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11:37 giovedì 25 dicembre 2025
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Si intitola A Chair in the Air e racconta episodi di violenza realmente accaduti nella casa dei Reiner quando Nick era un bambino.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.

Meme di lotta e di governo

Un'immagine scherzosa o offensiva può fare politica? Dalla nuova Meme Alliance in protesta contro Facebook fino a Pepe the frog, l'attivismo ai tempi dei meme.

18 Ottobre 2016

Sono semplici, spesso graficamente poco meno che orrendi, contengono parole giustapposte a una foto e di norma la loro vita dura il tempo di uno scroll. E nonostante questo, di recente abbiamo iniziato a chiederci a più riprese se un meme può fare politica, in un senso che va molto oltre gli ormai consueti fotomontaggi usati dai 5 stelle in questa parte di mondo. Una serie di immagini più o meno simpatiche (o più o meno offensive) è in grado di portare avanti quelle che in altri casi chiameremmo “battaglie politiche”? E soprattutto, è lecito pensare che dietro a un determinato meme possa esserci un’agenda politica precisa?

È il caso di rifarsi all’attualità recente: a luglio l’account Twitter ufficiale dei repubblicani americani ha usato la vignetta “This is fine” per sminuire la convention democratica a Filadelfia; e il mese scorso il sito ufficiale della campagna di Hillary Clinton ha pubblicato un articolo di media lunghezza – definito un «explainer» – per parlare della relazione tra il rivale Donald Trump e Pepe the frog. Quest’ultima, di per sé, è soltanto un’innocua rana protagonista di una web comic disegnata nel 2005 da Matt Furie, e da allora riappropriata dalla internet culture in una varietà pressoché infinita di modi. La campagna Clinton ha dedicato il suo tempo e i suoi spazi a Pepe perché Pepe, nel frattempo, è diventato suo malgrado un simbolo del movimento “alt right” – coacervo difficilmente definibile di suprematismo bianco americano, nazionalismo e antisemitismo – ed è piuttosto frequente vedere l’anfibio corredato da svastiche e motti hitleriani.

pepe

Eppure, quanto può essere considerata una seria una cosa nata per far ridere, o al limite incazzare? Se l’è chiesto anche il New York, che dopo l’affaire Hillary-Pepe the frog ha pubblicato un commento sul suo sito che rende giustizia alla complessità della questione: «non ci sono segni» del fatto che i simpatizzanti di Trump che pubblicano contenuti razzisti «siano coinvolti in un qualche attivismo politico che va al di là di lanciare meme di dubbio gusto», scrive il magazine. Quando decine di analisti politici e giornalisti provano ad analizzare un fenomeno dai tratti apertamente nichilisti, cercando di carpirne un senso giocoforza inesistente, l’effetto è inevitabilmente ingigantire uno scherzo (spesso di pessimo gusto e pericoloso, certo), e far segnare una vittoria insperata ai troll. Insomma, il quartier generale democratico aveva ragione su tutta la linea nel condannare le immagini moleste, ma siamo sicuri che così facendo non abbia fatto un favore a chi li ha rese quell’«orribile» vettore di amenità razziste?

Il reporter di Buzzfeed Joseph Bernstein ha coniato il termine “Chanterculture” per riferirsi a quella corrente di trolling alimentato da 4chan e Reddit, un miscuglio di «forze reazionarie che si sono unite in una controcultura coerente più grande», un sottobosco confuso popolato da giovani bianchi che odiano il politicamente corretto, persone per cui Donald Trump e la sua retorica sono gli anti-eroi ideali. Ma se è noto e assodato che alcuni di quelli che di recente hanno preso di mira gli attori John Boyega e Leslie Jones per il colore della loro pelle sono effettivamente neonazisti e suprematisti bianchi, è altrettanto vero che molti hanno partecipato per appartenenza a un branco non per forza politicamente motivato.

Tuttavia non mancano le indicazioni che vanno nell’altra direzione: i meme possono essere usati per puro desiderio di oltraggiare, ma anche diventare lo strumento per affrontare discorsi più ampi. Si può parlare dell’uso che ne hanno fatto movimenti per i diritti civili come Black Lives Matter (qui un’analisi di Wired sul tema), ma non soltanto. Da qualche tempo un gruppo di popolari pagine Facebook di meme-ification ha dato vita a una Meme Alliance, dotata anche di un sito dedicato e di una sezione “Actions”: la prima è la “Zuxit” (l’etimologia del termine attinge da “Zuckerberg” e “Brexit”, ovviamente), un’iniziativa ufficiale programmata dall’ente (?) per lo scorso 28 settembre per protestare contro la chiusura di alcune pagine. Gli aderenti a Meme Alliance –  «75 produttori di contenuti e pagine (tra le quali alcune con un milione di like). Messe insieme, le nostre pagine hanno fino a 20 milioni di like/follower, […] facilmente più del 10% dell’utenza giornaliera di Facebook», dichiara con solennità il manifesto di Zuxit – hanno promesso di smettere di postare immagini e video per tre giorni per lamentare la «censura incomprensibile basata su algoritmi» del social di Mark Zuckerberg.

trum

«Per quanto possa sembrare ridicolo, il potenziale per la protesta, l’azione politica e la censura attraverso il medium dei meme oggi è più rilevante che mai», scrive in un articolo il magazine Mel. Zuxit, al di là di una qualche copertura mediatica alla fine del mese scorso, non ha raccolto granché: alcune delle pagine coinvolte hanno pubblicato una versione del logo di Facebook capovolta e tinta di rosso, il simbolo della rivolta dei meme-maker, ma tante altre si sono limitate a scarni e poco ispirati post di denuncia. Eppure la lotta che propongono ha già diversi aderenti più e meno illustri: il miliardario fondatore di Oculus Palmer Luckey, ad esempio, ha di recente sovvenzionato Nimble America, una nonprofit filo-Trump convinta – lo ha rivelato il Daily Beast – che «lo shitposting è potente e la magia dei meme è realtà».

Se è vero, come ha scritto Hua Hsu sul New Yorker, che un meme è veramente efficace soltanto quando si riappropria della cultura che ha intorno e crea cortocircuiti nei suoi significati comunemente accettati, allora, obietta Mel, il problema di iniziative come la Meme Alliance è che «si rendono protagoniste di quel genere di slacktivism che manca della capacità di sovvertimento che ha dato inizialmente un seguito a queste pagine». Se un meme può occuparsi di politica, non è detto che sia sempre in grado di farlo.

Nell’immagine in evidenza: un poster del Partito pirata tedesco fuori dal suo quartier generale a Berlino, agosto 2013 (John MacDougall/Getty Images)
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