clienti. Stone Island ha poi imparato altro da come questi clienti hanno interpretato il marchio, e si è evoluta di conseguenza. Per questo, in realtà, “clienti” è una parola limitante. Per questo, in realtà, si può davvero parlare di comunità.

A Los Angeles, nell’ultima settimana di febbraio 2023, Carlo Rivetti e Stone Island hanno celebrato questa storia, questa comunità, questa formula magica difficile da descrivere. Sono stati cinque giorni di esposizione, si chiamava Selected Works ‘982-‘024: una mostra monumentale di 42 pezzi d’archivio, con una sezione dedicata a 12 giacche Reflective, un’installazione di 35 modelli di capi Pure Metal Shell, e 7 pezzi rarissimi della serie Prototype Research. E poi talk, dj-set, proiezioni: di un cortometraggio e di un lungometraggio, quest’ultimo girato a Ravarino, la casa di Stone Island nella pianura emiliana, dal regista tedesco Ken-Tonio Yamamoto. Carlo Rivetti, Presidente di Sportswear Company S.p.A., presiedeva su tutto, parlava con gli occhi sempre emozionati della sua “Stone”, diceva «noi non facciamo la moda», spiegava tessuti, lavorazioni, funzionalità, salutava teenager americani che lo guardavano ammirati e lo chiamavano «Rivèdi».

Stava in disparte invece nella pellicola di Yamamoto, che si chiama Infinite Colours, ed è stata girata nei mesi della pandemia: parlano qui invece solo i dipendenti, da Andrea Moro, che da quasi vent’anni fa il Product director, a chi si occupa del controllo qualità, dei campioni, di cucire i capi, di tingerli, e così via. Uomini e soprattutto donne che parlano con l’accento forte modenese, parlano di un’azienda che è una famiglia, di territorio, di sentimenti. Non è uno degli astuti camuffamenti del capitalismo, tutt’altro: è invece qualcosa di antico, l’artigianato come valore umano, è la cura, è “la Qualità”, per dirla come Robert Pirsig. È difficile da spiegare perché è qualcosa che ha a che fare con il senso di appartenere. Un’identità, un orgoglio, non nazionalistico ma certamente rivendicato. Un po’ di commozione, quindi: ingenuamente, sentirsi parte di questa storia.

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