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Non è un paese per vecchi, l’adattamento impossibile e perfetto

Per anni Hollywood è stata convinta che la letteratura di McCarthy non potesse essere trasformata in cinema. Poi sono arrivati i fratelli Coen a spiegare che la cosa era possibilissima: bastava non avere la presunzione di "aggiustare" un capolavoro.

di Francesco Gerardi

Cormac McCarthy voleva essere (anche) uno sceneggiatore, ma Hollywood non lo ha mai ritenuto all’altezza. Non è un paese per vecchi è un romanzo per questo motivo: perché McCarthy alla fine non ebbe altra scelta, perché nessuno studio grande né piccolo aveva accettato quella sua sceneggiatura. La sua fama lo precedeva: tutti a Hollywood conoscevano la storia dell’adattamento cinematografico di Meridiano di sangue e nessuno voleva ritrovarsi in quella situazione. La scrittura di McCarthy non era fatta per il cinema, questa era l’opinione maggioritaria: la prova empirica di questa tesi era appunto il mai realizzato adattamento di Meridiano di sangue. Ci avevano provato tutti, dal 1995 in poi: Steve Tesich, William Monahan e Ridley Scott, James Franco, Andrew Dominik, John Hillcoat, Lynne Ramsay, Todd Field. Persino Martin Scorsese ci aveva pensato per un attimo e aveva lasciato perdere subito. Quello dell’adattamento di Meridiano di sangue era diventato l’aneddoto che tutti a Hollywood ripetevano per spiegare perché l’opera di McCarthy era stata etichettata ormai come “unfilmable”. Una spiegazione migliore di questa convinzione non l’ha data mai nessuno. Ricordo di aver letto – non so più dove né quando, però – un saggio in cui si spiegava con i versi di “Navigando verso Bisanzio” di Yeats la ragione per la quale McCarthy e Hollywood proprio non si prendevano: «Presi da quella musica sensuale tutti trascurano / I monumenti dell’intelletto che non invecchia».

Ci sono due persone a Hollywood, però, ossessionate dalla letteratura di McCarthy e dal desiderio di trasformarla in cinema. Una si chiama Scott Rudin, di mestiere fa il produttore ed è l’uomo al quale dobbiamo l’esistenza di Non è un paese per vecchi, il film. Dopo l’uscita del romanzo, nel 2005, Rudin aveva letto tutte le recensioni che ne erano state scritte. Aveva amato particolarmente quella di Harold Bloom, al quale il romanzo non era piaciuto. «Gli apocalittici giudizi morali» che McCarthy fa in Non è un paese per vecchi avevano indisposto Bloom, che considerava il libro l’opera minore di uno scrittore immenso. Preferiva nettamente Meridiano di sangue, Bloom: «the ultimate western», così amava definirlo. Per Rudin, quella recensione fu la prova che Non è un paese per vecchi al cinema si poteva fare: magari Meridiano di sangue, il romanzo maggiore, era davvero unfilmable, ma quello minore certamente si poteva fare. Quando Rudin comprò i diritti per la trasposizione di Non è un paese per vecchi lo presero tutti per scemo. Quando disse a chi voleva far scrivere la sceneggiatura e dirigere il film, lo presero tutti per pazzo. A Rudin ovviamente non importava nulla, era convinto che i fratelli Coen fossero la scelta perfetta e li chiamò immediatamente. Era preoccupato perché sapeva che i due stavano lavorando a un adattamento di Oceano bianco di James Dickey – altro romanzo considerato unfilmable, quando Rudin lo scoprì si eccitò moltissimo – e temeva avrebbero rifiutato la sua proposta a causa di questo impegno precedente. Dopo la prima conversazione con Rudin, i Coen decisero di mettere da parte Oceano bianco.

