Dieci libri selezionati dalla redazione di Rivista Studio tra tutti quelli usciti quest'anno.
Paul Thomas Anderson ha detto che è questo è stato un grande anno per il cinema: possiamo essere o non essere d’accordo, quel che è certo è che ci sono stati diversi film di cui si è molto parlato, i film che stiamo vedendo e rivedendo comparire in tutte le liste dei film dell’anno. Per proporre qualcosa di un po’ diverso abbiamo deciso di organizzare la nostra in un altro modo, e cioè elencando semplicemente i nostri preferiti. Quelli che leggerete sono i nostri giudizi personali e soggettivi: un elenco libero e anche un po’ emotivo che non vuole assolutamente essere esaustivo.
Cristiano de Majo
Il mio profilo Letterboxd non offre nessun aiuto, vorrei essere in grado di tenerlo meglio. Così, a memoria, ho visto tanto ma ho anche perso tante cose imperdibili. Mi è sembrato un anno con diverse belle uscite italiane: soprattutto Ciao bambino, alla sua prima apparizione al Festival di Roma nell’ottobre 2024, ma uscito effettivamente nel 2025; il film di Ludovica Rampoldi Breve storia d’amore, che mi ha sorpreso, mentre ho trovato un po’ sopravvalutato Le città di pianura. Devo dire però che nessuna cosa mi è piaciuta quanto il film di Paul Thomas Anderson.
• Una battaglia dopo l’altra
Più che liberamente tratto da Pynchon, è il film perfetto per questo momento storico in cui le ribellioni sembrano di nuovo possibili.
• Dept. Q – Sezione casi irrisolti
Piccolo gioiello della tv inglese, è una detective story abbastanza classica nella struttura, ma con dei personaggi memorabili.
• Ciao bambino
Opera prima ma di grande bellezza formale e non il solito film sulla periferia napoletana pur essendo un film ambientato nella periferia napoletana.
• A House of Dynamite
Perché nessuno racconta la guerra da tutti i punti di vista come Bigelow e per il coraggio di girare un film in tre parti in cui in ogni parte si ripete esattamente la stessa storia.

Davide Coppo
Anno dopo anno mi accorgo che se nella letteratura cerco precise analisi del mondo contemporaneo più vicino a me (Nella carne, Szalay; Gli antropologi, Savas; Rifiuto, Tulathimutte), nell’audiovisivo, al contrario, voglio evasione. Per questo, tre tra i miei “prodotti” preferiti dell’anno parlano di dimensioni lontanissime dal mio quotidiano.
La mia famiglia a Taipei
Dramedy realistica e lirica in una metropoli bellissima ed enorme, sempre in bilico tra Occidente e Cina. Ha una forte estetica indie: è stato interamente girato con un iPhone.
Pluribus
Una distopia angosciante e divertente, diversa da molte altre: meglio un mondo lobotomizzato ma felice o drammatico ma sincero?
Queer
Guadagnino traduce Burroughs liberamente, bandando molto alla sostanza, oltre che alla forma. È il suo film più intenso e disperato.

Francesco Gerardi
In questo momento della mia vita mi interessano soltanto due cose: l’appartenenza e la ribellione. Per questo, in questa piccolissima lista ho messo soltanto storie di persone che vogliono tornare a casa o restarci o costruirla o salvarla o riprendersela, a qualsiasi costo, in qualsiasi modo.
Le città di pianura
Poche battute mi hanno toccato come quella pronunciata dal Conte interpretato da Dennis Fasolo: «Non rimarrà più nulla di questa regione. Solo un’enorme infrastruttura e modi per spostarsi, ma nessun luogo dove andare».
Un semplice incidente
Spero che un giorno l’Iran diventi una Repubblica libera dall’aggettivo “islamica” e spero che il primo Presidente di questa Repubblica sia Jafar Panahi.
Chainsaw Man – Il film: La storia di Reze
Certe volte mi sento uno di quegli uomini di cui parlava Alfred Pennyworth in Batman, quelli che vogliono soltanto vedere il mondo bruciare. O fatto a pezzi da un uomo-demone con una motosega che gli spunta dalla fronte.
South Park, 27esima stagione
Si può essere brutti, volgari, puzzolenti, imbarazzanti, impresentabili e nonostante questo stare dalla parte giusta. Tutte le persone di sinistra dovrebbero guardare l’ultima stagione di South Park per capire, volesse Iddio, che se la politica è diventata una gara di rutti, l’unica maniera per vincere è ruttare più forte di quegli altri.
Andor
Star Wars ha perso tutta la sua rilevanza culturale, e giustamente. Se eravate fan e non lo siete più ma ancora cercate una maniera per congedarvi, guardate Andor. Se di Star Wars non vi è mai importato niente, guardate Andor, non è Star Wars, non è la storia avvenuta tanto tempo fa in una galassia lontana, è quello che sta succedendo qui e ora.

