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C’è un libro che si chiama Drunk e racconta la storia dell’ubriachezza e di come ha fatto bene alla civiltà

22 Giugno 2021

Durante la pandemia, l’alcool è diventato un problema per molte persone: eppure, proprio in questo periodo stanno uscendo film e libri molto belli che parlano del bere, e non per forza in senso negativo: in Another round, il film di Thomas Vinterberg scelto per rappresentare la Danimarca agli Oscar 2021, dove ha vinto il premio come Miglior film in lingua straniera ed è stato candidato per il miglior regista, ci sono quattro insegnanti che decidono di testare su di loro una teoria secondo cui un costante stato d’ebbrezza porterebbe enormi benefici alla vita quotidiana (poi finisce male, ma è un altro discorso). E adesso è uscito anche un libro, recensito molto positivamente dal New York Times, che lo definisce “effervescente”: si chiama Drunk: How We Sipped, Danced, and Stumbled Our Way to Civilization, ed è un saggio di antropologia, psicologia, biologia evolutiva e molto altro.

Per migliaia di anni le culture di tutto il mondo hanno «implicitamente compreso che la mente sobria, razionale e calcolatrice dell’individuo è una barriera alla fiducia sociale», scrive Edward Slingerland. Attingendo a recenti esperimenti, sepolture neolitiche, miti e letteratura, il professore di filosofia all’Università della British Columbia esamina benefici duraturi dell’ubriacarsi. «Un banchetto chiassoso», si legge nella recensione del New York Times, «in cui l’antico storico romano Tacito, Lord Byron, Timothy Leary, George Washington, il poeta cinese Tao Yuanming e molti altri brindano ai meriti di annegare la ragione apollinea nell’abbandono dionisiaco». Sebbene Slingerland, un professore di filosofia all’Università della British Columbia, esalti i piaceri del bere con moderazione – e occasionalmente bere troppo – per il proprio interesse edonistico, i vantaggi funzionali dell’intossicazione sono la sua principale preoccupazione. Bere non solo consente agli individui sospettosi e diffidenti di abbassare la guardia e collaborare, scrive, ma facilita anche la creatività e la giocosità di cui la nostra specie ha bisogno per innovare e sopravvivere.

Dopo un’approfondita analisi che ripercorre come e perché l’uomo si è ubriacato nei secoli dei secoli, dai tempi della nascita della specie umana fino a oggi, Slingerland propone la sua tesi: secondo lui quel tipo di comunione indotta chimicamente dall’alcool è oggi ancora preziosa, anche se ovviamente messa a rischio dei costi medici ed economici più ovvi dell’alcol, gli effetti devastanti della dipendenza e i modi sottili e perniciosi in cui il bere può alienare ed escludere gli altri. Alcuni lettori potrebbero trovare il trattamento superficiale data la gravità di questi problemi, ma Slingerland sostiene semplicemente che sono stati ben documentati, mentre il lavoro accademico serio sul valore dell’intossicazione è sorprendentemente scarso. Di conseguenza, l’alcol è “indifeso” contro i medici e i politici del governo che lo dipingono come un puro vizio. Slingerland sostiene infatti la sua causa con tutta la cavalleria di un cavaliere errante, e la sua passione contagiosa rende questo libro, a detta del New York Times, un gioco divertente e una replica piacevolmente erudita a quanto si pensa.

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