Una delle (numerose) ragioni per le quali Rudin fu considerato un pazzo era che i Coen non avevano mai adattato un romanzo in sceneggiatura. E lui arrivava da loro chiedendogli di adattarne uno considerato impossibile da “aggiustare” per il grande schermo. I Coen partirono proprio da questa consapevolezza – l’impossibilità di “aggiustare” un romanzo di McCarthy – quando iniziarono a scrivere la sceneggiatura. Non è un caso che la loro linea di dialogo preferita di tutto il film sia una della famosa “scena della moneta”: Anton Chigurh che spiega al proprietario della pompa di benzina che «Non è un mio modo di metterla. È così e basta». È la frase, questa, che basta a spiegare tutte le scelte fatte dai Coen dalla prima conversazione con Rudin alla fine della post produzione di Non è un paese per vecchi. Il problema di tutti quelli che erano venuti prima di loro, il problema di quelli che avevano provato ad aggiustare Meridiano di sangue e avevano ovviamente – saggiamente – rinunciato era tutto lì: nella convinzione che si potesse, addirittura dovesse, aggiustare McCarthy. Spesso il film dei Coen è stato definito spoglio, perché essenziale non bastava. Pochissima musica, la fotografia di Roger Deakins ridotta al lavoro sulla luce naturale, il montaggio di Roderick Jaynes ridotto al numero di tagli-stacchi necessario a raccontare una storia e niente di più. Tutto era pensato per dimostrare che avevano ragione loro, i Coen, quando rispondevano agli scettici che sostenevano che Non è un paese per vecchi fosse un romanzo troppo difficile per loro. «Se, come noi, non avete mai adattato un romanzo in sceneggiatura, è meglio cominciare con uno scritto da uno dei più grandi autori viventi, no?», dicevano loro. Basta non avere la presunzione di togliere, aggiungere, cambiare, aggiustare. Di fronte all’opera di McCarthy, in sostanza, ci si deve sentire come il proprietario della pompa di benzina davanti ad Anton. «È così e basta».

I Coen sapevano che Non è un paese per vecchi diceva tutto quello che c’era da dire e che di esso era stato detto tutto quello che si poteva dire. La morale, la violenza, la fragilità del bene, l’inevitabilità del male il lirismo, i paesaggi, la punteggiatura. La capacità di raccontare un’America – è un romanzo post 9/11 che racconta perfettamente lo stato d’animo di quegli anni – e ogni America, un’umanità e tutta l’umanità. Mentre lo scriveva, McCarthy pensava spesso a sua nonna, una donna che amava lamentarsi del giorno d’oggi e dei giovani che passano le notti a giocare a poker lasciando da sole le fidanzate. «Ai miei tempi non era così», diceva la nonna al nipote. Solo che quest’ultimo all’epoca della lamentela era troppo giovane, troppo preso «da quella musica sensuale tutti trascurano / I monumenti dell’intelletto che non invecchia» per capire. Solo avvicinatosi all’età della nonna, McCarthy avrebbe capito come ci si sente ad avere una saggezza acquisita che al mondo, però, non interessa e non serve più. I Coen hanno raccontato tante volte che sapevano che il film doveva essere tutto questo e, soprattutto, sapevano cosa non doveva essere: «Non volevamo fare la versione hollywoodiana di tutto questo», hanno spiegato.

Come tutti i capolavori, anche Non è un paese per vecchi il film ha vissuto di coincidenze fortunate. Javier Bardem così preso dalla parte che decide di passare settimane con quell’assurda permanente perché convinto che con una parrucca Anton sarebbe stato solo ridicolo e non pure inquietante. Josh Brolin che, venuto a sapere che Heath Ledger aveva rifiutato la parte di Llewelyn Moss, convince Quentin Tarantino e Robert Rodriguez – con i quali stava lavorando a Grindhouse – a usare una cinepresa da un milione di dollari per registrare un suo videoprovino da mandare ai Coen. Tommy Lee Jones (a proposito: è lui il secondo uomo di Hollywood ossessionato da McCarthy, «I think Cormac is the finest living prose stylist in America», disse in un’intervista ad Uncut) che accetta di essere Ed Tom Bell solo dopo aver spiegato ai Coen che a lui interessa interpretare «il personaggio del libro di McCarthy» e non una loro rielaborazione dello stesso.

Come tutti i capolavori, alla fine anche di Non è un paese per vecchi il film è stato detto tutto. Ci sono state le recensioni entusiastiche e i premi infiniti. Ci sono interi corsi di sceneggiatura nelle scuole di cinema di mezzo mondo basati soltanto sull’adattamento dei Coen. C’è un pezzo di YouTube e di Reddit e di internet culture in generale che non ha mai smesso di analizzare il finale del film. C’è il rinascimento del western, il cosiddetto neo-western, che non sarebbe mai cominciato se non ci fosse stato questo film. I Coen hanno sempre detto che tutto questo è bello e importante, ma l’unico riconoscimento che a loro sta davvero a cuore gliel’ha dato McCarthy in persona: accettando di fare una conversazione assieme a loro per Time, lui che in tutta la sua vita ha concesso interviste che si contano sulle dita di una mano. Anche se, forse, il maggiore riconoscimento per Non è un paese per vecchi è l’essere diventato un precedente: la letteratura di McCarthy non è più unfilmable. Lo ha sempre saputo uno dei due uomini di Hollywood ossessionati dai suoi romanzi, Scott Rudin. Che nel 2004 ha comprato anche i diritti per la trasposizione di Meridiano di sangue e non ha mai smesso di cercare le persone che lo aiutassero ad avere ragione anche questa volta.