Hype ↓
02:59 venerdì 11 luglio 2025
La danzatrice del ventre è diventato un mestiere molto pericoloso da fare in Egitto Spesso finiscono agli arresti per incitazione al vizio: è successo già cinque volte negli ultimi due anni, l'ultima all'italiana Linda Martino.
Ferrero (e la Nutella) va così bene che starebbe per comprare la Kellog’s Per una cifra che si aggira attorno ai tre miliardi di dollari. Se l'affare dovesse andare in porto, Ferrero diventerebbe leader del settore negli Usa.
Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.
Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.
Trump si è complimentato con il Presidente della Liberia per il suo inglese, non sapendo che in Liberia l’inglese è la prima lingua Joseph Boakai, nonostante l'imbarazzo, si è limitato a spiegargli che sì, ha studiato l'inglese nella sua vita.
Ed Sheeran si è dato alla pittura e ha provato a imitare Jackson Pollock con risultati abbastanza discutibili Ma almeno si è sforzato di tenere "bassi" i prezzi delle sue "opere": meno di mille sterline a pezzo, che andranno tutte in beneficienza.
Dopo l’ultimo aggiornamento, Grok, l’AI di X, ha iniziato a parlare come un neonazista In una serie di deliranti post uno più antisemita dell'altro, Grok è pure arrivato a ribattezzarsi "MechaHitler".
La novità più vista su Netflix è un documentario su una nave da crociera coi bagni intasati Si intitola Trainwreck: Poop Cruise, è in cima alla classifica negli Stati Uniti ed è popolarissimo anche nel resto del mondo.

La storia della Costa Concordia non ha un’unica verità

Il podcast di Pablo Trincia e Debora Campanella racconta la notte del 13 gennaio 2012 attraverso le testimonianze delle persone che erano a bordo della nave, ricostruendo l'incidente attraverso una collezione di attimi e dettagli andati persi nelle cronache dell'epoca.

19 Gennaio 2022

Che rumore fa una nave che affonda? Quello che fanno dodicimila piatti infranti. Una nave come la Costa Concordia sta a galla grazie a equilibri impossibili e raffinati: equilibri come quelli che permettono a dodicimila piatti di viaggiare per giorni, settimane, mesi sul mare grosso e tra i venti forti senza sbreccare nemmeno un orlo. Di tutte le immagini vivide e tremende, maestose e angoscianti che si formano nella mente ascoltando il podcast Il dito di Dio (Chora Media), ce n’è una talmente indimenticabile da diventare un tormento: una montagna di piatti che si schianta al suolo, una piccola valanga seguita da un’esplosione acuta e lontana, rumori imprevisti che segnalano la rottura di uno degli equilibri impossibili e raffinati che permettono a una nave come la Costa Concordia di stare a galla. Tra i passeggeri che la sera del 13 gennaio 2012 erano a cena in uno dei due ristoranti della nave, tanti racconteranno poi di aver cominciato ad avere paura dopo aver sentito proprio quel rumore di piatti infranti. Perché era un rumore inspiegabile, segnale di un evento impossibile: le navi come la Costa Concordia non finiscono sugli scogli, non imbarcano acqua, non perdono l’equilibrio, non vanno a fondo, non diventano tombe. Soprattutto, sulle navi come la Costa Concordia esiste un numero accettabile di piatti che si possono rompere ogni giorno: un numero che emette un rumore discreto e quotidiano, una soglia di decibel superata la quale l’allarme è lanciato.

Nella minuscola e completa città che era la Costa Concordia, nel mondo piccolo e rappresentativo racchiuso nella sala ristorante, tutti avevano ovviamente la loro spiegazione, la loro reazione a ciò che stava succedendo. C’era chi continuava a bere dal suo bicchiere come se nulla fosse successo e c’era chi già notava il movimento imprevisto della sedia sulla quale stava seduto. C’era chi trovava rassicurazione nella fermezza del tavolo della cena inchiodato al pavimento e c’era chi cercava di minimizzare invitando la figlia terrorizzata a mangiare le seppie con i piselli servite giusto un attimo prima che la nave perdesse l’equilibrio. C’era chi aspettava che le luci venissero ripristinate e chi invece pretendeva una bottiglia di vino buono gratis per rimediare allo spavento. C’era chi pensava a come sarebbe stato correre con ai piedi le scarpe con i tacchi e chi pensava a quanto tempo ci sarebbe voluto per recuperare i giubbotti di salvataggio custoditi in un armadio in cabina.

Il dito di Dio racconta la tragedia della Costa Concordia attraverso questi punti di vista, fili narrativi sottili ma significativi: «A bordo c’erano quattromila persone, ma molti di loro hanno vissuto tutto come se niente fosse, chi è sceso dalla nave tra i primi non si è quasi accorto di nulla, quando magari il suo vicino di tavolo era incastrato in un corridoio e teneva per mano i suoi figli per evitare che finissero in un baratro», ha detto Pablo Trincia, autore del podcast assieme a Debora Campanella. Il naufragio della Concordia viene ricostruito dall’interno e delle mancanze (errori comprensibili, responsabilità scansate, vigliaccherie imperdonabili) si fa una timeline spietata, impossibile da conoscere per chi di quell’evento conserva solo il ricordo collettivo: una fotografia panoramica di un relitto, la cui enormità è per definizione contemplabile solo dalla distanza. Il dito di Dio riavvicina – per certi versi restituisce – il racconto di quel che è successo alle persone alle quali è successo: ai sopravvissuti al buio labirintico della nave e al freddo mortale dell’acqua; ai soccorritori prima, durante e dopo l’inspiegabile attesa dell’ordine di abbandonare; agli specialisti incaricati di cercare i morti nel nero assoluto di un relitto, tra oggetti quotidiani trasformati in spettri e i rumori di una nave che «si scioglie», metallo, legno e moquette; agli abitanti dell’Isola del Giglio, riassunti tutti in un ragazzo che si ritrovò un bambino in braccio, si mise a cercarne i genitori, li trovò, restituì loro il piccolo ma ci rimase male perché quelli non avevano in loro neanche la forza di un ringraziamento; mesi dopo il naufragio, quegli stessi genitori torneranno sull’isola solo per dire grazie a quel ragazzo. «Non ricordavo molto, era una vicenda che di fatto era stata raccontata per piccoli pezzi, come la famosa telefonata di Schettino o il gossip della storia con Dominika. L’avevo quindi vissuta solo da spettatore, e per deformazione professionale mi ripeto sempre che finché non conosci le storie, non le puoi giudicare», ha detto in un’intervista a Vanity Fair Trincia, raccontando l’inizio del progetto. Dice piccoli ma intende irrilevanti.

