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L’arte mutante di Olafur Eliasson

Il 18 aprile inaugura la sua misteriosa installazione "Life" alla Fondation Beyeler di Basilea, uno dei più importanti eventi artistici del 2021.

di Germano D'Acquisto

© 2021 Olafur Eliasson Photo: Mark Niedermann

Le sue non sono opere d’arte. O meglio, non sono soltanto quello. Sono sedute di filosofia, viaggi sensoriali, lezioni di etica e di sostenibilità ambientale. Niente quadri o sculture, ma ombre che si ripetono in un loop infinito e sbuffi di vapore acqueo. Luci che cambiano e ghiacci che si sciolgono. Nebbie create da miscele di zucchero e fontane immortalate da luci improvvise.

Le installazioni dell’artista Olafur Eliasson non vivono quasi mai da sole. Non sono statiche e non aspettano di essere ammirate. Il più delle volte trovano il loro senso quando interagiscono con l’uomo. Mutano, si evolvono. E danno vita a scintillanti esperienze sensoriali. Avete mai provato ad attraversare “Your Uncertain Shadow”, l’installazione che replica e colora le ombre degli spettatori come in un caleidoscopio trasformandole in quadri astratti? O vi siete mai persi fra i densi vapori multicolor di “Luminous density… Your blind Passengers”, dove tutto appare irraggiungibile e assume consistenza e senso inediti? Se lo avete fatto siete stati voi stessi un capolavoro. Perché per il maestro di origine danese pubblico e arte sono una cosa sola.

Il 18 aprile Eliasson ricostituirà questo binomio esponendo la misteriosa installazione “Life” alla Fondation Beyeler di Basilea. Si tratta del primo lavoro multimediale creato da Olafur il Grande in terra elvetica. Un progetto senza né limiti né confini, in continua evoluzione. Una creazione multimediale e multisensoriale che si intreccerà come una radice con la struttura stessa del museo disegnato da Renzo Piano e il verde circostante. Ma anche col paesaggio urbano e con l’intero pianeta.

«Mi sono reso conto che siamo fondamentalmente interconnessi», ha spiegato di recente l’artista, «siamo attaccati, attraverso una moltitudine di relazioni, ad altri esseri, cose, istituzioni, all’ecosistema. Vedendo le nostre vite intrecciate inestricabilmente in una rete che è il nostro mondo, stiamo imparando che siamo anche vulnerabili e che non abbiamo il completo controllo di tutto. Agiamo e interagiamo in definite situazioni con incertezza e costumi indefiniti. Ed è per questo che attraverso “Life” rendo esplicite queste relazioni. Esplorando collettivamente il mondo possiamo, spero, renderlo vivibile per tutte le specie».

© 2021 Olafur Eliasson. Photo: Pati Grabowicz

Un obbiettivo ambizioso per un artista che ha passato tutta la vita a cercare di cambiare la società attraverso l’arte. Lo ha fatto, per esempio, con “The Weather Project“, forse il suo lavoro più famoso e fotografato. Presentato nel 2013 alla Tate Modern di Londra, riproduceva un sole al tramonto. La consistenza appena evanescente celata da una sottile nebbia e le tonalità giallo-arancioni creavano un’atmosfera magica e puntavano a stringere un dialogo serrato fra spazio espositivo (la Turbine Hall) e pubblico. Grazie a un gioco di riflessi poi si aveva una doppia prospettiva: i visitatori potevano vedere loro stessi mentre stavano ammirando lo spettacolo. Gli specchi, oltre ad allargare lo spettro d’azione, moltiplicare le figure e i raggi luminosi, davano  vita a nuove forme di – parole di Eliasson – “aggregazione esistenziale ed atmosferica”. «Lo specchio», mi disse lui stesso tempo fa, «è come una lettera. Presa da sola dice poco, quasi nulla. Ma se accostata ad altre lettere può assumere grandi significati. Lo specchio da solo non racconta granché, ma se qualcuno ci passa davanti mostra noi stessi e tutto quello che ci circonda».

Con i suoi effetti speciali Eliasson ci parla di geopolitica, di emergenza climatica, di combustibili fossili. Gioca con le nostre sensazioni e nel frattempo suscita riflessioni, pensieri, cambia il modo in cui ci relazioniamo con la Terra e con lo spazio. I fenomeni ottici che crea, i suoi caleidoscopi giganti che punteggiano le pareti dei musei, gli elettroventilatori che volteggiano dai soffitti, le sottili cortine di pioggia sospese nel buio: tutto ha lo scopo di sensibilizzarci sul nostro ruolo nel mondo. «Vengo da una generazione che ha sempre considerato l’ambiente intoccabile. Oggi è l’esatto opposto. La percezione e l’esperienza fisica sono pietre miliari dell’arte e possono funzionare come strumenti  per il cambiamento sociale». L’opera allestita a Basilea fino a luglio, la cui genesi è raccontata giorno per giorno su www.olafureliasson.net, si inserisce proprio in questo crinale, iniziato quando l’artista era ancora un semplice studente all’Accademia di Belle Arti di Copenhagen. «Ho scelto di non dare alcun testo esplicativo perché non voglio condizionare le emozioni», spiega. A causa della pandemia, chi vorrà visitare “Life” dovrà farlo prenotando uno slot online direttamente sul sito della Beyeler. Non tutti gli slot permettono però la stessa esperienza. La fondazione ne consiglia soprattutto due. L’alba e il tramonto, non a caso i  due momenti del giorno in cui l’uomo si sente più vicino alla natura.