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13:01 giovedì 11 dicembre 2025
Da quando è stata introdotta la verifica dell’età, nel Regno Unito il traffico dei siti porno è calato ma è anche raddoppiato l’utilizzo di VPN Forse è una coincidenza, ma il boom nell'utilizzo di VPN è iniziato subito dopo l'entrata in vigore della verifica dell'età per accedere ai siti porno.
Secondo una ricerca, nel 2025 abbiamo passato online più tempo che durante i lockdown Oramai i "vizi" presi durante la pandemia sono diventati abitudini: ogni giorno passiamo online tra le quattro e le sei ore.
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
È morta Sophie Kinsella, l’autrice di I Love Shopping Aveva 55 anni e il suo ultimo libro, What Does It Feel Like?, era un romanzo semiautobiografico su una scrittrice che scopre di avere il cancro.
La Casa Bianca non userà più il font Calibri nei suoi documenti ufficiali perché è troppo woke E tornerà al caro, vecchio Times New Roman, identificato come il font della tradizione e dell'autorevolezza.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s Il video è stato registrato dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.

Chi scriverà il grande romanzo del Coronavirus?

Molto probabilmente non noi: a giudicare dagli esempi passati, potrebbero riuscirci i nostri figli o i nostri nipoti.

01 Maggio 2020

Nei primi giorni della pandemia sono stati citati molto spesso Boccaccio e Manzoni. Boccaccio ha scritto il Decameron dopo la peste – non tutti i critici concordano sulle date –, Manzoni ha raccontato la peste del Seicento esattamente due secoli più tardi. Molto spesso trascorrono decine di anni o secoli interi perché la letteratura riesca a elaborare traumi storici. La letteratura non arriva né con il tempismo dei telegrammi di condoglianze, né con la puntualità dei necrologi. La capacità della letteratura di ossigenarsi ed espirare simboli e miti è un processo lento e misterioso e sono ancora più inafferrabili i percorsi del sistema nervoso letterario: lutti che colpiscono una generazione possono venire a galla nelle emozioni di una generazione di scrittori successiva, magari a continenti di distanza.

Nel 1929 esce Addio alle armi, dove Ernest Hemingway racconta amore e guerra ispirandosi alle sue esperienze del 1918, lo comincia a scrivere a Parigi e lo finisce nel Wyoming, in un ambiente «lontanissimo dai tragici paesaggi della guerra italiana» e scrive diciassette stesure perché, come scriveva Fernanda Pivano, «doveva lasciare sedimentare il libro prima di scriverlo nella stesura definitiva». Tra i libri che con più forza hanno restituito ai lettori italiani la tragedia della persecuzione ebraica ci sono La tregua di Primo Levi e Il giardino dei Finzi-Continidi Giorgio Bassani. Il primo è del 1963, il secondo del 1962, cioè circa venticinque anni dopo quelle esperienze. I libri di Bassani sono quasi tutti ambientati a Ferrara tra il 1938 e il 1943, e sono stati scritti praticamente tutti quando ormai si era trasferito a Roma. Anche in questo caso la parola d’ordine è stata: sedimentare. A proposito della Shoah e del nazismo, bisognerebbe sempre ricordarsi che la più feconda immersione letteraria nelle teste dei nazisti ha dovuto attendere moltissimo e forse è stata restituita una volta per tutte in quell’abisso che è Le benevole di Jonathan Littell, uscito nel 2006.

Per assumere una forma incisiva, l’immaginario ha bisogno di lunghe gestazioni. I migliori tre romanzi sull’omicidio Kennedy del 1963 sono stati scritti rispettivamente nel 1988, Libra di Don DeLillo, nel 1995, American Tabloid di James Ellroy, e nel 2011 il romanzo 22.11.’63 di Stephen King. Quanti anni ci sono voluti perché l’immaginario collettivo avesse una rappresentazione di quella tragedia capillare e impalpabile della nube radioattiva che è stata Chernobyl? Tanti. La serie Chernobyl è del 2019, arrivata a trentatré anni di distanza dal 1986. Le eccezioni esistono ma bisogna stare sempre attenti a distinguere tra opere che hanno una forza documentale e opere simboliche o letterarie.

A volte per afferrare il passato bisogna aspettare che nasca la mente visionaria di un regista, che si affini lo stile di uno scrittore, bisogna aspettare uno sguardo in grado di cogliere l’aspetto cruciale di una vicenda remota o il tratto psicologico di una personalità vissuta secoli prima. La storia artistica e letteraria è piena di queste attese, anzi è la storia di queste attese, fari che si accendono sul passato a scoppio ritardato. Giulio Cesare aspettava Shakespeare, l’imperatore Adriano aspettava la penna di Marguerite Yourcenar. Non c’è fretta. Non ci sono urgenze.

Per come è costituita la letteratura – un organismo che assorbe vita e dolori, capace di parlare per allegorie e incline alle trasfigurazioni – il miglior libro sulla pandemia di coronavirus del 2020 non nominerà mai il virus né la quarantena. Farà come Kafka con Praga: «nel Processo, nel più praghese dei romanzi cechi e tedeschi, Praga non è mai nominata», scriveva Angelo Maria Ripellino. Tutte le angosce e le paure di questi giorni oscuri dovranno dar corpo a un nuovo King Kong, a un nuovo Golem, a un essere tragico che incarni il senso di minaccia delle nostre attuali vite, un mostro che esca dal buio opprimente e che renda possibile fare i conti con questa tenebra, permettendo di fissarla negli occhi per poterla affrontare almeno simbolicamente.

Quanti alieni con le teste oblunghe hanno dovuto incarnare lo scontro della Guerra Fredda? Quanti dischi volanti sono atterrati nelle pagine di fumetti e romanzi portando il peso di minacce atomiche, di crisi diplomatiche, di armi pronte a cancellare l’umanità dalla faccia del pianeta? Le narrazioni avranno bisogno di inscenare palingenetiche battaglie tra il male e il bene, saranno ambientate in nuove terre di mezzo, avremo nuovi supereroi e un esercito di nuovi pagliacci sinistri che condenseranno gli attuali incubi notturni.

L’unico atteggiamento da tenere è attendere che la letteratura scolpisca trame e mostri per farci confrontare con le inquietudini che non riusciamo a concettualizzare. L’inconscio assimila, l’inconscio restituisce. Il romanzo sul virus – che scriveranno i nostri figli o nipoti o magari qualche scrittore tra venti o trent’anni  – avrà probabilmente al centro un grande vuoto di memoria, una voragine, forse sarà la storia di una ibernazione collettiva, sarà una storia ambientata nel mondo sottomarino, sarà una traversata nell’oceano in tempesta senza carte nautiche, o sarà popolato da nuovi zombie e vampiri, chissà, o magari sarà un normalissimo romanzo ambientato in un salotto borghese ma sarà un libro con al centro delle pagine bianche, e all’inizio, leggendolo, ci chiederemo se non si tratterà solo di un difetto tipografico, di un libro fallato da restituire.

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