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00:18 domenica 23 novembre 2025
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.
Kevin Spacey ha raccontato di essere senza fissa dimora, di vivere in alberghi e Airbnb e che per guadagnare deve fare spettacoli nelle discoteche a Cipro L'ultima esibizione l'ha fatta nella discoteca Monte Caputo di Limisso, biglietto d'ingresso fino a 1200 euro.
Isabella Rossellini ha detto che oggi non è mai abbastanza vecchia per i ruoli da vecchia, dopo anni in cui le dicevano che non era abbastanza giovane per i ruoli da giovane In un reel su Instagram l'attrice ha ribadito ancora una volta che il cinema ha un grave problema con l'età delle donne. 
Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, le donazioni per Gaza si sono quasi azzerate Diverse organizzazioni umanitarie, sia molto piccole che le più grandi, riportano cali del 30 per cento, anche del 50, in alcuni casi interruzioni totali.
Lorenzo Bertelli, il figlio di Miuccia Prada, sarà il nuovo presidente di Versace Lo ha rivelato nell'ultimo episodio del podcast di Bloomberg, Quello che i soldi non dicono.
Il più importante premio letterario della Nuova Zelanda ha squalificato due partecipanti perché le copertine dei loro libri erano fatte con l’AI L'organizzatore ha detto che la decisione era necessario perché è importante contrastare l'uso dell'AI nell'industria creativa.
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Chi scriverà il grande romanzo del Coronavirus?

Molto probabilmente non noi: a giudicare dagli esempi passati, potrebbero riuscirci i nostri figli o i nostri nipoti.

01 Maggio 2020

Nei primi giorni della pandemia sono stati citati molto spesso Boccaccio e Manzoni. Boccaccio ha scritto il Decameron dopo la peste – non tutti i critici concordano sulle date –, Manzoni ha raccontato la peste del Seicento esattamente due secoli più tardi. Molto spesso trascorrono decine di anni o secoli interi perché la letteratura riesca a elaborare traumi storici. La letteratura non arriva né con il tempismo dei telegrammi di condoglianze, né con la puntualità dei necrologi. La capacità della letteratura di ossigenarsi ed espirare simboli e miti è un processo lento e misterioso e sono ancora più inafferrabili i percorsi del sistema nervoso letterario: lutti che colpiscono una generazione possono venire a galla nelle emozioni di una generazione di scrittori successiva, magari a continenti di distanza.

Nel 1929 esce Addio alle armi, dove Ernest Hemingway racconta amore e guerra ispirandosi alle sue esperienze del 1918, lo comincia a scrivere a Parigi e lo finisce nel Wyoming, in un ambiente «lontanissimo dai tragici paesaggi della guerra italiana» e scrive diciassette stesure perché, come scriveva Fernanda Pivano, «doveva lasciare sedimentare il libro prima di scriverlo nella stesura definitiva». Tra i libri che con più forza hanno restituito ai lettori italiani la tragedia della persecuzione ebraica ci sono La tregua di Primo Levi e Il giardino dei Finzi-Continidi Giorgio Bassani. Il primo è del 1963, il secondo del 1962, cioè circa venticinque anni dopo quelle esperienze. I libri di Bassani sono quasi tutti ambientati a Ferrara tra il 1938 e il 1943, e sono stati scritti praticamente tutti quando ormai si era trasferito a Roma. Anche in questo caso la parola d’ordine è stata: sedimentare. A proposito della Shoah e del nazismo, bisognerebbe sempre ricordarsi che la più feconda immersione letteraria nelle teste dei nazisti ha dovuto attendere moltissimo e forse è stata restituita una volta per tutte in quell’abisso che è Le benevole di Jonathan Littell, uscito nel 2006.

Per assumere una forma incisiva, l’immaginario ha bisogno di lunghe gestazioni. I migliori tre romanzi sull’omicidio Kennedy del 1963 sono stati scritti rispettivamente nel 1988, Libra di Don DeLillo, nel 1995, American Tabloid di James Ellroy, e nel 2011 il romanzo 22.11.’63 di Stephen King. Quanti anni ci sono voluti perché l’immaginario collettivo avesse una rappresentazione di quella tragedia capillare e impalpabile della nube radioattiva che è stata Chernobyl? Tanti. La serie Chernobyl è del 2019, arrivata a trentatré anni di distanza dal 1986. Le eccezioni esistono ma bisogna stare sempre attenti a distinguere tra opere che hanno una forza documentale e opere simboliche o letterarie.

A volte per afferrare il passato bisogna aspettare che nasca la mente visionaria di un regista, che si affini lo stile di uno scrittore, bisogna aspettare uno sguardo in grado di cogliere l’aspetto cruciale di una vicenda remota o il tratto psicologico di una personalità vissuta secoli prima. La storia artistica e letteraria è piena di queste attese, anzi è la storia di queste attese, fari che si accendono sul passato a scoppio ritardato. Giulio Cesare aspettava Shakespeare, l’imperatore Adriano aspettava la penna di Marguerite Yourcenar. Non c’è fretta. Non ci sono urgenze.

Per come è costituita la letteratura – un organismo che assorbe vita e dolori, capace di parlare per allegorie e incline alle trasfigurazioni – il miglior libro sulla pandemia di coronavirus del 2020 non nominerà mai il virus né la quarantena. Farà come Kafka con Praga: «nel Processo, nel più praghese dei romanzi cechi e tedeschi, Praga non è mai nominata», scriveva Angelo Maria Ripellino. Tutte le angosce e le paure di questi giorni oscuri dovranno dar corpo a un nuovo King Kong, a un nuovo Golem, a un essere tragico che incarni il senso di minaccia delle nostre attuali vite, un mostro che esca dal buio opprimente e che renda possibile fare i conti con questa tenebra, permettendo di fissarla negli occhi per poterla affrontare almeno simbolicamente.

Quanti alieni con le teste oblunghe hanno dovuto incarnare lo scontro della Guerra Fredda? Quanti dischi volanti sono atterrati nelle pagine di fumetti e romanzi portando il peso di minacce atomiche, di crisi diplomatiche, di armi pronte a cancellare l’umanità dalla faccia del pianeta? Le narrazioni avranno bisogno di inscenare palingenetiche battaglie tra il male e il bene, saranno ambientate in nuove terre di mezzo, avremo nuovi supereroi e un esercito di nuovi pagliacci sinistri che condenseranno gli attuali incubi notturni.

L’unico atteggiamento da tenere è attendere che la letteratura scolpisca trame e mostri per farci confrontare con le inquietudini che non riusciamo a concettualizzare. L’inconscio assimila, l’inconscio restituisce. Il romanzo sul virus – che scriveranno i nostri figli o nipoti o magari qualche scrittore tra venti o trent’anni  – avrà probabilmente al centro un grande vuoto di memoria, una voragine, forse sarà la storia di una ibernazione collettiva, sarà una storia ambientata nel mondo sottomarino, sarà una traversata nell’oceano in tempesta senza carte nautiche, o sarà popolato da nuovi zombie e vampiri, chissà, o magari sarà un normalissimo romanzo ambientato in un salotto borghese ma sarà un libro con al centro delle pagine bianche, e all’inizio, leggendolo, ci chiederemo se non si tratterà solo di un difetto tipografico, di un libro fallato da restituire.

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