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La nuova ossessione dello skincare è la saponetta
Secondo The Cut, l’ultima novità in materia di “skincare”, ovvero di cura della pelle, sono le vecchie saponette. D’altronde, abbiamo iniziato a parlare ossessivamente di sieri, creme e integratori di bellezza almeno dal 2016, quando i tutorial di contouring raggiungevano il loro apice su YouTube e iniziavano a guadagnare spazio – soprattutto su Instagram – tutti quei marchi che avrebbero fatto del “no make up” il loro mantra.
Per potersi truccare di meno serve una pelle pressoché perfetta e questo potrebbe essere uno dei motivi per cui, azzardiamo, tutti i prodotti pensati per la cura della pelle sono diventati un vero e proprio fenomeno culturale. In questo bizzarro processo c’entrano le ansie millennial, le nuove forme di auto-indulgenza e l’allargarsi a dismisura di quel concetto di “wellness”, benessere, che ormai somiglia più a una filosofia di vita che a una pratica di bellezza. Ma come siamo ritornati, esattamente, alle saponette da bagno?
Intanto perché sono ecologiche, dice Jessica Teas nell’articolo sopracitato, e perché le nuove formulazioni sembrano aver risolto alcuni dei problemi che siamo soliti associare ai saponi (come il fatto che lasciassero la pelle di cartapesta, ad esempio). Le nuove saponette seccano la pelle molto di meno, perché spesso contengono glicerina (da non confondere con il sapone alla glicerina, però), un elemento che garantisce idratazione. Inoltre, non hanno contenitori di plastica e, in media, possono durare molto di più di un classico detergente in dispenser. Inutile dire che ci sono già molti marchi che hanno puntato sul revival della saponetta: tra Lush, Drunk Elephant, Binu Binu, Lano e Alpha H tra gli altri non avrete che l’imbarazzo della scelta.

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