La commedia romantica è morta di nuovo e stavolta l’ha uccisa Celine Song con Material Love

Il nuovo film della regista di Past Lives era atteso come il rinascimento della romcom. Vedendolo, invece, si capisce che le romcom forse non torneranno mai perché non c'è più nessuno che sappia farle.

10 Settembre 2025

Lucy è una matchmaker che trova l’anima gemella a clienti facoltosi ed esigenti. Vive a Manhattan in un appartamento grazioso pur non essendo esattamente ricca, ha il volto e il corpo di Dakota Johnson eppure ci viene presentata come “non esattamente bella”. Ha un modo calmo di parlare e muoversi, veste elegante, tutte queste cose le fa con il contegno di chi non si deve sforzare. Lucy è l’incarnazione dell’eroina delle romcom, da Jane Austen a oggi.

Lucy è una fantasia nata dall’ingegno di Celine Song, sceneggiatrice e regista che la matchmaker nella vita l’ha fatta per davvero. A differenza della protagonista di Material Love, il suo nuovo film arrivato nelle sale italiane il 4 settembre, come autrice può concedersi il lusso di inventare per la sua pupilla Lucy non uno ma addirittura due uomini perfetti, desiderabili, irresistibili. Unicorni, li definisce Lucy quando ha la fortuna di avere un uomo bello, ricco, che sa stare al mondo e per giunta emotivamente disponibile da proporre alle clienti. Song di questi animali fantastici ne crea due, entrambi sex symbol. Pedro Pascal (Harry) è quello ricco, quietamente determinato a metterti un anello al dito, a cancellare con nonchalance e carta di credito ogni insicurezza, sia emotiva che economica. Chris Evans (John) è il sognatore povero ma di sani principi, disperatamente, perdutamente innamorato della stessa ragazza da anni. Song prende questi due sogni e li mette entrambi alla portata delle mani di Lucy, facendole immaginare un futuro con uno e con l’altro, ma costringendola comunque a scegliere uno o l’altro.

Della morte dell’amore

Sembra l’inizio di una commedia romantica basata sul classico triangolo amoroso e su tutti i rassicuranti cliché del genere: New York, gli uomini che ti regalano i fiori, le case da sogno e i piccoli gesti senza prezzo. Invece Material Love è spiazzante, freddo: non è il trionfo del romanticismo ma il suo funerale. È l’angelo della morte dell’amore, sceso sulla Terra ad annunciarci che l’amore romantico non c’è più, l’abbiamo ucciso noi.

Song sulla carta vorrebbe fare Nora Ephron, una regista fraintesa dai più, convinti che facesse commedie romantiche quando invece faceva film malinconici e tristi, certo, ma proprio per questo romantici, calorosi. Material Love però non somiglia affatto a un film di Ephron, ricorda invece una sceneggiatura di Woody Allen, però più verbosa e priva di qualsivoglia ironia. Nei dialoghi di Material Love seguiamo il processo di trasformazione della vita affettiva di Lucy, con la paura che la sua sia pure la nostra, di vita affettiva. Una vita in cui intimità e sentimenti seguono logiche, metriche, aspettative, sono performance valutate in numeri, statistiche, grafici.

I rapidi montaggi delle richieste che i clienti, maschi e femmine, fanno a Lucy sono una sequela infinita di fantasie tristi, che non hanno niente né di erotico né di romantico. Nessuno chiede un uomo timido o una donna sfrontata, un ragazzo dal culo perfetto o una donna dalla scollatura generosa, una compagnia dalla cultura impeccabile per fare la conversazione perfetta. In Material Love i sentimenti sono il mercato di giumente e stalloni la cui desiderabilità si misura in Ral e indice di massa grassa. I maschi sono tutti ossessionati dalle donne più giovani, come se le donne portassero la data di scadenza e dopo i 20 anni iniziassero a deperire. Non si accorgono, questi maschi, che a deperire è sempre e solo il capitale che il 40enne o il 50enne o il 60enne spende per soddisfare la sua illusione di gioventù. Dall’altro lato di questa battaglia dei sessi, quello femminile, l’altezza non è mezza bellezza ma a quanto pare uno dei due requisiti sufficienti a fissare un primo appuntamento. L’altro, si capisce, è il reddito.

