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Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

Skopje si fa bella

03 Giugno 2011

La capitale macedone di Skopje possiamo definirla storicamente schizofrenica. Distrutta diverse volte da terremoti vari (l’ultimo nel 1963) e da sempre contesa come importante nodo commerciale dall’impero di turno (Romano, Bizantino, Bulgaro, Serbo), solo nel secolo scorso la città è stata occupata dai nazisti, ripresa dai bulgari e poi inglobata nella Jugoslavia comunista, per assumere infine il ruolo di capitale dell’attuale Repubblica di Macedonia, nel 1991. Rispecchiando il profilo storico del suo Paese, Skopje si divide tra una maggioranza di Macedoni ed un caleidoscopio di minoranze etniche, tra cui spiccano un 20% albanese e significative enclavi turche e rom.

Era quindi abbastanza prevedibile che ci fossero delle discussioni, quando nel febbraio dell’anno scorso le autorità cittadine hanno annunciato un progettone di lifting neoclassico per il centro città. L’intervento è stato denominato Skopje 2014 (anno in cui dovrebbe essere completato) ed è spiegato in dettaglio in un video diffuso su YouTube in cui, con un sottofondo musicale trionfalmente malinconico, lente panoramiche sull’area interessata sono interrotte da goffi pop-up, che evidenziano i monumenti a venire con frettolosi dettagli rotanti in 3D.

Aldilà dalla qualità piuttosto scadente del video, comunque, le prevedibili contestazioni sono dovute sia all’aspetto etnico/religioso – l’equilibrio tra Macedoni ed Albanesi – che a quello storico – lo stile neoclassico dei nuovi progetti è stato accusato di non rispecchiare la storia del paese. Per non parlare di questioni di mera praticità, visto che c’è anche chi dice che quegli 80 o 200 milioni di euro (non s’è ben capito) si possono spendere meglio.

Già anni fa la Macedonia aveva avuto problemi diplomatici con i Greci (ai quali non piace nemmeno l’omonimia con la loro regione) quando aveva dato il nome di Alessandro Magno all’aeroporto della capitale, ed altre polemiche, questa volta con le minoranze interne, avevano accompagnato l’annuncio di un monumento allo stesso e di una chiesa nella piazza principale di Skopje.

Secondo i partiti albanesi, la visione futura che il governo ha della piazza non rispecchia la multiculturalità della città e, difatti, ne stanno pianificando un’altra loro in un quartiere vicino. Le associazioni musulmane e turche, dal canto loro, preferirebbero la ricostruzione della vecchia Moschea di Burmali o l’erezione alternativa di un monumento a Maometto II, il sultano che fece costruire il ponte adiacente.

Proteste o no, il progettone va avanti lo stesso. Per farmi un’idea della sua portata architettonica e delle possibili implicazioni per l’identità della città, mi sono scambiato qualche e-mail con Ljubo Georgiev, architetto bulgaro di stanza a Rotterdam. Ljubo (che ha studiato in Italia e mi ha quindi molto gentilmente risparmiato la traduzione delle sue risposte) ha recentemente presentato la situazione di Skopje al secondo evento Failed Architecture, al Trouw di Amsterdam, e ne presenterà un altro nella stessa Skopje, durante la settimana dell’architettura.

Secondo lui, l’intervento previsto non è male dal punto di vista urbanistico e si inserisce tutto sommato bene sul piano modernista realizzato da Kenzo Tange dopo il terremoto del 1963. Il problema è piuttosto architettonico: “I materiali, lo stile e le tecniche utilizzati sono di qualità temporanea. Secondo me si tratta di decor. La questione del decor diventa interessante perché, anche se l’architettura è sempre stata in un certo senso un modo per creare atmosfera, dimostrare potenza o innovazione, è solo con Las Vegas che viene introdotta la temporaneità. Il progetto Skopje 2014 è una sorta di Las Vegas, solo che il governo macedone non presuppone l’uso temporaneo degli edifici, ma li presenta come un segno di identità che rimarrà per sempre”.

Anche il video dimostra questa intenzione. “Mi fa pensare ad un video game, potrebbe anche far parte di Lord of the Rings. Dico così perché sembra un paesaggio mitico, idealizzato, una sorta di Arcadia, con edifici che sembrano più templi Greci che sedi dell’amministrazione”.

I testi in macedone, senza nessuna versione inglese, confermano che il messaggio è rivolto principalmente alla popolazione locale: “Rinforzare – e direi anche creare – un’identità è lo scopo principale del progetto nella sua totalità. Più che provare a fare un branding internazionale, il primo obiettivo è convincere i Macedoni stessi della loro appartenenza alla cultura europea”.

Skopje 2014 non si pone in maniera neutrale rispetto alla storia nazionale macedone, ma è uno statement significativo rispetto a passato, presente e futuro. “Anche negli anni ’60 la ricostruzione di Skopje dopo il terremoto era una questione di creare un’identità. Allora si guardava verso il futuro, mentre oggi i sogni vengono cercati guardando al passato. La vecchia identità viene negata, anche odiata, e ne viene introdotta un’altra. La questione è se ne verrà creata una nuova fra 50 anni”. Considerate le controversie che stanno accompagnando il progetto ed i metodi con cui sta venendo promosso, l’impressione non è proprio di stabilità. “Il problema e’ che l’identità diventa troppo definita da strategie di marketing, manca la qualità per essere una cosa ‘naturale’ per la città”.

Forse la soluzione migliore sarebbe guardare al presente e prendere atto del complesso status della capitale macedone, con i suoi conflitti e le sue contraddizioni. Perchè 200 milioni a Las Vegas fai in fretta a perderli.

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