Ascoltando Il dito di Dio si avverte, in effetti, un sottile senso di colpa quando si è costretti a fare la stessa ammissione dalla quale è partito il lavoro di Trincia: della tragedia della Costa Concordia sappiamo solo quello che ci siamo concessi da spettatori, qualche immagine e poche parole, poco o niente più di questo. Si capisce quindi l’insistenza con cui Il dito di Dio scansa le parti del racconto che chi ascolta, nella presunzione di conoscere e forte di un giudizio già emesso, non può fare a meno di aspettarsi: ovviamente il balbettare di Schettino e le urla di de Falco, le due parti in cui questa storia è stata divisa – semplificata? – sin dall’inizio per fornirci allo stesso tempo lo strumento dell’autocommiserazione e dell’autoassoluzione. Il rovesciamento (del punto di vista, delle aspettative) sembra essere il vero obiettivo di Trincia: la minuzia con la quale descrive i luoghi e i ruoli della Costa Concordia pare un eccesso fino a quando la nave perde l’equilibrio e un corridoio diventa un pozzo, un cameriere si ritrova alla guida di una scialuppa di salvataggio.

Su Schettino c’è un lavoro di addizione che sfiora l’autolesionismo: del comandante viene trascurata l’immagine di incompetente e incapace, vanesio e impomatato, e si cerca di ricostruirlo come un vero e proprio marinaio, di talento e intuito, erede della tradizione nautica di Meta di Sorrento e capace di prodezze che gli erano valse la stima (quantomeno professionale) dei suoi sottoposti. Un lavoro controintuitivo che paga al momento di raccontare quell’attesa incomprensibile nella plancia di comando, i momenti in cui Schettino sembra aver dimenticato grado, procedure e parole, gli attimi in cui il comandante dimostra quanto fragile sia qualsiasi catena di comando. Alla fine anche una nave complicata come un’astronave è fatta o disfatta dal tempismo e dalla fermezza del suo comandante: Schettino andrà a schiantarsi sugli stessi scogli che già i Romani avevano segnato sulle mappe, minacce dalle quali già all’epoca si girava al largo.

Se per Schettino il lavoro è stato di addizione, per de Falco è stato il contrario: «Lui era alla sua scrivania, a Livorno, a urlare addosso al comandante quando ormai il danno era fatto», ha detto Trincia dentro e fuori il podcast, parlando di lui ma anche di tutti quelli che rividero la loro definizione di eroismo per aggiungerci quel «vada a bordo, cazzo». In un certo senso, consapevole e crudele, Trincia priva chi ascolta degli unici riferimenti possibili in questa storia: l’accusa e la difesa, l’eroe e il codardo, il giusto e il vile. Tolti Schettino e De Falco, resta una Babele di morali e convinzioni messe alla prova dell’autoconservazione, rimane una nave trasformata per uno notte tremenda in «un mondo» in cui echeggiano solo le “voci della Concordia”.

Articoli Suggeriti
A Giorgio Poi piace fare tutto da solo

Cantautore, polistrumentista, produttore, compositore di colonne sonore e molto altro. L’abbiamo intercettato, rilassatissimo, pochi giorni prima della partenza per il tour italiano ed europeo di Schegge, il suo nuovo disco, che lo terrà occupato tutta l’estate.

Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero

Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.

Leggi anche ↓
A Giorgio Poi piace fare tutto da solo

Cantautore, polistrumentista, produttore, compositore di colonne sonore e molto altro. L’abbiamo intercettato, rilassatissimo, pochi giorni prima della partenza per il tour italiano ed europeo di Schegge, il suo nuovo disco, che lo terrà occupato tutta l’estate.

Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero

Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.

II nuovo Superman è la storia di un immigrato che ci fa paura

L'attesissimo reboot dell'Uomo d'acciaio diretto da James Gunn è appena arrivato nelle sale, sorprendendo tutti. Perché è un film solare, divertente, nerd ma soprattutto politico.

Al Festival di Locarno verrà presentato Mektoub, My Love: Parte Due di Abdellatif Kechiche, il film che nessuno ha mai voluto proiettare

È già il titolo più atteso del concorso, che andrà a completare una trilogia scandalosa e travagliatissima, e sicuramente scatenerà la polemica.

Cosa dice Lena Dunham di Too Much, la sua nuova serie, che esce domani

E, soprattutto, 13 anni dopo Girls. In un lungo profilo su Variety, Dunham ha raccontato cosa ha fatto in questi anni e quanto di lei c'è in questa serie.

Dalle prime recensioni, il nuovo Superman sembra più bello del previsto

Dopo le prime stroncature pubblicate per sbaglio, arrivano diversi pareri favorevoli. Su una cosa tutti sembrano d’accordo: David Corenswet è un ottimo Clark Kent.