Clara Mazzoleni
Mai nella vita ho guardato pochi film come quest’anno: ormai la mia curiosità nei confronti di un prodotto culturale è inversamente proporzionale all’intensità con cui il mondo intorno cerca di suscitarla. I miei film preferiti sono stati quasi tutti esordi alla regia e tutti di donne (devo ancora recuperare i vari filmoni dei vari registoni): Toxic della regista lituana Saulė Bliuvaitė (in realtà è del 2024 ma è arrivato su Mubi quest’anno), L’albero di Sara Petraglia (una delle protagoniste del nostro numero sul nuovo cinema italiano) e The Assessment di Fleur Fortuné sono infatti delle opere prime, a cui aggiungo The Mastermind di Kelly Reichardt. Un altro comune denominatore è Tecla Insolia: protagonista sia del film di Petraglia che dell’adorabile L’arte della gioia, la mia serie preferita dell’anno.
Toxic
Due tredicenni frequentano una scuola per modelle in una cittadina industriale lituana senza nome, una specie di Thirteen però bellissimo (perché Thirteen, se ben ricordo, faceva abbastanza schifo).
L’albero
Una storia di amicizia, amore e cocaina con due protagoniste magnetiche (Tecla Insolia e Carlotta Gamba) e la partecipazione straordinaria di Giacomo Leopardi.
The Assessment
Esteticamente molto appagante ma non solo: di solito non mi lascio abbindolare da questo genere di sci-fi sentimentali, ma questo mi ha devastato, forse anche grazie alla bravura di Elizabeth Olsen.
The Mastermind
Colonna sonora jazz, Josh O’Connor figlio di papà fallito e ladro imbranato, quadri astratti di Arthur Dove. Serve aggiungere altro? (se pensate di sì, qui trovate la nostra recensione)

Elisa Giudici
Paul Thomas Anderson ha torto: il 2025 è stata effettivamente un’annata cinematografica poverissima di sorprese e pellicole travolgenti. Innegabile la difficoltà del cinema Usa, anche se si è faticato pure in Europa, in ambito autoriale e festivaliero. Film e tv non riescono a esorcizzare un presente angosciante, almeno con l’immaginazione. O forse il cinema del 2025 riflette proprio il nostro smarrimento.
L’arte della gioia
La serie di Valeria Golino è stata ignorata dal pubblico e censurata a livello internazionale. Invece se la gioca con M – Il figlio del Secolo per bellezza e audacia.
The Pitt
La televisione procedurale in corsia di una volta fatta per il pubblico di oggi, con un intento sociale cristallino e un’umanità enorme.
Dreams
Il vincitore di Berlino è quasi uno dei romanzi più belli del 2025, tanto la scrittura di questo film è lucida e lirica nel raccontare l’amore e come lo proviamo, quando cresciamo, invecchiamo e scriviamo libri a riguardo.
The Mastermind
La rivincita del silenzio e della noia elevate ad arte: succede pochissimo nel film che più di ogni altro nel 2025 ha raccontato l’angoscia di esistere in un periodo storico tormentato.
Babygirl
Il tentativo di normalizzare la dominazione erotica di Halina Reijn è stato così sistematicamente frainteso che la cosa avrebbe dovuto metterci in guardia sul ritorno del conservatorismo visto nelle commedie sentimentali del 2025.

Il film di Albert Serra sul torero peruviano Andrés Roca Rey porta il documentario in un territorio inesplorato e violento, persino ostile allo spettatore. Ed è proprio questo a renderlo una delle opere fondamentali della storia recente del cinema.