Verrebbe da indignarsi, se non fosse che il meccanismo dello swipe a sinistra o a destra, reso nel film attraverso dialoghi e montaggio, è familiare ormai a milioni di persone che cercano l’altro come si cerca una casa in affitto o la macchina usata. Non ci si indigna per se stessi, dunque. Resta solo la tristezza per Lucy, che non è la materialista che verrà salvata dall’amore ma una consapevole professionista che applica le stesse logiche, le stesse metriche nella valutazione del proprio lavoro e in quella della sua vita sentimentale. Così come ha lasciato John, il suo ex ragazzo, perché decisa a non vivere una vita di ansie economiche, non vede futuro nell’idillio che le offre Harry, perché il suo coefficiente di appetibilità personale non è all’altezza di quello di lui.

Broke Boy Propaganda

Lucy sembra distante e cinica quanto l’autrice che l’ha inventata, e invece scopriremo che è pure ingenua quando un evento drammatico colpisce l’unica cliente che le aveva chiesto seriamente, semplicemente, una persona con cui costruire una relazione. Un evento che è alla fine è soltanto un rischio del mestiere (pure questo), le dice la sua capa, perché la ricerca di qualcuno con cui metter su una famiglia, festeggiare un matrimonio da sogno e magari (magari!) innamorarsi è una trattativa economica, uno scambio commerciale, una guerra. Una cosa violenta da affrontare con approccio da manager, con la freddezza del chirurgo.

Material Love è un film così cinico da risultare raggelante. Tanto che a un certo punto la sua stessa creatrice si tira indietro, non se la sente di spingere alle estreme conseguenze le premesse terribili ma almeno puntuali da cui parte il film. Nel secondo atto Material Love infatti gira a vuoto, Song perde definitivamente le redini e lascia che Lucy vaghi da un’ipotesi all’altra, incapace di scegliere: il povero, il milionario, tutti e due, nessuno dei due.

Non c’è erotismo né tantomeno romanticismo nei baci e nel sesso, in questo film. Il gesto che Song evidentemente considera ed esegue come massimamente erotico è uno zoom sul corridoio di legni pregiati e arredamento di design della casa di Harry. È la ripresa più sensuale di un film che ha a disposizione Pedro Pascal nudo, un film che in quel corpo riesce a trovare solo fragilità, spaventosa pure questa ma almeno, all’apparenza, vera. Il messaggio lanciato da quel corpo, però, è comunque raggelante: la perfezione non esiste ma si può sfiorare con un investimento importante di soldi e dolore.

Una Celine Song meno puntuale e ficcante rispetto ai tempi di Past Lives ha almeno il coraggio di intavolare questo discorso, di far entrare la lama, ma ha il difetto di non spingerla nella carne fino in fondo, fino al colpo di grazia. Per questo il finale appare raffazzonato, illogico, immotivata, spiazzante in senso deteriore. Per fortuna ci ha pensato la realtà a dare a questo film il finale deprimente che avrebbe meritato. Sui social alcune spettatrici hanno accusato Material Love di fare “broke boy propaganda”, confondendo l’unico, irrazionale slancio di romanticismo del film con un atto politico teso a rendere sexy, desiderabile, appetibile la povertà. Peccato che la povertà di Jake vada di pari passo a pregi e difetti caratteriali che ne fanno appunto un unicorno, una fantasia di lealtà e amore che sopravvive ai debiti e ai peggiori coinquilini del mondo. Ridurlo a un tentativo di rendere la povertà arrapante è un discorso spaventosamente classista. E anche inconsapevolmente classista, perché magari il peggior difetto del personaggio fosse il suo conto corrente: è incapace di pensiero pratico e la maturità gli è sconosciuta, altro che.

Gli unicorni di Celine Song dunque non sono animali fantastici che ci fanno sognare, ma esseri che nemmeno negli incubi vorremmo incontrare. Se la commedia romantica non se la passa benissimo è anche perché oggi chi pensa all’amore pensa così, come Celine Song, come i trader della finanza, i chirurghi estetici, i personal trainer. Difficile aspettarsi da chi pensa così che sappia raccontare una storia di persone che si aspettano di essere capite, di incontrarsi e addirittura di amarsi.

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