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Che cos’è il revenge tourism e perché se ne parla
In questo pezzo pubblicato a maggio ci chiedevamo se viaggiare facesse male. La risposta a quella domanda la stanno dando in questi giorni i turisti che stanno organizzando vacanze da tutto il mondo, in tutto il mondo. La risposta è: non ci interessa, il turismo sarà pure un male ma è un male del quale non abbiamo nessuna intenzione di fare a meno. È il revenge tourism, come lo definisce Eric Sylvers in un pezzo sul Wall Street Journal, e, come in tutte le cose di questa epoca, ha a che vedere con la pandemia: c’è ansia di recuperare i due anni di semi immobilità alla quale il mondo è stato costretto dal Covid-19. Ai milioni di europei e americani che si preparano alle vacanze estive, quest’anno si aggiungono anche altrettanti cinesi, finalmente liberi dalle restrizioni che impedivano loro di lasciare la Repubblica popolare per motivi turistici.
I ministeri del Turismo di tre dei Paesi più turistici d’Europa, Grecia, Italia e Spagna, hanno tutti ufficialmente confermato questa tendenza: in tutti e tre i casi ci si aspetta flussi turistici da record, un numero di pernottamenti nelle strutture alberghiere e in appartamenti privati in affitto superiori a quelli registrati negli anni precedenti alla pandemia. Numeri che stanno costringendo le autorità locali a nazionali a prendere provvedimenti, nel tentativo di organizzare i flussi turistici e ridurre il loro impatto sulla vita di chi, in città come Venezia, Barcellona o Atene, ci vive. Non che ci sia molta scelta, ormai: provvedimenti vanno presi perché, semplicemente, spazio per tutti i turisti che vogliono visitare questi posti presto non ce ne sarà più. Ad Atene, per esempio, la domanda di affitti brevi a maggio 2023 è aumentata del 62 per cento rispetto allo stesso mese del 2018. L’amministrazione locale della Normandia, in Francia, ha cominciato a rifiutare l’ingresso a Mont Saint-Michel, mentre il Louvre ha deciso di istituire un tetto massimo di visitatori che possono entrare nel museo ogni giorno. Al Pantheon da oggi si paga il biglietto per entrare. In Trentino Alto Adige si è deciso di stabilire un numero massimo di appartamenti privati in affitto breve, per evitare che questo abbia conseguenze su tutto il mercato immobiliare della regione.
Nulla, però, sembra scoraggiare i turisti. Neanche gli espliciti inviti a non andare tutti nello stesso posto nello stesso periodo dell’anno. In Francia – dove in questo momento non possono certo impiegare più di tanto tempo, energie e risorse per star dietro ai turisti, considerando che il Paese è attraversato dalla proteste più numerose e violente della sua storia recente – stanno realizzando campagne di promozione per far passare proprio questo messaggio: non venite tutti insieme, tutti nello stesso momento, tutti negli stessi posti. Ma il turista, ovviamente, risponde che lui le ferie ce le ha in quel periodo dell’anno e che la destinazione delle sue vacanze la decide lui. Non se ne esce, dunque: l’overtourism è una realtà consolidata, ormai un’abitudine, e quella revenge solo la sua ultima, e particolarmente brutale, incarnazione. Forse è davvero un male necessario della nostra epoca. O, forse, prima o poi anche in questo caso si supererà la soglia di sopportazione. A Barcellona, oltre che i turisti, un’altra vista ormai abbastanza comune sono cartelli appesi in diversi luoghi della città che ricordano un’opinione piuttosto diffusa tra i residenti: «I turisti sono terroristi».