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12:08 martedì 19 agosto 2025
Il completo, che forse non è un completo, indossato da Zelensky nell’incontro con Trump ha causato un enorme litigio tra gli scommettitori online Milioni scommessi sul fatto che Zelensky avrebbe o non avrebbe indossato un completo. E ora una accesissima discussione attorno alla domanda: ma è un completo, quello?
A quanto pare Lana Del Rey è molto arrabbiata con Ethel Cain, ma nessuno ha ancora capito perché Le ha lanciato una frecciatina in una traccia del nuovo album e l'ha bloccata su Instagram: perché ce l'abbia così tanto con Cain, però, non è chiaro.
La sinistra mondiale va così male che è riuscita a perdere le elezioni anche nella Bolivia socialista Il Movimiento al Socialismo governava dal 2005, ma al primo turno è arrivato a malapena quarto. Al ballottaggio vanno un candidato di centro e uno di centrodestra.
A Liam Gallagher hanno vietato di lanciare tra il pubblico tamburello e maracas alla fine dei concerti perché le persone si picchiavano pur di accaparrarseli È stata l'organizzazione del concerto a dirglielo, per evitare che i fan si «strizzino i capezzoli a vicenda, si tirino le orecchie, si prendano a ginocchiate nelle parti basse».
È morto Ronnie Rondell, l’uomo che andava a fuoco sulla copertina di Wish You Were Here dei Pink Floyd Ci vollero 15 tentativi per ottenere lo scatto perfetto, un'impresa che mise a dura prova anche uno stunt man come lui, sopravvissuto alle riprese più spericolate della storia del cinema.
Sally Rooney ha detto che donerà i proventi degli adattamenti Bbc dei suoi romanzi a Palestine Action Lo ha scritto in un articolo pubblicato sull'Irish Times, in cui attacca (di nuovo) il governo inglese per le sue posizioni filoisraeliane.
Terence Stamp è stato l’attore inglese più amato dal cinema italiano Teorema di Pasolini, Tre passi nel delirio di Fellini, Una stagione all'inferno di Nelo Risi e molti altri: negli anni '70 Stamp, morto il 17 agosto a 87 anni, fu "adottato" dal cinema italiano.
È morto a 94 anni Gianni Berengo Gardin, uno dei più grandi fotografi italiani Con i suoi scatti in bianco e nero ha raccontato l’Italia nel pieno dei suoi cambiamenti: dal boom industriale alle grandi navi a Venezia.

Com’era il social distancing durante la peste del Seicento

30 Marzo 2020

Come ormai abbiamo imparato (o meglio, ricordato) in questo periodo, le ipotesi più condivise sull’origine della quarantena – e cioè l’isolamento dei malati per evitare il diffondersi del contagio – fanno risalire la pratica almeno al quattordicesimo secolo, e in particolare alle esperienze vissute in città come Venezia e Milano con le prime epidemie di peste. Secondo il New York Times, l’auto isolamento della popolazione non è l’unica strategia che abbiamo ereditato dalle pandemie del passato: anche il social distancing, infatti, è molto più antico di quanto crediamo.

Lo raccontano bene le cronache di Samuel Pepys, politico londinese che visse durante la grande peste che infuriò in città tra il 1665 e il 1666: il suo è un dettagliato diario su come le autorità del tempo cercarono di contrastare l’avanzare della malattia. Londra veniva da un periodo politico tumultuoso, tra la rivolta di Cromwell, le guerre anglo-olandesi e il grande incendio che devastò la città nel settembre del 1666, ma per contenere la peste il re Carlo II si affidò a un consiglio di esperti, segnando l’inizio di un rinascimento scientifico. I medici sperimentarono infatti con quarantene, sterilizzazioni e isolamento sociale.

«Quando non era impegnato a mettere in esposizione le teste mozzate dei suoi nemici [come fece con Cromwell, di cui fece riesumare il corpo solo per esporne la testa fuori da Westminster Hall, ndr], re Carlo II seppe investire nel progresso scientifico. Mise la sua approvazione ufficiale sulla Royal Society of London for Improving Natural Knowledge, l’istituzione che diventerà poi la Royal Society, e nel 1666 «emise un ordine formale che vietava tutti gli incontri pubblici, compresi i funerali. I teatri erano già stati chiusi e le licenze per i nuovi pub ridotte. Anche Oxford e Cambridge erano chiuse». Tra gli studenti rimasti a casa c’era anche Isaac Newton: la sua ricca famiglia era tra quelle che avevano potuto fuggire dalle città e rifugiarsi nelle loro case di campagna. Trascorse l’anno della peste studiando gli elementi fondanti delle sue teorie sul calcolo.

A Londra la situazione era invece terribile: la quarantena, già sperimentata durante la peste bubbonica del ‘300, venne distribuita in modo sempre più sistematico durante la Grande Peste. Racconta Pepys che «alcuni dipendenti pubblici, chiamati “ricercatori”, individuavano nuovi casi di peste e mettevano in quarantena i malati insieme a tutti coloro che condividevano le loro case. La gente che chiamava i guardiani dipingeva una croce rossa sulle porte delle case in quarantena, insieme a un avviso scritto che recitava “LORD HAVE MERCY UPON US” (in maiuscolo)». Potremmo definirlo un primo esperimento di tracciamento dei contagi. Il governo si occupava anche di fornire del cibo alle persone rinchiuse in casa. Dopo quaranta giorni, le croci rosse venivano sostituite da quelle bianche, segno che la casa non era più falcidiata dalla malattia. Una volta riaperte, il governo consigliava di sterilizzare le case con la calce: «i medici credevano che la peste bubbonica fosse causata da “odori” nell’aria, quindi si consigliava sempre di pulire. Non avevano idea che fosse anche un buon modo per sbarazzarsi delle zecche e delle pulci che in realtà diffondevano il contagio».

Tra i tanti finti rimedi che proliferarono in quel periodo (e oggigiorno), si sperimentarono anche nuove regole di igiene di massa che furono effettivamente utili, come l’abitudine di molti negozi di chiedere ai propri clienti di lasciare cadere le loro monete in piatti di aceto per sterilizzarle: insomma, una versione del 1600 del gel disinfettante per le mani. Come oggi, infine, c’erano anche i trasgressori: nell’aprile del 1665 alcune persone furono denunciate «per essersi riunite in strada in maniera promiscua». Primo caso registrato di denuncia di assembramento.

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